E’ sempre necessario trattare con preservanti i serramenti? I biocidi servono davvero a qualcosa? La risposta non può essere univoca e per scoprire se i biocidi servono davvero, bisogna tenere in considerazione vari fattori, primo fra tutti le condizioni ambientali d’impiego del manufatto, che influenzano il tipo di rischio biologico, quindi la durabilità naturale agli organismi xilofagi della specie legnosa scelta e la sua impregnabilità. Solamente nel caso in cui la durabilità naturale della specie legnosa sia ritenuta insufficiente per quella determinata situazione d’impiego, si deve ricorrere ad un trattamento preservante. A questo punto è importante considerare il tipo di preservante da usare, la sua efficacia e la metodologia di trattamento.
VALUTARE LE PRESTAZIONI DEI BIOCIDI
Un possibile indirizzo può essere dato dalla Normativa Europea prodotta dal Comitato Tecnico 38 (TC) “Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno” del Comitato Europeo per la Normazione (CEN) che ha la responsabilità di produrre norme sulla preservazione del legno. Tale Comitato, in riferimento alla direttiva CEE 88-106 del 21/12/1988, ha prodotto un notevole numero di norme, molte delle quali sono già norme UNI e che noi considereremo in dettaglio per poter giungere a dare una risposta al nostro quesito.
CONDIZIONI AMBIENTALI D’IMPIEGO DELLE SPECIE LEGNOSE (CLASSI DI RISCHIO BIOLOGICO)
Le condizioni ambientali in cui il legno viene messo in opera influenzano la sua durata in servizio, in quanto determinano lo sviluppo o meno degli organismi xilofagi. Il CEN TC/38(UNI EN 335-1) ha identificato 5 classi di rischio biologico che sono correlate con il contenuto di umidità che il legno può avere in servizio, o più precisamente con il periodo di tempo durante il quale il legno può mantenere un contenuto di umidità al di sopra del 20% (clicca qui per consultare la tabella 1 – Classi di rischio biologico).
Il legno nella classe di rischio 1 avrà sempre un contenuto di umidità al di sotto del 18% e quindi non sarà attaccato da funghi. Sarà invece soggetto ad un attacco da insetti e questo dipenderà dalla specie del legno e dalla regione geografica in cui il legno è messo in opera. Quattro specie di insetti devono essere considerati appartenenti alle famiglie degli Anobiidi, Cerambicidi, Lictidi e alcune specie di Termiti. L’operatore considererà quali insetti sono presenti nella zona, e se questi rappresentano un rischio significativo per il manufatto.
Il legno nelle classi di rischio 2 e 5 avrà un contenuto di umidità che raggiungerà il 20% e più per periodi variabili di tempo e così sarà a rischio anche di un attacco fungino.
Le classi di rischio 2 e 3 coprono situazioni in cui il legno non è a contatto del suolo, ma può raggiungere i valori limiti per l’attacco dei funghi per periodi di tempo circoscritti, ad esempio per fenomeni di condensa, o perché esposto agli agenti meteorici. I funghi da considerare sono quelli cromogeni (azzurramento) e quelli da carie (bianca e bruna).
La classe di rischio 4 comprende legni a contatto con il suolo o con acqua dolce, mentre la classe di rischio 5 comprende legni in contatto con acqua di mare. In queste due ultime situazioni è evidente che il tenore di umidità del legno sarà confacente ad un attacco fungino per tutto il periodo di servizio.
I funghi responsabili dei danni sono funghi cromogeni e da carie (bianca, bruna e soffice) e per la classe 5 anche gli organismi marini.
Le classi di rischio che sono di pertinenza dei manufatti come i serramenti interni ed esterni sono rispettivamente le classi 1, 2 e 3. Oltre alla individuazione della classe di rischio, e quindi di conseguenza l’individuazione dei possibili agenti che possono deteriorare il legno, è fondamentale conoscere per un buon impiego del materiale legnoso alcune caratteristiche della specie legnosa che si intende usare e cioè la sua durabilità naturale agli organismi xilofagi e la sua impregnabilità, cioè la sua permeabilità ai liquidi.
DURABILITÀ NATURALE DELLE SPECIE LEGNOSE
La durabilità di una specie legnosa può essere definita come la sua resistenza all’attacco degli organismi xilofagi. La norma UNI EN 350-1, stabilisce i metodi per la determinazione e la classificazione della durabilità naturale delle specie legnose agli organismi xilofagi (vedi tab. 2).
Per la durabilità naturale delle specie legnose (durame) ai funghi da carie sono state stabilite 5 classi: 1) molto durabile; 2) durabile; 3) moderatamente durabile; 4) poco durabile; 5) non durabile.
