Ossigeno e combustori

Prosegue il dibattito sui limiti dell’ossigeno nei combustori e sulla loro applicabilità negli impianti di depurazione delle VOC

Caro Direttore
come sempre ho letto con piacere la sua rivista n° 87 ed ho trovato, nella rubrica “Lettere al direttore” l’articolo “Il limite di ossigeno nel combustore”.
Ritengo non esatto il concetto secondo cui l’11% di ossigeno debba essere il tenore dei fumi per gli inceneritori e non per i combustori, come non è esatto che gli inceneritori possano diluire il contenuto totale di inquinanti in un maggior flusso di aria, mentre i combustori no.
Intanto premetto che non voglio certo difendere i conduttori di inceneritori, che lo sanno far bene da sè ed oltre tutto non meritano tante difese, e non voglio nemmeno difendere le ARPA o i legislatori, ma credo sia utile approfondire meglio la questione. Il riferimento dell’11% di ossigeno nell’affluente gassoso, serve per evitare che i furbetti usino l’escamotage di un E (eccesso d’aria di combustione) esagerato per diluire in una maggior quantità di aria gli inquinanti emessi, in modo da rientrare nei limiti fissati dalla legge.
Se non si fissa un riferimento all’ossigeno emesso insieme agli altri inquinanti, non si può distinguere un combustore o una caldaia che produce calore bruciando gli scarti di legno, o un inceneritore, che funzionano bene, con pochi inquinanti nei fumi, perché brucia bene e con un’aria poco superiore allo stechiometrico (quantità di aria teorica, giusta per ossidare totalmente il combustibile), rispetto a quelli che bruciano male e rilasciano inquinanti maggiori, ma in una quantità di aria più alta, tanto da sembrare uguale agli altri. Il riferimento ad un 11% (media fatta su tutti i camini esaminati) serve a riportare gli inquinanti misurati in un camino ad un tot di ossigeno sempre uguale per tutti, cosicché chi brucia con l’ossigeno giusto (cioè con basse quantità nei fumi, ad esempio il 6%), si vedrà abbassare gli inquinanti, mentre chi immetterà un’elevata quantità d’aria e avrà nei fumi ad esempio ossigeno per il 21%, si vedrà aumentare (dai calcoli ARPA) gli inquinanti rispetto a quelli effettivamente misurati. Ritengo che la cosa sarebbe più giusta, così come sarebbe altrettanto giusta se l’ossigeno non fosse dell’11%, bensì del 6 o del 18%: la cosa non cambierebbe, purchè le misurazioni siano sempre adeguate ad un tenore di ossigeno sempre uguale per tutti, per cui se è stato fissato all’11%, teniamocelo così. È quindi logico, che un combustore (che ovviamente avrà al camino l’ossigeno contenuto nell’aria meno quello servito per ossidare i VOC), dovrà necessariamente essere riportato all’11%, aumentando il valore del VOC, tanto quanto andrà fatto per quell’inceneritore, caldaia o altro che ha un eccesso d’aria tale da avere nei fumi una quantità di ossigeno superiore all’11%. Se così non fosse, chi brucia bene, immettendo per esempio in atmosfera 35 mg/Nm3 di VOC con un ossigeno del 14%, magari perché brucia anche Metano o GPL, usando una parte o tutta l’aria inquinata di comburenza, abbassa la percentuale di ossigeno al camino. Chi invece brucia male, magari con il forno freddo ed immettendo ancora aria con il lavaggio dei bruciatori, emettendo magari lo stesso 35 mg/Nm3 di VOC, ha però un tenore di ossigeno al camino molto più elevato (esempio il 21%). I due esempi rientrano apparentemente nei limiti, ma in realtà, una volta elaborati all’11%, il primo è tranquillamente nei limiti, mentre il secondo è al di sopra dei limiti fissati.

