Chimica laboratorio

Gli specialisti della sicurezza confermano la necessità di classificare i filtri in fibra di vetro con la frase di rischio R40 (“possibilità di effetti cancerogeni – prove insufficienti”) e l’etichettatura Xn (nocivo). L’eventuale deroga dalla classificazione di possibile cancerogeno deve essere documentabile, ma non ci risulta che alcun produttore o rivenditore abbia fatto analisi specifiche

UN’INCHIESTA NECESSARIA PER FARE CHIAREZZA

Nell’ambito dell’attività normativa che si sta svolgendo nel Gruppo di lavoro UNI (Ente Nazionale di Unificazione) sugli impianti di verniciatura, si sta affrontando il tema dei filtri per le cabine. Dovendo valutare le prestazioni tecniche e ambientali dei vari tipi di filtri esistenti sul mercato, componenti che rivestono un’importanza fondamentale nel giudizio comparativo tra i diversi tipi di cabina, è stato sollevato il problema della classificazione dei prodotti in fibra di vetro. E’ risultato che alcuni produttori li forniscono corredati con scheda di sicurezza che classifica il prodotto con la frase di rischio R40 (“possibilità di effetti cancerogeni – prove insufficienti”) ed etichettatura Xn (nocivo), altri li classificano soltanto con la frase R36/37/38 (“irritanti per gli occhi, le vie respiratorie e la pelle”), con etichettatura Xi (irritante) e altri ancora non li etichettano neppure e non consegnano alcuna scheda di sicurezza. Tale incertezza naturalmente crea oggettive situazioni di concorrenza sleale, ma soprattutto costituisce una potenziale fonte di rischio per gli utilizzatori, nonostante alcuni ritengano che il problema sia inconsistente, in quanto il diametro delle particelle delle fibre utilizzate è intorno a 25-30 microns, dimensione che supera abbondantemente il limite del campo di inalabilità (3 microns). E’ altresì noto però che la manipolazione dei filtri, prima e dopo l’impiego, rende possibile che le fibre non inalabili si possano frantumare, diventando così inalabili; inoltre ci sono materiali, come le polveri di legno duro ad esempio, che vengono classificati cancerogeni non per la loro inalabilità, bensì perchè fermandosi sulle mucose nasali producono adenocarcinomi, con possibili esiti mortali, tanto che, com’è noto, l’Unione europea ha classificato come cancerogene queste polveri. Per affrontare l’argomento in modo appropriato, abbiamo svolto un’inchiesta, che ha portato all’acquisizione di una serie di documenti e pareri pubblicati in questo articolo, in modo che tutti gli operatori del settore siano messi al corrente dei rischi legati all’utilizzo di questo tipo di filtri. In particolare segnaliamo il documento in figura 1, un certificato redatto dall’autorevole laboratorio della “Stazione Sperimentale Vetro” che, in base all’analisi di un filtro in fibra di vetro presente sul mercato, attesta la necessità di classificarlo con la frase R40 e di etichettarlo con il simbolo Xn. Prima di divulgare agli operatori l’esito della nostra inchiesta, abbiamo inviato agli operatori pubblici e privati una richiesta di chiarimento sulle modalità con cui i filtri in fibra di vetro utilizzati in verniciatura vengono immessi sul mercato e con quali simboli e frasi di rischio dovrebbero essere contrassegnati.


Certificato della stazione sperimentale vetro – Questo articolo riporta una sintesi dei pareri pervenuti.

