diluire le emissioni

L’articolo pubblicato sul numero di ottobre 1997 “quanto si può diluire l’aria delle cabine? (n.18, pagg. 4-6)” suggerisce alcune riflessioni. E’ sacrosanto, da parte del direttore della rivista, sottolineare la competenza degli operatori del controllo dell’inquinamento atmosferico, in questo caso dei funzionari della Provincia di Pisa che si preoccupano di applicare i limiti imposti dal D.M. 12.7.90 in maniera ragionata, e non meramente burocratica, dimostrando che i dipendenti pubblici possono anche essere buoni tecnici; tuttavia qualcosa su questi benedetti limiti per le operazioni di verniciatura va pur detta. Non è qui in discussione l’operato dei tecnici della provincia, che non possono far altro che applicare i limiti previsti dalla normativa, ma quanto piuttosto il caso di ragionare su tali limiti. Essi sono espressi sostanzialmente in concentrazione, così come lo sono in generale i limiti imposti nell’Allegato 1 del D.M. 12.7.1990; e allora viene il caso di chiedersi: possono le operazioni di verniciatura essere correttamente governate da limiti espressi in concentrazione, ovvero rappresentare la sintesi della “miglior tecnologia di riduzione delle emissioni”, principio consolidato nella normativa nazionale ed europea? E’ possibile dare un giudizio equo e ponderato su diverse attività di verniciatura confrontandole tra loro attraverso il rispetto, o meno, del limite di concentrazione applicato alle cabine di verniciatura ? A mio parere no. Il limite in concentrazione è suscettibile di alcune peculiarità dell’impianto che possono trarre in inganno. Nel caso di verniciatura di pezzi di piccole dimensioni è infatti sufficiente una cabina di modeste dimensioni, che necessariamente movimenta una quantità di aria ridotta (data dal prodotto della superficie frontale della cabina per la velocità dell’aria sul fronte dell’operatore) e quindi può determinare in emissione una concentrazione piuttosto ricca di sostanze organiche volatili (con qualche problema a riguardo del rispetto di qualsivoglia limite espresso in concentrazione). Nel contempo, operazioni di verniciatura di pezzi di grandi dimensioni, effettuate con analoghi prodotti in analoghe quantità, determinano, in virtù delle portate d’aria necessariamente movimentate, concentrazioni di sostanze organiche volatili più basse rispetto al caso precedente, e quindi verosimilmente il rispetto dei limiti espressi in concentrazione, fermo restando un analogo apporto inquinante rispetto al primo caso. E poi, se andiamo a vedere il paragrafo 49 del D.M. 12.7.90, scopriamo che i limiti in emissione sono previsti per le operazioni di applicazioni di prodotti vernicianti solo per i solventi appartenenti alle classi I e II della Tabella D dell’Allegato 1 del D.M. stesso: e tutti gli altri solventi, che sono la grande maggioranza di quelli usualmente utilizzati, come li controlliamo? Recita Il D.M. più o meno così: “si adottino tecniche per ridurre i solventi nelle vernici, tecniche per minimizzare lo spreco di prodotti ovvero tecniche di riduzione delle emissioni”. Ma quali siano gli obiettivi concreti da raggiungere non è dato sapersi. In realtà le operazioni di verniciatura sono eseguite in impianti di molteplici dimensioni, con potenzialità molto eterogenee, con prodotti vernicianti i più disparati, che possono cambiare varie volte nell’arco di una giornata lavorativa. Come giudicare allora un processo di verniciatura senza incorrere in potenziali grossolani errori ? E soprattutto quando si può ritenere conseguita la “migliore tecnologia di contenimento delle missioni”? Occorre innanzitutto riferire i limiti all’emissione non a un volume di aeriforme emesso, né a un quantitativo orario emesso, anch’esso funzione della potenzialità produttiva del singolo impianto, ma all’unità di prodotto verniciato o, dove non è possibile il riferimento alla superficie verniciata, a quantità di solvente organico presente nel prodotto verniciante pronto all’ uso (es: grammi di solvente presenti in un kg di vernice); occorre inoltre valutare un ciclo di verniciatura nel suo complesso (analizzando i prodotti utilizzati nelle varie mani di verniciatura, ovvero verificando il residuo secco del p.v. e la grammatura applicata per ogni mano, nonchè le varie fasi del ciclo, appassimento ed essiccazione compresi) e trarre il giudizio finale sulla base dell’effettiva quantità di solvente emesso per ogni metro quadrato di pezzo verniciato, o per ogni kg di prodotto verniciante consumato, stabilendo precisi obiettivi di adeguamento per impianti esistenti e per nuovi impianti. Tutto ciò prescinde da diluizioni, potenzialità produttive e quant’altro di peculiare può esserci in un impianto di verniciatura. Un approccio di tale tipo è del resto presente nella normativa italiana per quanto riguarda le emissioni di solvente provenienti da cicli di finitura di superfici piane nel settore legno, e nella normativa italiana ed europea per quanto riguarda le emissioni di solvente da verniciatura di automobili. Tale approccio consente di dare un valutazione reale dell’apporto alle emissioni di solvente in atmosfera da un generico ciclo di verniciatura, analizzato nel suo complesso, e non per singola fase, e consente di poter fissare con precisione ed equità di trattamento limiti all’emissione di carattere generale che, nei singoli casi potranno anche essere affiancati da limiti espressi in concentrazione e/ o massa /tempo per ogni singola fase di verniciatura (es: limite all’emissione espresso in concentrazione, sia per le particelle solide che per le sostanze organiche volatili emesse dai forni di essiccazione/polimerizzazione). Purtroppo la normativa europea, spiace dirlo, non affronta i problemi delle verniciature in genere con lo stesso livello di competenza con il quale sono state affrontate le verniciature delle automobili. Tuttavia alcune regioni italiane sono da tempo su questa lunghezza d’onda, si vedano in proposito le prescrizioni per i nuovi impianti adottate in Piemonte, Emilia e Lombardia. Chissà, forse tra breve anche i Ministeri competenti e la neonata ANPA potranno seguire questa strada, e mandare importanti messaggi in Europa, rispetto alla quale, sull’argomento in questione, possiamo senza retorica considerarci all’avanguardia.

Giorgio Cozzi – IBS Consulting