Le motivazioni che inducono gli operatori a colorare il legno possono essere quelle di migliorarne l’aspetto, di esaltarne le qualità costitutive, di imitare la colorazioni di specie legnose considerate migliori e/o di moda, ma a volte può essere fatta per nascondere o rendere meno evidenti difetti e alterazioni difficilmente accettabili. Questa operazione può e deve essere fatta laddove siano chiari alcuni aspetti commerciali e tecnici, che non inducano il consumatore finale in inganno e/o in confusione
STEFANO CICUTO (XILTEC)
COLORARE IL LEGNO: ASPETTI TECNICI E COMMERCIALI
Il legno per sua natura è eterogeneo, cioè tende a manifestare caratteristiche fisiche e meccaniche diverse in relazione alle sezioni e pezzi considerati. Conseguentemente gli operatori, nei diversi comparti del settore, sono costretti, al fine di avere una certa uniformità nelle partite di legname, a collaudare e commercializzare i semilavorati secondo il metodo delle classificazioni; vengono cioè stabiliti dei limiti di tolleranza specifici per tipo di semilavorato e sulla base di questi si selezionano degli assortimenti qualitativi da introdurre nei sistemi produttivi anche industriali e standardizzati.
Le classificazioni possono assumere importanza differente in relazione al prezzo, ma soprattutto in funzione del fatto che le selezioni di alcune specie legnose trovano maggior impiego di altre nella produzione di semilavorati dove sono ricercate, anche, determinate caratteristiche, sia tecniche che estetiche. Per questo, ma anche per diversificare maggiormente la gamma qualitativa dei prodotti legnosi da proporre (aumentando conseguentemente la tipologia di clientela), alcuni operatori del settore prevedono, per i diversi semilavorati, molteplici assortimenti.
Alcuni vengono trattati commercialmente con i nomi delle destinazione d’uso per i quali sono selezionati (es. nei tranciati per fianchi, porte, ecc.), altri con nomi che ricordano le caratteristiche e/o gli effetti estetici ottenibili (es. nei pavimenti rustico, nodino, ecc.) oppure, semplicemente, ricordando la sezione di riferimento (rigato, fiammato ecc). Nel loro complesso tutti gli assortimenti tendono all’uniformità e sono selezionati da personale competente, in modo tale che, a seconda della specie legnosa, dei difetti ammessi e del prezzo, l’accostamento di più elementi della medesima categoria e della stessa specie dia come risultato finale una certa omogeneità di colore e venatura e, in alcuni casi, assicuri anche prestazioni meccaniche molto simili.
COLORARE IL LEGNO PER GLI INFISSI
Nel caso degli infissi e più specificatamente per la produzione di montanti e traversi di finestre e porte-finestre, dove le selezioni qualitative sono molto restrittive, è risaputo che le prestazioni e soprattutto le problematiche relative ai movimenti anisotropi sono maggiormente contenute con l’uso e l’assemblaggio di elementi selezionati da semilavorati ottenuti con tagli radiali e/o sub radiali. In questi casi le selezioni di tavolame più adatte offrono caratteristiche anche estetiche che meglio si addicono alle dimensioni dei profili stessi (sul “rigatino” le linee longitudinali tenderanno a coincidere con le dimensioni del pezzo, senza che ci sia interruzione di venatura e più elementi accostati daranno il senso dell’uniformità).
COLORARE IL LEGNO PER I PAVIMENTI
Per le liste da pavimenti, il procedimento di selezione, anche se meno restrittivo in termini qualitativi rispetto a quello del serramento e del mobile, tende ad uniformare le partite in relazione alla specie, alla provenienza, alla sezione, alla colorazione ed alla difettosità. Così una data scelta identificherà, in linea di massima, un risultato estetico che, pur con alcuni limiti ben precisi, sarà corrispondente ai parametri qualitativi stabiliti da norme, dal mercato e/o dal produttore stesso.
Per meglio specificare questo concetto si può dire che se ad un cliente viene proposto un pavimento ligneo realizzato con liste di prima scelta (corrispondente ad una A) “rigato” dovrà corrispondere un rivestimento che nell’insieme presenterà una specifica omogeneità di colorazione (tipica della specie in relazione alla provenienza) e uno specifico disegno (dato dalla selezione ed abbinamento di elementi ricavati prevalentemente su sezioni radiali e/o sub radiali). Viceversa se viene stabilita la fornitura di elementi lignei facenti parte di una seconda scelta (in alcuni casi chiamata standard, altre volte commerciale, comunque B) e/o terza (scelta C), si avranno via via meno vincoli in merito al risultato finale (maggiori difformità e/o difetti ammessi sulle facce a vista).