IL PARERE DEL CONSULENTE

Sull’argomento ritengo che sia corretta la etichettatura R40, poiché le fibre minerali artificiali sono da ritenersi cancerogene. Ne consegue che deve essere adottata l’ etichettatura Xn. Per quanto riguarda poi la questione del diametro delle fibre, una tesi da tempo sostenuta dai produttori di filamenti di vetro (quelli destinati a formare filati e materiali che vengono usati per manufatti in vetroresina) rivendica che, stante il diametro delle fibre che essi dichiarano essere pari a 10 micron e quindi assai superiore a quello dell’amianto o delle fibre ceramiche usate per coibenza termica, queste fibre non possano avere effetti cancerogeni. Tale tesi ha recentemente avuto udienza anche nella IARC (Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) di Lione, la quale ha stralciato i filamenti di vetro dalla classificazione cancerogeno 2b (che corrispondono alla classe 3 della normativa comunitaria). Nella mia esperienza, sviluppata in particolare nel corso di un processo per malattia professionale (tumore alle corde vocali con tracheotomia) di un lavoratore addetto alla produzione di filamenti di vetro, ho potuto verificare che nei processi produttivi si formano sempre anche significative frazioni di fibre di piccolo diametro, cui è associata l’azione cancerogena. Inoltre, come appretto delle fibre, si utilizzano normalmente resine contenenti formaldeide, che si libera durante il processo produttivo e durante il magazzinaggio. Infine, non si deve trascurare il fatto che le resine utilizzate come legante del pannello filtrante possono liberare monomeri o altre sostanze pericolose e cancerogene durante l’uso del pannello. Ritengo che il certificato della Stazione Sperimentale Vetro possa essere rappresentativo della categoria dei manufatti in questione. Condivido quindi l’orientamento ad osservare il principio di cautela, tenuto conto anche del fatto che poco o nulla si sa, o viene garantito, circa i metodi produttivi.

Roberto Carrara

IL PARERE DELL’INAIL

In risposta alla vostra comunicazione, trasmetto quanto segue, sperando di poter chiarire alcuni dei vostri dubbi sull’argomento. Le fibre vetrose artificiali (MMVF) trovano ampio utilizzo civile e industriale in virtù delle loro caratteristiche meccaniche e di resistenza al calore. Tali caratteristiche, affini a quelle degli amianti, hanno suggerito una possibile azione nociva per gli utilizzatori. Su questa ipotesi si sono succedute nel tempo diverse opinioni le cui conclusioni, ancora non completamente condivise, sono riassunte in una monografia della IARC del 2002. Sulla base di tale monografia, le sole fibre ceramiche refrattarie (FCR), particolare tipo di MMVF, sono considerate in Classe 2B (possibile cancerogeno per l’uomo) mentre le altre tipologie sono comprese in classi di minore pericolosità. In Italia il Decreto del Ministero della Sanità del 1 settembre 1998, recepimento della direttiva 97/69/CE, ha definito i criteri per la classificazione, l’imballaggio e l’etichettatura delle MMVF. Nella circolare 15 marzo 2000 n° 4, recante le note esplicative di tale decreto, le MMVF a orientazione casuale vengono suddivise, in base alla composizione chimica, ossia al tenore in ossidi di metalli alcalini e alcalini terrosi, in lane minerali e FCR. Le prime sono classificate come cancerogene di terza categoria ed irritanti, con le frasi di rischio R40 e R38; le seconde sono classificate come cancerogene di seconda categoria ed irritanti, contraddistinte dalle frasi di rischio R49 e R38. Fanno eccezione a questa regola le lane minerali con particolari requisiti di biopersistenza, che possono essere etichettate con la sola frase R38 (D.M. 16/2/93 e XVIII adeguamento 67/548/CEE). Le frasi R40 e R49 non si applicano a questi materiali (lane minerali e/o FCR) se questi risultano costituiti da fibre il cui diametro medio geometrico ponderato rispetto alla lughezza meno due errori standard (Dlg – 2ES) risulti maggiore di 6 micron (l’allegato I della circolare 4/2000 fornisce un metodo per calcolare il Dlg – 2ES). Ovverosia, le frasi R40 e R49 devono essere applicate a quelle MMVF (lane minerali o fibre ceramiche) il cui diametro medio geometrico ponderato rispetto alla lunghezza meno due errori standard (Dlg – 2ES) risulti inferiore di 6 micron.

