Il 2024 segnerà un leggero calo degli investimenti in beni strumentali interrompendo così il trend positivo registrato a partire dal 2021Questo è, in sostanza, quanto emerge dalle rilevazioni appena effettuate dal Gruppo Statistiche Federmacchine, la federazione delle imprese costruttrici di beni strumentali.
Secondo i preconsuntivi, nel 2023, il fatturato dell’industria italiana di settore è cresciuto a 56.935 milioni di euro, il 2,8% in più rispetto al 2022. Il risultato complessivo è stato determinato dall’export cresciuto, del 5,1%, a 37.426 milioni di euro.
Le consegne sul mercato interno, si sono fermate a 19.509 milioni di euro, -1,5% rispetto all’anno precedente, risentendo della riduzione del consumo domestico di macchinari che, dopo anni di grande espansione, registra una leggera riduzione, scendendo a 31.496 milioni di euro (-0,8%).
Il 2024 appare più incerto: il fatturato dovrebbe arretrare, del -1,2%, a 56.257 milioni di euro. Sul risultato finale peserà la riduzione delle consegne dei costruttori italiani, in calo del -4,6%, a 18.611 milioni di euro. Le esportazioni invece resteranno pressoché stazionarie a 37.646 milioni di euro (+0,6%).
L’industria italiana del bene strumentale sembra aver perso lo slancio del post pandemia. Dopo i risultati da record registrati fino all’anno scorso, il 2023, pur ancora positivo, mostra i primi segnali di debolezza del mercato italiano a fronte di una attività ancora vivace sui mercati esteri.
Il 2024 si è aperto con incertezza sia sul mercato interno che su quello internazionale. Lo scenario geopolitico di grande instabilità, sia sul fronte europeo che su quello medio-orientale, non fa che complicare le cose, producendo un effetto di parziale congelamento della domanda di beni strumentali. Certo, il rallentamento non si presenta con le stesse tempistiche né con la medesima intensità per tutti i settori che fanno capo a Federmacchine, ma questo trend è comune all’intero mondo del bene strumentale.
Per un comparto come quello dei macchinari, che più della metà del fatturato lo realizza con l’export, l’attività di internazionalizzazione è fondamentale.
è evidente che il dimezzamento dell’aliquota per il credito di imposta 4.0 per gli acquisti di nuovi macchinari, sceso nel 2023 al 20%, ha avuto impatto sulle vendite ed è altrettanto evidente che alla fine dello scorso anno i clienti abbiano rallentato i loro investimenti in attesa di conoscere quali sarebbero stati i provvedimenti a disposizione nel 2024.
Le fabbriche italiane stanno aggiornando il proprio parco macchine, ma negli stabilimenti produttivi del paese, soprattutto nelle PMI, sono ancora in funzione anche macchinari di 20-30 anni. Bisogna agevolare la sostituzione delle tecnologie obsolete da parte di tutte le aziende, anche di quelle più piccole, che hanno disponibilità economiche più contenute. Solo così potrà essere assicurato il miglioramento della competitività del made in Italy.
Sarebbe utile prevedere una serie di misure strutturali, a partire proprio dal credito di imposta 4.0 per gli investimenti in nuovi macchinari. In questo modo le imprese manifatturiere potrebbero pianificare con più tranquillità, e su periodi più ampi, i loro acquisti in tecnologia di produzione, liberandosi dalle scadenze legate all’annualità della legge di bilancio.
Resta da capire come potranno essere utilizzate le risorse destinate al Piano Transizione 5.0 e finanziate dal fondo Re-power EU: positiva l’idea di legare incentivi all’acquisto di nuovi macchinari al tema del green manufacturing e digitalizzazione e di prevedere misure per la formazione.
Occorre anche investire in formazione e aggiornamento dei dipendenti già impiegati in azienda, anche alla luce delle sfide di innovazione, non solo digitale, che ci attendono nel prossimo futuro.
Persiste il problema del reperimento di giovani risorse, preparate e motivate, indispensabili per lo sviluppo sia sul piano strategico che su quello dell’innovazione. Il calo demografico insieme l’attrazione esercitata da paesi esteri verso i ragazzi più brillanti può aggravare, già a partire dai prossimi anni, una situazione già complicata.
Le organizzazioni come Federmacchine e le singole associazioni, ciascuna per le proprie specificità, possono fare molto in questo senso sviluppando azioni di promozione del settore presso le università, gli ITS, gli istituti tecnici, nelle aree a maggior concentrazione di imprese del comparto e con iniziative puntuali per avvicinare il mondo dei giovani a questa industria che è uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy nel mondo
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