L’alburno di tutte le specie legnose rientra nella classe 5.
Per la durabilità naturale dei legni (alburno) agli insetti (Coleotteri) sono state stabilite 2 classi: R (Resistente) e NR (Non Resistente).
Per la durabilità naturale delle specie legnose (durame) agli Isotteri (Termiti) sono state stabilite 3 classi: D (Durabile), MD (Moderatamente Durabile) e ND (Non Durabile).
La conoscenza della durabilità naturale e della impregnabilità di una determinata specie legnosa può essere desunta dalla norma UNI EN 350-2, che fornisce una guida sulla durabilità naturale ai funghi da carie e agli insetti (Coleotteri e Isotteri) e sulla impregnabilità delle specie legnose (conifere e latifoglie) usate più comunemente in Europa.
In tale norma per la impregnabilità delle specie legnose sono riportate 4 classi:
- – impregnabile;
- – moderatamente impregnabile;
- – poco impregnabile;
- – non impregnabile.
Per valutare la durabilità naturale di una specie legnosa da usare nelle singole classi di rischio biologico possiamo fare ricorso ad un’altra norma europea (UNI EN460) che fornisce una guida per la valutazione della durabilità naturale di una specie in relazione al suo impiego nelle diverse classi di rischio biologico (vedi tab. 3).
Classe di rischio | Classe di durabilità | |||||
---|---|---|---|---|---|---|
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | ||
1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | |
2 | 0 | 0 | 0 | (0) | (0) | |
3 | 0 | 0 | (0) | (0)-(x) | (0)-(x) | |
4 | 0 | (0) | (x) | x | x | |
5 | 0 | (x) | (x) | x | x |
Tabella 3 – Funghi xilofagi – Guida delle classi di durabilità delle specie legnose per l’uso secondo classi di rischio
Per quanto riguarda gli insetti, in condizioni ambientali dove c’è un rischio significativo di attacco che porterebbe ad una perdita di resistenza del manufatto non accettabile, oppure ad un degrado estetico, dovrebbero essere trattate con un preservante le specie legnose classificate come non resistenti nella UNI EN 350/2. Per quanto riguarda i funghi la tabella 3 fornisce indicazioni sull’uso di una specie legnosa nelle diverse classi di rischio in relazione al proprio grado di durabilità naturale. Limitandoci alle classi di rischio biologico per i manufatti di nostro interesse e cioè le classi 1, 2 e 3 possiamo notare che:
- per la classe di rischio 1 le specie legnose appartenenti alle classi di durabilità naturale da 1 a 5 possono essere messe in opera senza alcun trattamento preservante;
- per la classe di rischio 2 le specie legnose appartenenti alle classi di durabilità naturale da 1 a 5 possono essere messe in opera senza alcun trattamento preservante, tenendo conto però che per le specie legnose delle classi di durabilità 4 e 5 nel caso siano permeabili ai liquidi un trattamento preservante può essere raccomandato;
- per la classe di rischio 3 le specie legnose appartenenti alle classi di durabilità naturale 1 e 2 possono essere messe in opera senza alcun trattamento preservante; per quelle appartenenti alla classe di durabilità 3 un trattamento preservante può essere raccomandato se la specie legnosa è permeabile ai liquidi e se il manufatto sarà esposto a condizioni climatiche critiche (es: pioggia battente) un trattamento preservante può essere raccomandato, mentre per le specie legnose appartenenti alle classi di durabilità 4 e 5, se sono permeabili e se saranno messe in opera in condizioni climatiche critiche, un trattamento preservante è necessario.
Per i legni appartenenti alle classi di durabilità naturale 3, 4 e 5 è necessario conoscere anche il loro grado di permeabilità ai liquidi, cioè la loro impregnabilità. Constatato che la specie legnosa da noi scelta non ha un grado sufficiente di durabilità naturale per quella determinata classe di rischio, è necessario procedere ad un trattamento preservante.
EFFICACIA DEI PRESERVANTI
Per preservanti del legno si intendono sostanze (principi attivi) disciolte in solventi organici o in acqua, atti ad impedire l’attacco degli organismi xilofagi quando applicati al legno. E’ innanzi tutto necessario conoscere l’efficacia del preservante che si intende usare nei riguardi di un determinato organismo (es.Lyctus) o di un gruppo di organismi (insetti, funghi cromogeni, funghi da carie).
La norma europea UNI EN 599-1 presenta le metodologie che devono essere seguite per la valutazione dell’efficacia del preservante. Tali metodologie possono essere applicate sia ai principi attivi che ai preparati pronti per l’uso.