Roberto Buzzi Con.T.A.R.P.
(Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione
INAIL – Direzione Regionale Lazio)

Filtro cabina lana di vetro
IL PARERE DELL’ASL

Allego una scheda (vedi fig. 2), ricavata dalle norme in vigore, sulle fibre ceramiche e lane di vetro e la loro etichettatura. Ricordo che spesso si intende per fibra di vetro un materiale ottenuto con tecniche di estrusione (con diametri quindi più controllati). Per quanto riguarda la frantumazione che potrebbe portare le fibre ad essere inalabili, risulta in molte citazioni che la tendenza spontanea di queste fibre è la frattura trasversale, ad accorciarsi ma non ad assottigliarsi. Come vedrete, oltre che dai casi indicati nella nota Q, dalla nota R delle etichettature l’attribuzione o meno della classificazione cancerogeno viene attribuito solo in base ad uno studio dimensionale, che quindi sostanzialmente non considera altri tipi cancerogenicità, più da contatto che da inalazione; si potrebbe obiettare, e molti lo fanno, ma la regola di etichettatura è questa. Sul fatto delle schede certamente il materiale che viene fornito, se rientra negli obblighi di etichettatura di cui all’allegato, deve essere accompagnato dalla scheda informativa di sicurezza aggiornata definita nel DM 7/9/2002 (e seguenti).

Massimo Bruzzone ASL 3 LIGURIA

Decreto ministeriale 14/06/2002 - Prudenza con le parole
Fig. 2 – SINTESI DELLA NORMATIVA

Condivido la vostra valutazione del problema e quindi ritengo che l’etichettatura dei filtri in fibra di vetro debba essere Xn (nocivo), con frase di rischio R40 – R36/37/38.

 

Liviano Vianello Medico del lavoro
Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di lavoro ULSS 16 Padova

 

IL PARERE DEL SINDACATO

Vista la particolarità e la peculiarità del quesito da voi posto ed alla luce della certificazione del 24-7-2001 di analisi di un filtro in fibra di vetro, con la presente ritengo opportuno segnalarvi le considerazioni sotto precisate. Innanzi tutto ritengo che occorra separare il quesito in due precisi momenti o fasi di valutazione, in quanto, come appare dalla lettura della vostra stessa nota, potrebbero individuarsi due precisi e distinti momenti di rischio e di relativa valutazione, e più precisamente:
produzione e messa in commercio di filtri in fibra di vetro per cabine di verniciatura;
smaltimento del prodotto esausto e sua sostituzione con nuovo prodotto.
Per quanto concerne il primo punto, mi parrebbe opportuno sottolineare che le valutazioni del rischio che incombono sull’utilizzatore del prodotto ingenerano una serie di obblighi e precauzioni che incombono conseguentemente sul produttore, ancorché sull’acquirente, se il prodotto viene posto in utilizzo da preposti e/o dipendenti.
Ne consegue quindi che, alla luce dei risultati delle analisi in microscopia elettronica ed in fluorescenza eseguite su un campione di un filtro in fibra di vetro presso la stazione sperimentale del vetro di Murano, alla luce della normativa vigente e tenendo presente il principio di precauzione che impone, in fase di incertezza, di adottare tutte le precauzioni ed assolvere a tutti gli adempimenti previsti per quel rischio, sarebbe opportuno, vista la possibilità in fase di movimentazione del filtro (installazione e/o rimozione) di una frantumazione delle fibre, che passerebbero dalla loro dimensione originale non inalabile ad una dimensione più ridotta invece inalabile, introdurre l’obbligo della scheda di sicurezza con la classificazione R 36, 37, 38, 40. Per quanto concerne invece il secondo punto, credo sia opportuno innanzi tutto distinguere la parte di obblighi che incombono sul produttore del filtro e quelli che incombono solo ed esclusivamente sull’utilizzatore.
In particolare vi sono gli obblighi collegati allo smaltimento di rifiuti speciali, oltre a quelli di precauzione collegati alla presenza di fibre di vetro che, riducendo la loro rio adottare le precauzioni di cui all’R40, oltre ad R 36, 37, 38. Nella vostra nota viene poi evidenziata la possibilità di rischio da esposizione a polveri di legno che avrebbero effetti cancerogeni. Questo aspetto va approfondito e precisato con estrema attenzione, in quanto la presenza di polveri di legno, se si dovesse trattare di legno duro classificate dalla stessa IARC in classe 1 (cancerogeno per l’uomo) con organo bersaglio specifico le fossa nasali e paranasali, potrebbero rendere necessario introdurre anche la classificazione R45 ed R49, con tutte le relative azioni e precauzioni da adottare in presenza di esposizione a cancerogeni.
Riassumendo, ritengo pertanto opportuno:
classificare R 36,37,38,40, con relative schede di sicurezza, i filtri in fibra di vetro secondo il principio di precauzione;
verificare opportunamente la presenza delle polveri di legno e la loro tipologia, in quanto esiste la possibilità di trovarsi in presenza di possibili cancerogeni per l’uomo in classe 1 IARC e la conseguente necessità della classificazione anche R45 e R49.

