Metafora dubbi
I risultati delle analisi effettuate dell’ARPA del Veneto in aziende in cui sono installati impianti di abbattimento delle emissione prodotte da operazioni di verniciatura.

Caro Direttore,
uno degli aspetti normativi ancora largamente dibattuti, nonostante siano passati circa 14 anni dal recepimento della Direttiva 99/13 CE, riguarda la corretta applicazione dell’Allegato III alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 per le attività soggette all’art. 275, in ragione dei consumi di solvente utilizzati nel processo produttivo.
In questo senso, la recente modifica introdotta con la Legge 20.11.2017, n. 167, che modifica il comma 6 dell’articolo 275, scorpora (finalmente!) l’emissione totale annua stabilita nell’autorizzazione (e calcolata dai valori limite) dal consumo massimo teorico di solvente. Non passa giorno che si presentino situazioni specifiche che vanno ricondotte nell’alveo normativo a disposizione. E’ il caso di quelle attività di rivestimento superfici in legno (punto 10 della Tabella 1 dell’Allegato III), che per rispettare i valori limite individuati nella citata tabella si sono dotati di un impianto di abbattimento di ossidazione termica dei COV.
Per le attività soggette all’art. 275 è noto che vanno garantite anche le disposizioni generali riportate ai paragrafi 2.1, 2.2 e 2.3 dell’Allegato III parte I, se pertinenti. In particolare, una prima possibile interpretazione del paragrafo 2.1 porta a concludere che se in emissione vi è la presenza di sostanze pericolose, per queste si applicano dei limiti specifici, aggiuntivi e trasversali a tutte le attività, a quelli definiti nella Tabella 1.
Poichè sulle emissioni degli impianti di termocombustione COV si possono trovare (e di fatto si trovano, perchè basta misurarle) sostanze pericolose (ad esempio formaldeide o benzene, entrambi classificati H350), la lettura rigorosa del paragrafo 2.1 determina, per queste situazioni, l’applicazione di limiti in emissione particolarmente restrittivi (2 mg/Nm3 se viene raggiunta o superata la quantità di 10 g/h) a valle di un impianto che ha, come funzione principale, proprio quella di abbattere i composti organici volatili in ingresso al sistema di trattamento.
Esiste però una seconda interpretazione di quanto espresso nei paragrafi 2.1 e 2.2, che associa i limiti particolarmente restrittivi solo alle sostanze e alle miscele che contengono i COV pericolosi di cui alle indicazioni di pericolo e non anche a quelle sostanze che, come in questo caso, si formano, a seguito del processo di abbattimento (perchè in questo caso è certo che i prodotti vernicianti utilizzati non le contengono).
Condivido questa seconda interpretazione, ma è chiaro che per come è scritta la norma il riferimento è alle “emissioni di sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l’ambiente” (paragrafo 2.1 ) e “agli effluenti gassosi che emettono i COV di cui al punto 2.1 in una quantità…” (paragrafo 2.2). A mio avviso, la Direttiva comunitaria e il successivo decreto di recepimento non avevano considerato tale particolare ipotesi (non fosse altro perchè l’approccio all’abbattimento di COV nel settore del legno non era certamente tra le ipotesi consigliabili), ma è chiaro che una maggior chiarezza sul punto sarebbe opportuna. Purtroppo la prossima pubblicazione alle modifiche alla parte aria del T.U.A. non contribuirà a chiarire il punto, se è vero, come sembra, che l’agognata rivisitazione dei limiti emissivi ormai datati non verrà attuata. Ringrazio per l’ospitalità e resto a disposizione per eventuali osservazioni dei tuoi appassionati lettori.

Franco Giacomin
Funzionario di P.O. Emissioni in Atmosfera ed Autorizzazioni Integrate Ambientali Provincia di Treviso

DEPURARE L’ARIA DEPURATA?