Per ogni classe di rischio biologico vengono elencate le metodologie che devono essere seguite e i criteri di valutazione del preservante nei riguardi dei singoli organismi distruttori. Tali metodologie sono diversificate a seconda se il prodotto venga applicato superficialmente sul legno, cioè è sufficiente che il preservante formi una barriera alla penetrazione degli xilofagi, o venga applicato in profondità.
Per la valutazione dei preservanti da applicare ai legni da mettere in opera nella classe di rischio 1, sono riportate le metodologie da seguire per lo studio della loro efficacia nei riguardi dell’attacco di singoli insetti (Hylotrupes, Lyctus, Anobium, Termiti). Per la valutazione dei preservanti da applicare ai legni da mettere in opera nelle classi di rischio 2 e 3 sono indicate anche le norme per lo studio dell’efficacia nei riguardi dei funghi, sia cromogeni che da carie.
Per una migliore caratterizzazione del preservante sono previsti anche metodi di prova per la valutazione della sua efficacia nel tempo. Ad esempio per i prodotti insetticidi (classe di rischio 1) sono previste prove di “evaporazione del prodotto”, per i prodotti fungicidi (classe di rischio 2 e 3) prove di “dilavamento del prodotto”. In particolare per i prodotti da usare nella classe di rischio 3, dove il dilavamento del prodotto può essere importante, è prevista una metodologia “in campo”, cioè il prodotto viene valutato dopo essere stato applicato a legni tenuti nelle stesse condizioni in cui si troverà il manufatto in opera.
TRATTAMENTI DI PROTEZIONE
La profondità di penetrazione e la ritenzione (espressa in g/m2 o kg/m3) di un preservante in un legno trattato, sono utilizzati per definire la qualità di un trattamento. La norma Europea EN 351-1 non prescrive metodologie di trattamento, bensì definisce i livelli di penetrazione che un preservante deve raggiungere nel legno in funzione delle singole classi di rischio biologico in cui il legno deve essere messo in opera e prescrive i quantitativi di preservante che deve essere presente nella zona trattata del legno.
Il quantitativo di preservante idoneo deve soddisfare alle esigenze della UNI EN 599/1, concernente l’efficacia dei preservanti nei riguardi degli organismi xilofagi. Tutte le metodologie di trattamento quindi possono essere impiegate, purché siano idonee a far raggiungere al preservante quella profondità di penetrazione nel legno richiesta per ogni singola classe di rischio biologico.
Sono considerate 9 classi di penetrazione del preservante nel legno (vedi tab. 4).
CLASSE DI PENETRAZIONE | RICHIESTA DI PENETRAZIONE | ZONA ANALITICA (*) | |||
---|---|---|---|---|---|
P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 P8 P9 | nessuna minimo 3 mm laterali e 40 mm assiali di alburno minimo 4 mm laterali di alburno minimo 6 mm laterali di alburno minimo 6 mm laterali e 50 mm assiali di alburno minimo 12 mm laterali di alburno soltanto per legno tondo, minimo 20 mm di alburno tutto l’alburno tutto l’alburno e minimo 6 mm di durame esposto | 3 mm dalle facce laterali 3 mm laterali di alburno 4 mm laterali di alburno 6 mm laterali di alburno 6 mm laterali di alburno 12 mm laterali di alburno20 mm di alburno quando l’alburno è >20 mmalburnoalburno e 6 mm durame esposto | |||
*) Zona di legno trattata che viene analizzata e nella quale deve essere presente il quantitativo di preservante considerato idoneo per la protezione del legno (secondo le prove biologiche prescritti in EN 599/1) in riferimento alle varie classi di rischio biologico. |
TABELLA 4 – Classi di penetrazione del preservante nel legno con le richieste di penetrazione e zone analitiche corrispondenti (da pr EN 351/1)
Le classi di penetrazione del preservante nel legno, per quanto riguarda i serramenti interni ed esterni, possono essere configurate nelle classi P1/P5. L’operatore ha la possibilità di scegliere la profondità di penetrazione del preservante nel legno per ottenere il trattamento più idoneo. Ad esempio per serramenti da mettere in opera nella classe di rischio 3, per specie legnose impregnabili, l’operatore può scegliere penetrazioni di 4/6 mm attraverso le facce longitudinali e di 40/50 mm in direzione assiale, mentre per specie legnose non impregnabili potrà scegliere una penetrazione come configurata nella classe P1.
Consideriamo ora le metodologie di applicazione dei preservanti per i serramenti interni ed esterni e la loro rispondenza alle classi P1/P5 di penetrazione del preservante.
