Chiudere fabbriche vernici

Le risposte alla nostra inchiesta sull’emergenza “Coronavirus” sulla scelta di chiudere le fabbriche di vernici. Gli operatori del settore si interrogano sul presente e il futuro della produzione e distribuzione.

Gianfranco Oberti – Astra Vernici  

Chiudere le fabbriche di vernici? Niente polemiche

Caro Direttore, raramente intervengo nelle “querelle altrui”, perché sono notoriamente avverso alle polemiche: non fanno parte del mio carattere liberale e rispettoso verso tutti. Quindi anche questa volta non mi vedrai puntare il pollice “verso” o a “favore” di iniziative di altri. Ognuno è libero di agire secondo la propria coscienza e sensibilità ed ogni contesto può essere differente, quindi io non mi sento di giudicare nessuno. Tuttavia, vorrei fornire il mio piccolo contributo in qualità di imprenditore e, ancor prima, di bergamasco, al tema che hai sollevato per, mi auguro, consentire una prospettiva differente.

Le croci dei bergamaschi

Noi a Bergamo, come ben sai essendo anche tu originario “della sponda est dell’Adda”, rispetto a Milano, in cui ora vivi, siamo stati colpiti dal virus in modo durissimo. Non c’è persona qui a Bergamo e provincia che non abbia subito una perdita, direttamente (in famiglia) o attraverso conoscenze (amici, amici di amici). Siamo stati colpiti tutti dal contagio, indistintamente, in una percentuale impressionante: realisticamente si parla di 10 volte i numeri ufficiali.
I più, compreso il sottoscritto ed i suoi famigliari, hanno contratto il virus in forma lieve (quella che dura come minimo 15 giorni), altri invece nella forma più lunga e pericolosa che ha portato, nei casi estremi, alla ventilazione forzata e ai numerosi decessi. Quando ai primi di marzo il contagio è letteralmente esploso, qui a Bergamo e provincia siamo rimasti letteralmente frastornati, come un pugile “suonato”, perché ancora non capivamo la portata del problema e la sua origine. Abbiamo tutti sottovalutato il problema, specialmente noi imprenditori, ma anche i politici, le istituzioni e parte degli stessi sanitari (quelli che parlano da fuori): arrivavano notizie frammentate e confuse. E abbiamo incominciato ad avere paura: per noi, per i nostri cari, per le persone anziane che perivano come mosche.

Convivere con la paura

Potevo leggere la paura negli occhi dei miei collaboratori, ed era una paura “genuina”, perché capivo e capivamo tutti che c’era qualcosa “nell’aria” che stava avanzando minacciosa. Non era la paura per un qualcosa di lontano, di impalpabile, era la paura per qualcosa di vicino, che era (ed ancora è) in mezzo a noi. E non c’era modo di fermare il contagio che si propagava di giorno in giorno: e purtroppo la paura ancora ci sta accompagnando in questi giorni.
Devi sapere che la nostra fabbrica è situata molto vicino all’aeroporto di Orio al Serio (1 km in linea d’aria) e confina con l’autostrada A4, che non è propriamente un’autostrada secondaria e poco trafficata.
Purtroppo, il sottofondo del rumore degli aerei in decollo e il traffico autostradale erano due costanti che accompagnavano, e in un certo senso scandivano, la nostra giornata lavorativa. Certamente non bello (e non salutare), ma, si diceva “è il prezzo del progresso”. A partire da quei momenti invece, dai primi di marzo, tutto si è fermato di colpo: autostrada, aeroporto…si udivano solo ambulanze. E noi non eravamo più abituati al silenzio, in un certo senso innaturale che si era creato intorno a noi e che era interrotto, molte volte durante il giorno, solo dallo stridio delle sirene; era tutto surreale, sospeso. Un’esperienza davvero tremenda, che solo chi è di queste parti, di questo territorio che ha subito questo tasso di infezione, può capire.
In altri parti d’Italia, fortunatamente, non è stato così, e capisco quindi che, in altre provincie o città non altrettanto devastate dall’epidemia, si possa far fatica a comprendere la portata del problema. Le immagini televisive sono potenti, ma il viverle dal di dentro, credimi, lo è ancora di più.

