Camini arpav 22

Controllo tecnico-analitico delle emissioni prodotte da impianti di combustione degli scarti di legno e raffronto con il quadro normativo di settore

A cura di: Provincia di Treviso – Arpav

PRINCIPALI SISTEMI DI ABBATTIMENTO DEI FUMI DI COMBUSTIONE

Negli impianti termici della tipologia esaminata nel presente lavoro, il rispetto dei limiti di legge impone l’adozione di idonee tecnologie di abbattimento degli inquinanti prodotti nel processo di combustione, con particolare riferimento al materiale particellare contenuto nei fumi. Accanto ai sistemi di depolverazione, in qualche caso possono essere presenti sezioni dedicate al contenimento degli ossidi di azoto emessi, mentre, relativamente al CO, si opera esclusivamente mediante la regolazione delle condizioni in camera di combustione, e quindi, principalmente, dei flussi di aria primaria e/o secondaria, rispetto al combustibile alimentato. Di seguito si riporta una breve presentazione delle tecnologie di abbattimento usualmente installate nelle unità termiche dedicate al recupero energetico da scarti legnosi.

ABBATTIMENTO FUMI E POLVERI

A seguito della combustione, parte della cenere rimane sulla griglia, mentre una parte quantitativamente non trascurabile viene trascinata dai gas di combustione; le polveri più fini si formano, per la maggior parte, successivamente, per effetto di reazioni chimiche. Le ceneri volanti grossolane sono caratterizzate da un diametro da 200 a 500 micron, con composizione chimica simile a quella delle ceneri del letto. L’aerosol fine è generato dalla condensazione delle specie inorganiche, essenzialmente metalli alcalini ed alcuni composti di metalli pesanti, che possono anche condensare sulla superficie delle particelle grossolane.
I principali sistemi dedicati all’abbattimento delle polveri sono:
+ cicloni,
+ elettrofiltri (o precipitatori elettrostatici),
+ filtri a maniche.
Nei depolveratori a ciclone le particelle vengono dirette per effetto inerziale verso le pareti, dove si agglomerano e vengono a cadere nella tramoggia posta alla base del ciclone.
Si tende a realizzare batterie formate da più cicloni posti in parallelo, o gruppi di cicloni posti in serie. Questa tecnologia non consente di captare particelle di diametro inferiore ai 5-10 micron, lasciando così passare la maggior parte dei metalli pesanti condensati sulle particelle di diametro inferiore. Gli elettrofiltri sono sistemi di depurazione che permettono la separazione di particolato, sia solido che liquido, dal flusso di gas. Il sistema realizza la separazione delle particelle contaminanti sfruttando la differenza di potenziale indotta tra due elettrodi, attraverso i quali viene fatto fluire il gas contaminato. Il flusso di gas viene ionizzato e gli ioni, tendendo a spostarsi verso gli elettrodi di raccolta, entrano in collisione con le particelle in sospensione, cedendo loro una carica elettrica. Le polveri cariche vengono quindi attirate verso gli elettrodi, dove sono trattenute e successivamente rimosse.
Il sistema a filtri elettrostatici è costituito principalmente dai seguenti componenti:
+ gruppo di alimentazione, per generale i livelli di tensione richiesti (dai 30 ai 100kV), costituito da un trasformatore e da un raddrizzatore;
+ elettrodi di raccolta, a forma di piastre o tubolari;
+ elettrodi di scarica o di emissione, posizionati parallelamente a quelli di raccolta, generalmente a sezione circolare, quadrata o a stella;
+ dispositivo per la pulizia periodica degli elettrodi di raccolta, che può essere a secco o ad umido;
+ strutture di alloggiamento degli elettrodi e di distribuzione dei flussi di gas in ingresso e uscita;
+ contenitori per la raccolta delle polveri (o dei fanghi nel caso del sistema ad umido).
I filtri elettrostatici sono caratterizzati da un’elevata efficienza di depolverazione (anche superiore al 90%), che risulta tuttavia influenzata dalla granulometria e resistività delle particelle e dalla possibilità di recuperare i contaminanti in fase solida. Limiti all’impiego di questa tecnologia sono rappresentati dal costo rilevante, sia da un punto di vista dell’installazione che della gestione, e dagli ingombri non trascurabili, determinati dalla necessità di impiegare più sezioni di trattamento per realizzare flussi d’aria con velocità contenute (non superiori a 1,5 m/sec). I filtri a maniche sono costituiti da un tessuto tubolare sostenuto da un cestello portante interno metallico. Il grado di separazione è influenzato dallo spessore dello strato filtrante, dal diametro delle fibre, dalle dimensioni e dalla velocità delle particelle. I vantaggi di questo tipo di impianto sono l’alta efficienza di captazione associata a bassi costi di installazione, mentre gli svantaggi sono la necessità di manutenzione con scadenze precise e la non idoneità per fumi caldi e/o umidi. La resa maggiore di questo sistema si ha per basse concentrazioni di polveri, pertanto è pratica comune installare un ciclone a monte del filtro a maniche. Per poter mantenere la concentrazione delle polveri a valori inferiori a 30 mg/Nm3, così come attualmente previsto per impianti dedicati al recupero energetico che operano in procedura semplificata, tale sistema di abbattimento risulta quello più diffusamente utilizzato, avendo l’accortezza che i fumi che attraversano il materiale filtrante siano secchi, o comunque a una temperatura tale che l’acqua presente sia allo stato gassoso. L’esigenza di ottenere alte efficienze di filtrazione anche sulle granulometrie più fini, contenendo lo spreco di energia dovuto alle perdite di carico attraverso il mezzo filtrante, ha portato allo sviluppo dei moderni feltri, adatti a trattenere polveri di granulometrie inferiori a 2,5 micron. La scelta del mezzo filtrante più adatto, viene effettuata in funzione delle caratteristiche del gas da trattare e dei limiti di emissione da rispettare, oltre che della perdita di carico prevista e del sistema di pulizia disponibile. E’ possibile variare la composizione del feltro, il peso, le caratteristiche tessili e la finitura superficiale, per ottenere la permeabilità, il grado di filtrazione e la facilità di pulizia desiderate. Per esigenze particolari, si possono inoltre adottare altri sistemi di filtrazione, da quelli elettrostatici a quelli ad umido, alla condensazione. Il limite di tali applicazioni risiede principalmente nel loro costo, che le rende convenienti solo per grandi impianti, dove la spesa viene ammortizzata in un tempo minore. E’ da considerare che una bassa concentrazione di polveri in uscita dal camino comporta la riduzione di altri inquinanti, quali PCDD, PCDF, IPA e metalli; questi si trovano infatti, per la maggior parte, associati al materiale particolato, per cui un efficace abbattimento delle polveri è il primo passo per una riduzione significativa dei microinquinanti.