L’anomalia segnalata da Giacomin nasce da una situazione nuova nel nostro settore, in quanto normalmente gli operatori di ARPA nelle loro analisi sulle emissioni cercano solo le sostanze presenti nelle vernici (o il COT totale), per cui non risultano esperienze su casi analoghi, perché normalmente un combustore efficiente consente di mantenere le emissioni dei solventi utilizzati nella verniciatura abbondantemente al di sotto dei limiti di legge. Com’è noto però, i limiti in emissione per le sostanze pericolose sono particolarmente restrittivi e le diverse analisi effettuate da ARPAV hanno evidenziato un costante superamento del limite di 10 g/h, che imporrebbe quindi di arrivare a una concentrazione al di sotto dei 2 mg/Nm3, un limite piuttosto “impegnativo” per un impianto di depurazione. Sembra paradossale che un impianto che ha come funzione principale proprio quella di abbattere i composti organici volatili in ingresso al sistema di trattamento, produca emissioni di sostanze più pericolose in concentrazioni al di sopra dei limiti di legge, che richiederebbero quindi un ulteriore abbattimento.
Spetta ai costruttori di impianti di depurazione spiegare se le situazioni riscontrate rappresentano la normalità, oppure sono frutto di anomalie di progettazione, costruzione o conduzione degli impianti: il dibattito è aperto!

Pierluigi Offredi
Direttore di “Professione Verniciatore

EVITIAMO LA CACCIA AI MICROINQUINANTI

La presenza ai camini di impianti di post combustione di sostanze di varia natura – e tra queste di composti anche cancerogeni – non stupisce. L’ossidazione termica, per quanto ben progettata e ben gestita, si caratterizza per rendimenti di abbattimento piuttosto alti (spesso superiori al 98%), tuttavia determina un’emissione residua di Composti Organici Volatili che in genere caratterizza valori di emissione compresi tra 20 e 50 mg/Nm3, misurati con FID (qualche volta i valori residui possono essere anche sensibilmente inferiori a 20 mg/Nm3).
La determinazione dei valori residui di COV (effettuata con FID) non distingue la composizione qualitativa degli stessi, ma esprime un generico valore di “Composto Organico Volatile”; si può ragionevolmente ritenere che i predetti residui di emissione siano riconducibili prevalentemente a
prodotti di decomposizione delle sostanze originarie (ad esempio solventi di varia natura), ritenendo piuttosto improbabile che – nel caso dei solventi – a valle di una ossidazione termica operante tra 750 e 800°C siano ancora presenti le molecole originarie dei solventi trattati (la decomposizione termica di questi ultimi inizia a temperatura ben inferiori). Tra le sostanze non completamente degradate per via termica sono sicuramente annoverabili le aldeidi; si ricorda in proposito che – negli anni ’90 – si pose più di un problema di molestia olfattiva generata da post combustori catalitici i quali, pur rispettando ampiamente il limite di COV, si caratterizzavano per presenza di aldeidi residue al camino in misura tale da generare molestie olfattive. La non completa combustione dei solventi dovrebbe peraltro essere confermata dalla presenza di
CO, anch’esso indice di combustione non completa; a tal proposito si rimanda a uno studio a suo tempo svolto dal PMIP di Milano (anni ’90), nel corso del quale venivano correlati valori di COV e di CO al variare delle temperature di funzionamento dei post combustori.
I sistemi di post combustione termica rigenerativa si caratterizzano per uno scambio di calore di tipo diretto, nel quale interviene anche la combustione di gas metano, qualora le temperature raggiunte nella massa ceramica non siano sufficienti a distruggere le sostanze organiche (solventi) originarie.
La presenza di aldeidi potrebbe essere anche dovuta a una non completa combustione di metano,
per la quale, peraltro, non vengono mai fissati limiti per le predette aldeidi; una recente circolare
della Regione Lombardia – destinata proprio alla disciplina delle emissioni di formaldeide – esclude espressamente dal proprio campo di applicazione le sostanze cancerogene generate da processi quali la combustione (vedasi DGR 6030/2016 – paragrafo indirizzi generali, punto 1 lettera i.).
In conclusione, pur ritenendo che l’argomento in questione possa necessitare di qualche approfondimento (magari in collaborazione con la Stazione Sperimentale dei Combustibili di San Donato Milanese), ci si augura che il timore di qualche microinquinante a valle dei combustori non porti da subito a una revisione degli attuali limiti di emissione espressi in COV; la revisione e l’eventuale restringimento di questi ultimi dovrà infatti essere supportato da approfonditi studi (che forse, in qualche parte del mondo sono già stati realizzati); si auspica altresì che i monitoraggi di routine a valle dei combustori non necessitino, in un prossimo futuro, della ricerca di microinquinanti, oggi riservata a impianti di rilevante impatto ambientale.

Giorgio Cozzi
IBS Analysis

P.S.
La terminologia indicante le misurazioni con FID – sopra utilizzata – è di tipo gergale; più propriamente ci si riferisce alla Norma UNI EN 12619:2013 “Determinazione della concentrazione di massa del carbonio organico totale in forma gassosa – TVOC”.

 

 

 

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