Una scelta condivisa

Fatta questa doverosa premessa per inquadrare il contesto, anche noi, in Astra vernici, dopo aver letto il provvedimento del 22 Marzo e appreso che la nostra azienda rientrava nella “macro-categoria con codice Ateco 20”, ci siamo interrogati se continuare a tenere aperto o meno. Abbiamo deciso quindi di lasciar valutare ai nostri dipendenti, in tutta coscienza. Ovviamente la premessa era il pieno rispetto delle disposizioni sanitarie previste dal decreto, tenuto conto che Astra Vernici è fortemente automatizzata e dispone di spazi importanti, per cui non abbiamo problemi di sovraffollamento in fabbrica e negli uffici e ci siamo assicurati che il rispetto delle distanze di sicurezza, il “social distancing”, fosse garantito.
Quindi abbiamo lasciato la decisione ai singoli, ai nostri collaboratori, il vero patrimonio aziendale. Non era una decisione che mi sentivo di imporre dall’alto, non sarei stato onesto nei confronti dei miei collaboratori: chi era in condizioni fisiche (non malato e senza alcun sintomo), chi se la sentiva avrebbe potuto venire a lavorare. A sua discrezione, senza nessuna forzatura o imposizione. Nel rispetto delle regole sanitarie, delle disposizioni normative e della volontà dei singoli.

La fabbrica è una grande famiglia

Ci siamo guardati negli occhi (dietro le mascherine e a debita distanza) e abbiamo deciso, insieme, come una grande famiglia, cosa fare. Ovviamente abbiamo attivato, da subito, tutto lo smart working possibile e immaginabile. Grazie al cielo disponiamo di una infrastruttura informatica robusta e all’avanguardia, per cui in tempi ridottissimi siamo riusciti a organizzare la cosa.
A parte chi, tra di noi, poteva fisicamente lavorare da casa (tipicamente gli impiegati degli uffici), per la parte produttiva non ti nascondo che c’è chi ha deciso, giustamente, di avvalersi dei congedi parentali, per accudire i figli a casa da scuola (un problema, questo, gigantesco), per salvaguardare i genitori anziani accudendoli. Altri si sono messi volontariamente in ferie, ma c’è anche chi, tra i nostri collaboratori, ringraziandoci e potendoselo permettere dal punto di vista della salute, ha voluto continuare ad essere presente con rotazioni/turnazioni, per non ritrovarci nel medesimo tempo nello stesso reparto, rispettando i dettami di igiene previsti.

Il lavoro: una “terapia di gruppo”

Questa decisione è stata, se vogliamo, anche una sorta di “terapia di gruppo” aziendale; ci ritroviamo al lavoro per dirci che “ci siamo”, siamo vivi: ci guardiamo negli occhi e ci scambiamo un cenno di intesa, una sorta di messaggio in codice tra di noi, amici prima che colleghi. E’ importante anche questo, credimi. In Astra non c’è la contrapposizione tra titolare e dipendenti: siamo tutti sulla stessa barca e la morte, oltretutto, non guarda in faccia a nessuno. E quindi, a livello produttivo, non siamo aperti “per vendere” un po’ più vernice, anche perché in Italia è impossibile, dato che tutti i nostri clienti italiani sono fermi, come molta parte di quelli esteri, visto che quasi tutto il mondo in queste settimane sta sperimentando la chiusura delle attività lavorative “all’Italiana” ed è impossibile, di fatto, spedire merce.
Siamo aperti per noi stessi, per darci un conforto morale, un aiuto psicologico: per la nostra salute.

Il lavoro: un diritto costituzionale

Ricordo che l’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”. E non dobbiamo dimenticarci che il primo articolo, l’incipit della nostra Costituzione, esordisce con: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, mentre l’art. 4 ribadisce meglio il concetto: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.

Si al rispetto delle regole, no alle strumentalizzazioni

Francamente Pierluigi, cosa stiano facendo gli altri produttori di vernice in questi momenti non mi interessa. Ognuno agisca con coscienza, purché nel rispetto delle regole sanitarie e senza strumentalizzare.
Noi, in Astra Vernici abbiamo deciso in totale concordia, democraticamente e nel rispetto delle regole quanto stiamo facendo. E abbiamo deciso di non sbandierarlo sul nostro sito internet e sui social, non vogliamo utilizzare la nostra decisione per altri fini se non quelli sopra descritti e non vogliamo polemizzare con nessuno.
Stavolta l’abbiamo fatto per noi stessi, perché siamo bergamaschi e perché noi non molliamo mai: lo impariamo fin da piccoli, è nel nostro DNA.
(#bergamo #molamia).

Un abbraccio (virtuale, s’intende).

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