ABBATTIMENTO DEGLI OSSIDI DI AZOTO

Considerato che le diverse qualità di combustibile legnoso hanno quantità differenti di azoto, durante la combustione vengono inevitabilmente prodotte piccole quantità di ossido di azoto. L’abbattimento degli NOX avviene, normalmente, mediante opportuni interventi di introduzione differenziata dell’aria di combustione. Con tale sistema i valori di NOX possono essere ridotti del 40-80%, a se- conda del tipo di combustibile. Un diverso sistema di abbattimento consiste nell’iniezione di urea (o ammoniaca), in modo automatico o manuale, direttamente in camera di combustione (primaria o secondaria). Se il secondo metodo appare un pò “artigianale”, particolare attenzione è da porre al sistema automatico, in cui il dosaggio dell’urea o dell’ammoniaca avviene in modo proporzionale alla concentrazione di ossidi di azoto rilevata a camino, tramite il sistema di monitoraggio in continuo.

SISTEMI DI CONTROLLO IN CONTINUO

Il punto 6.3 dell’Allegato 2 – Suballegato 1 al D.M. 05/02/1998, stabilisce che gli impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti con potenzialità superiore a 1 MW devono essere provvisti di controllo in continuo del monossido di carbonio, dell’ossigeno e della temperatura dell’effluente gassoso. Per impianti con potenzialità superiore a 6 MW è richiesto il controllo in continuo anche degli ossidi di azoto, delle polveri totali, delle sostanze organiche, dell’acido cloridrico, dell’acido fluoridrico e del biossido di zolfo. Tutte le aziende interessate al presente lavoro hanno unità termiche con potenzialità inferiori a 6 MW, per cui il controllo in continuo è limitato ai tre parametri prima esposti.
I sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni (SME) si dividono in:
+ sistemi di misura estrattivi, in cui il campione viene estratto dal flusso gassoso nel condotto e inviato all’analizzatore;
+ sistemi di misura non estrattivi o in situ, in cui la misura della concentrazione dell’inquinante è eseguita direttamente sul flusso gassoso all’interno del condotto.
oppure in
+ sistemi a misura diretta, nel caso lo strumento misuri la concentrazione;
+ sistemi a misura indiretta, quando lo strumento misura una grandezza da correlare con la concentrazione.
L’allegato VI alla parte V del D. Lgs. 152/06 prevede, al punto 3.5, che “…la sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la norma UNI 10169 …“ e che la stessa “…deve essere resa accessibile e agibile, con le necessarie condizioni di sicurezza, per le operazioni di rilevazione…”. Lo stesso allegato VI fornisce alcune disposizioni per la taratura e le verifiche a cui i sistemi di monitoraggio in continuo devono essere sottoposti. Gli strumenti di rilevazione in continuo, devono essere tarati e verificati con frequenze regolari e sottoposti a manutenzione, secondo quanto previsto dal costruttore/ installatore. In particolare è opportuno procedere, per gli strumenti di misura in situ, ad un controllo annuale, basato sul confronto dei dati acquisiti in parallelo con metodi di riferimento, mentre per i sistemi estrattivi si procede alla verifica con l’uso di bombole di gas campione a concentrazione certificata.
Per i sistemi di monitoraggio in continuo non è indicata la strumentazione, basata sull’uso di celle elettrochimiche classiche, ma sistemi di misura funzionanti sul principio del paramagnetismo o cella a ossido di zirconio per la misura dell’ossigeno, dell’infrarosso – N.D.I.R. (per il monossido di carbonio) e della termocoppia di tipo K (per la temperatura). Per quanto riguarda la linea di prelievo degli strumenti di misura basati sull’estrazione del campione, il sistema di filtrazione e la linea di campionamento devono essere riscaldati, così come deve essere presente un sistema di deumidificazione del campione.

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