Spruzzo e pennello
Queste metodologie non sono molto adatte: il preservante non penetra sufficientemente nel legno e tutte le parti del manufatto non vengono adeguatamente coperte. E’ anche difficile valutare il quantitativo di preservante che il legno assorbe. Sono inoltre pericolose per l’operatore: nel trattamento a spruzzo 1/3 del prodotto viene disperso nell’aria! La penetrazione del prodotto è di 1-2 mm: non è adeguata per alcuna classe di penetrazione.
Immersione
Questa metodologia, che consiste nel porre il legno in vasche contenenti il preservante, permette il trattamento omogeneo su tutto il manufatto. Per quanto riguarda la penetrazione del preservante (prodotto in solvente organico senza pigmenti), per specie legnose impregnabili dopo 10 secondi di immersione la penetrazione è di circa 3 mm attraverso le superfici laterali e di circa 30 mm in direzione assiale con una ritenzione di 80-90 g/m2 . Dopo 3 minuti, la penetrazione è di circa 5 mm attraverso le superfici laterali e di circa 40 mm in direzione assiale, con una ritenzione di 150-180 g/m2.
Questa metodologia potrebbe essere impiegata per le classi P1 e P2 dopo 10” di immersione, se il quantitativo di prodotto (80-90 g/m2) è sufficiente, mentre per le classi P1, P2 e P3 dopo 3 minuti di immersione.
Flow-coating
Questa metodologia consiste nel far passare il manufatto appeso ad una catena aerea, all’interno di una struttura in metallo dove viene irrorato dall’impregnante a bassa pressione mediante appositi ugelli. I risultati potrebbero essere paragonabili a quelli ottenuti con l’immersione, ma non si dispone di dati come tempo di irrorazione, profondità di penetrazione del prodotto nel legno, ritenzione del prodotto.
Impregnazione a doppio vuoto
Questa metodologia consiste nell’applicare al legno, messo in un’autoclave, un vuoto iniziale, seguito dall’impregnazione con il preservante a pressione atmosferica e da un vuoto finale. Un ciclo standard per il trattamento di specie legnose impregnabili comprende un vuoto iniziale di 250 mmHg per 3 minuti, pressione atmosferica per 3 minuti, vuoto finale di 625 mmHg per 20 minuti. E’ possibile valutare il quantitativo di preservante assorbito dal legno.
Per un ciclo standard, per specie legnose impregnabili, con un preservante in solvente organico senza pigmento, si ha penetrazione attraverso le superfici laterali di circa 8 mm e di circa 80 mm in direzione assiale, assorbimento di 24 k/m3 di prodotto. La penetrazione del prodotto è più uniforme di quella ottenuta con l’immersione. Variazioni possono essere fatte nelle varie fasi del ciclo, per ottenere differenti livelli di assorbimento e di profondità di penetrazione del preservante nel legno.
Per specie legnose moderatamente o poco impregnabili, oltre a variare i tempi del vuoto iniziale si può applicare una leggera pressione (2 bar) per ottenere una penetrazione e un assorbimento migliore. Tale metodologia può essere applicata adeguatamente per ottenere le classi di penetrazione P3/P5.
Nota: I dati riportati, per quanto riguarda la penetrazione e l’assorbimento del preservante nei metodi a immersione e a impregnazione a doppio vuoto, sono stati desunti da prove fatte all’Istituto per la Ricerca sul legno.
NORME EUROPEE CITATE NEL TESTO
UNI EN 335-1 – Durabilità naturale del legno e dei prodotti a base di legno. Definizioni delle classi di rischio di attacco biologico. Generalità.
UNI EN 350-1 – Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno. Durabilità naturale del legno massiccio. Parte 1: Guida ai principi di prova e classificazione della durabilità naturale del legno.
UNI EN 350-2 – Durabilità naturale del legno e dei prodotti a base di legno. Durabilità naturale del legno massiccio. Parte 2: Guida alla durabilità naturale e alla impregnabilità di specie legnose selezionate per la loro importanza in Europa.
UNI EN 460 – Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno. Durabilità naturale del legno massiccio. Guida ai requisiti di durabilità per legno da utilizzare nelle classi di rischio.
EN 599-1 – Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno. Prestazioni dei preservanti del legno determinate mediante prove biologiche. Parte 1: Specifiche secondo le classi di rischio.
EN 351-1 – Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno. Legno massiccio trattato con preservante. Parte 1: Classificazione delle penetrazioni e delle ritenzioni dei preservanti.
I biocidi servono? – 29/10/1999
E’ sempre necessario trattare con preservanti i serramenti?
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