Risulta evidente che laddove i prodotti dell’industria del legno sono ottenuti assemblando elementi realizzati con selezioni diverse di più specie legnose (es. nei mobili, scocche, fianchi, ante ecc.), ognuna delle quali scelta per via di particolari considerazioni tecniche ed economiche (es. nei mobili il Noce per ante abbinato con Toulipier per montanti e traversi, nelle porte interne il Ciliegio europeo per ante abbinato al Lenga per cornici, ecc.) l’insieme, per ovvie ragioni, non presenterà un aspetto ed una colorazione omogenea. Questa situazione, che potrà verificarsi anche in presenza di un inconveniente non voluto, relativo a problemi di carattere tecnico (es. scarsa competenza del personale) e/o commerciale (es. fornitura di una partita di materiale più scadente del previsto), ha da sempre indotto gli addetti a colorare il legno con applicazioni di soluzioni con tinte più o meno penetranti. Nonostante le motivazioni che inducono gli operatori dei molteplici settori del comparto legno ad attuare questa pratica molto antica, siano di per sé molto diverse e generino considerazioni tecniche e studi specifici, lo scopo comune, nei casi sopra citati, è quello di colorare il legno per uniformare l’estetica degli elementi a vista costituenti il manufatto ligneo nel suo insieme.
Elementi di mobile in pioppo e toulipier che verranno tinti noce al fine di uniformarne l’aspetto estetico
Armadio in stile di pioppo tinteggiato a noce
COLORARE IL LEGNO: PRINCIPALI OBBIETTIVI
I procedimenti con i quali si può cambiare il colore del legno con una tinta sono diversi, ma il fine comunque è quello di uniformare l’insieme del manufatto. Le motivazioni che inducono gli operatori a colorare il legno possono essere quelle di migliorarne l’aspetto, di esaltarne le qualità costitutive, di imitare la colorazione di specie legnose considerate migliori e/o di moda e di nascondere o rendere meno evidenti difetti e alterazioni altrimenti difficilmente accettabili. Risulterà evidente che in alcuni casi questi intenti possano coincidere (colorare il legno migliorerà l’aspetto d’insieme, imitando specie legnose pregiate e riducendo al minimo le differenze esistenti tra i diversi componenti), mentre in altre situazioni, più delicate, lo scopo è unico e, nel caso dell’attenuazione dei vizi, non sempre condiviso tra chi tinge e chi deve usufruire del bene (colorare il legno di un manufatto per nascondere l’uso di specie diverse e/o difetti).
I procedimenti possono prevedere trattamenti più o meno intensi, a seconda che si applichi la tinta sulla superficie e/o si intenda far penetrare la tinta all’interno del legno. E’ evidente che nel primo caso la tinta riguarderà molti manufatti e comunque interesserà sempre uno strato sottilissimo di tessuto legnoso (raramente risulterà interessato dalla tinta uno strato di xilema superiore a 1/10 di mm); nel secondo caso il procedimento, molto più complicato, riguarda solo alcune specifiche tipi di prodotti (es. precomposti, tranciati), ma anche porzioni importanti e profonde di xilema. Tralasciando momentaneamente gli aspetti procedurali per ovvi motivi di sintesi, e considerato che il trattamento per colorare il legno superficiale è decisamente il più usato e diffuso, risulta evidente che questa operazione può e deve essere fatta laddove siano chiari alcuni aspetti commerciali e tecnici, che non inducano il consumatore finale in inganno e/o in confusione.
Piantane per lampade in Toulipier da tinteggiare per uniformare la diversa colorazione tra alburno e durame
COLORARE IL LEGNO CON PRODOTTI SOLUBILI
Come risaputo, per colorare il legno devono essere eseguite applicazioni superficiali e/o tramite impregnanti. Ciascuna di queste predilige dei veicolanti (sostanze che favoriscono la penetrazione all’interno delle cellule legnose) di diversa natura. Le tinte la cui applicazione va a insediarsi solo ed esclusivamente sulla superficie lignea trattata, interessano, conseguentemente, solo le prime cellule dello xilema (poche assise), mentre le tinte che interagiscono con il legno hanno, a seguito di più passaggi, una penetrazione sullo xilema decisamente superiore.
Le reazioni e gli effetti dei coloranti solubili sul legno variano in funzione delle caratteristiche del colorante stesso, ma anche in funzione delle caratteristiche fisiche della specie legnosa e quindi in relazione alla diversa densità, colorazione e fibratura del legno. In generale si può dire che nel caso delle tinte solubili in acqua, colorare il legno è facile, con risultati stabili ai cambiamenti di luce e resistenti, pur necessitando di carteggiature successive, a seguito del naturale distacco di fibre (pelo e/o distacchi di gruppi di fibre) ed essendo causa di possibili lievi movimenti anisotropi.