Ilver Casadio Ufficio infortuni e malattie professionali
INCA-CGIL di Ravenna

ESTRATTO DALLA CIRCOLARE 15 marzo 2000, n° 4, DEL MINISTERO DELLA SANITA’ (Note esplicative del decreto ministeriale 1/9/1998 recante: “Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose (fibre artificiali vetrose)”
NOTA R

La classificazione “cancerogeno” non si applica alle fibre il cui diametro geometrico medio ponderato rispetto alla lunghezza meno due errori standard risulti maggiore di 6(micron)m. Sono state esentate dalla classificazione come cancerogene le fibre con diametro medio ponderato rispetto alla lunghezza superiore a 6 micron, in quanto al di sopra di tale valore le fibre sono considerate non più respirabili dall’uomo e perciò non in grado di raggiungere gli alveoli polmonari. Le definizioni di diametro geometrico e di errore standard sono riportate nell’allegato 1. Alle sole lane minerali è stata assegnata anche la nota Q.

NOTA Q

La classificazione “cancerogeno” non si applica se è possibile dimostrare che la sostanza in questione rispetta una delle seguenti condizioni:

  • una prova di persistenza biologica a breve termine, mediante inalazione, ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 10 giorni;
  • una prova di persistenza biologica a breve termine, mediante instillazione intratracheale, ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 40 giorni;
  • un’adeguata prova intraperitoneale non ha rivelato un’eccessiva cancerogenicità;
  • una prova di inalazione appropriata a lungo termine ha portato alla conclusione che non ci sono effetti patogeni significativi o alterazioni neoplastiche.

Le prime due prove sono relative a saggi di biopersistenza in vivo, cioè alla determinazione del periodo di ritenzione della fibra a livello polmonare a seguito di somministrazione per via inalatoria o intratracheale negli animali da laboratorio. Infatti la capacità di una fibra di produrre effetti sulla salute dipende da una combinazione di eventi e caratteristiche. Le fibre devono cioè avere dimensioni tali da essere inalabili per raggiungere i polmoni e ivi depositarsi e persistere per un tempo sufficientemente lungo da esplicare la loro azione patogena.

LA DEROGA DALLA CLASSIFICAZIONE COME CANCEROGENO DEVE ESSERE DOCUMENTABILE

I risultati delle prove effettuate, che portano ad usufruire della deroga dalla classificazione come cancerogeno, in base alla nota R oppure in base alla nota Q, devono essere mantenuti a disposizione dal responsabile della immissione sul mercato, per eventuali controlli da parte delle autorità competenti.

 

Sicurezza

CORRETTA CLASSIFICAZIONE (SULLA BASE DEI PARERI PERVENUTI)
CasNo 650-016-00-2
Classificazione: Carc. Cat. 3; R40 ; Xi; R38
Etichettatura: Xn
R: 38-40
S: (2-)36/37

Scheda di sicurezza ed etichettatura corretta

 
Etichettatura corretta solo se il produttore ha effettuato le prove previste dalla legge