I coloranti in pasta (acqua e legante), pur avendo un’azione prolungata sulla superficie legnosa trattata, con conseguente azione penetrante all’interno delle cellule superficiali dello xilema, mostrano un effetto finale più opacizzato e meno piacevole delle tinte precedenti.
I coloranti solubili in alcool sono facili da applicare, hanno costi generalmente maggiori e virano piuttosto frequentemente in presenza di variazioni prolungate di luce.
I coloranti solubili in idrocarburi sono molto resistenti ai cambiamenti di luce e sono più penetranti, ma in genere danno un risultato estetico finale meno “naturale”.
I coloranti solubili in solventi specifici (es. a base di sali e/o esteri di acido acetico, e/o a base di ossiacidi monobasici, ecc.), pur essendo resistenti alla luce ed a rapida essiccazione, possono, in alcuni casi, essere sciolti di nuovo, causando formazione di aloni e macchie.
Oltre a ciò è opportuno evidenziare che i coloranti anilinici (fisico/sintetici), la cui solubilità può sfruttare sia l’acqua che l’alcool, possono garantire diverse gradazioni di colore (oggi sono molto apprezzate le colorazioni pastello) e avendo una penetrazione molto limitata, sono asportabili con una leggera levigatura e/o con le soluzioni del colorante stesso. Invece i coloranti chimici, interagendo con lo xilema e fissandosi anche sulle pareti cellulari, garantiscono una penetrazione e una stabilità maggiore, ma necessitano di costi più alti e tempi di applicazione più lunghi.
QUANDO È POSSIBILE E “LEGITTIMO” COLORARE IL LEGNO?
Questo è un argomento molto delicato, che vede contrapposti interessi diversi e spesso non coincidenti. Proprio per questo è auspicabile che al consumatore venga sempre fornita per accettazione una “scheda prodotto” la quale indichi, tra le altre cose, anche le specie legnose utilizzate, le modalità di intervento ed eventuali operazioni tecnologiche fatte sul bene stesso. Purtroppo spesso questa accortezza viene trascurata, con conseguenti prese di posizione anche legittime che, in alcuni casi, sfociano in vere e proprie contestazioni.
Premesso quanto sopra, si può affermare che, comunque, è possibile avere dei riferimenti tecnici e commerciali che possono far luce su un argomento così dibattuto. Certo è che, qualora la tinta sia data allo scopo di non trarre in inganno e/o mascherare volutamente vizi sul manufatto, il committente consapevole non può contestare questa procedura tecnica. Esistono alcuni manufatti costruiti solitamente con vari materiali e legni diversi, che usualmente vengono “mordenzati” (sistema di colorazione superficiale con reazione chimica) con tinte generalmente similari a quelle di altre specie legnose pregiate (generalmente del noce, del mogano, del teck e del rovere), allo scopo di migliorarne chiaramente l’aspetto d’insieme. Non è consigliabile colorare il legno di manufatti il cui colore abbia motivato la scelta degli stessi (es. nel caso in cui si sia concordato che il manufatto debba avere il colore tipico di una data specie legnosa, nel caso in cui l’intervento cambi radicalmente il colore tipico del legno scelto specificatamente per questa caratteristica, ecc.).
Non è assolutamente opportuno colorare il legno all’insaputa del committente, soprattutto nel caso in cui, a seguito dell’usura, sono auspicabili, possibili e consigliabili interventi di levigatura, che asporterebbero inevitabilmente parte cospicua della tinta (ad esempio nei pavimenti con forti difformità cromatiche, questo tipo di intervento di ripristino è possibile solo ed esclusivamente con il consenso del committente, che comunque deve essere consapevole dei rischi e degli inconvenienti connessi a questo tipo di operazione).
Il committente deve essere messo al corrente che la colorazione del legno agisce diversamente in relazione ai fattori sopra descritti e quindi può, su superfici di diversa origine e/o provenienza, manifestare tonalità diverse, anche contrastanti tra una superficie e l’altra (ad esempio, la colorazione successiva di un pavimento in opera, risulterà sempre diversa da quella della scala realizzata in laboratorio).
Scuro di hemlock tinto a noce
Spesso manufatti realizzati con elementi di specie diverse o sezioni diverse devono essere accompagnati con una leggera tinta
Porte interne impiallacciate in Abete tinto noce