Enzo Morandi (Centro Ricerche Toscano)

L’OSSIGENO NEI COMBUSTORI RIGENERATIVI

Normalizzare le emissioni dei combustori rispetto ad una percentuale di ossigeno di riferimento, scelta fatta dal legislatore per evitare diluizioni improprie dei fumi al fine di rientrare nei limiti di emissione, risulta essere alquanto controverso se applicato ad impianti di depurazione aria.
La formula utilizzata dal legislatore per la normalizzazione (vedi nota 1 al termine del testo), ricavabile da un banale bilancio di materia, rende di fatto inutile qualunque diluizione, in quanto non produrrebbe alcuna variazione nel valore di emissione normalizzato. L’effetto della normalizzazione, come mostrato anche nella lettera di Morandi, dovrebbe consentire di individuare gli impianti virtuosi a scapito di quelli maggiormente inquinanti. Lo “spirito” e l’applicazione pratica della normalizzazione sono comprensibili, ma non applicabili nei casi in cui bisogna depurare l’aria.
Nell’articolo citato da Morandi si fa riferimento ad un limite di emissione di VOC, imposto dalla Provincia di Pesaro, pari a 50 mg/Nm3, normalizzato ad un tenore di ossigeno nei fumi dell’11%.
Tale limite, per un RTO, è assolutamente inapplicabile. Per poterlo dimostrare facciamo riferimento ad un caso comune, lo stesso utilizzato nell’articolo:
– inquinante = etilacetato;
– concentrazione = 5 g/Nm3.

UN LIMITE DI OSSIGENO NON E’ APPLICABILE PER I COMBUSTORI CHE ABBATTONO LE EMISSIONI DI VOC

In queste condizioni un ossidatore rigenerativo funziona a bruciatori spenti, senza consumo di combustibile ausiliario e, quindi, senza aggiunta di aria di combustione. L’ossigeno consumato per l’ossidazione dell’etilacetato è 1.82 g/g; ciò significa che, considerando in ingresso un tenore di ossigeno del 21%, si avrebbe un tenore di ossigeno in uscita del 20.36% (vedi nota 2 al termine del testo).
Per poter rispettare il limite di emissione richiesto, l’analizzatore dovrebbe misurare al camino una concentrazione di VOC inferiore a 3.2 mg/Nm3!
Lo stesso calcolo, eseguito nel caso di concentrazione in ingresso pari a 3 g/Nm3, porterebbe ad una concentrazione massima accettabile al camino di 1.9 mg/Nm3!
Chiunque abbia un minimo di esperienza con impianti di questo tipo sa bene che stiamo parlando di emissioni assolutamente irreali. Per loro stessa conformazione gli RTO hanno dei limiti fisiologici, dovuti ai picchi di emissione che si verificano durante l’inversione dei flussi e solo gli impianti più progrediti riescono a garantire emissioni inferiori ai 10 mg/Nm3.
Apparentemente il problema sarebbe risolvibile innalzando i limiti di emissione per questo tipo di impianti, ma non è così. Come accennato, le emissioni di un RTO dipendono solo parzialmente dall’efficienza di combustione e dalla concentrazione di inquinanti in ingresso, mentre dipendono anche, ad esempio, dall’efficienza di lavaggio delle camere di rigenerazione; tale lavaggio è tanto più efficiente quanta più aria viene utilizzata, oltre che meglio distribuita, in contrasto con lo spirito della normalizzazione.
Inoltre la formula utilizzata per la normalizzazione diventa tanto più sensibile a piccole variazioni e tanto più inattendibile quanto più il tenore di ossigeno in uscita si avvicina al 21%.

ALCUNI ESEMPI PRATICI

Consideriamo alcuni esempi analizzando la tabella seguente, in cui si nota che la variabilità non è presente in impianti che hanno un tenore di ossigeno in uscita sufficientemente lontano dal 21%, caso che si verifica in tutti quei combustori che trattano correnti in cui non è presente ossigeno.

Inquinante Etilacetato Etilacetato Etilacetato Etilacetato
Concentrazione in ingresso (g/Nm3) 2 3 4 5
Ossigeno misurato (%) 20.75 20.62 20.49 20.36
Ossigeno di riferimento (%) 11 11 11 11
Emissione misurata (mg/Nm3) 20 20 20 20
Emissione normalizzata (mg/Nm3) 784 523 392 314

 

Nota 1
Es = 21 – Os 21 – Om x Em nella quale:
– Es è la concentrazione di emissione normalizzata, calcolata al tenore di ossigeno di riferimento;
– Em è la concentrazione di emissione misurata;
– Os è il tenore di ossigeno di riferimento;
– Om è il tenore di ossigeno misurato.

Nota 2
Si tratta di un valore teorico: in realtà, senza alcuna intenzione fraudolenta, nel sistema si aggiunge una piccola portata di aria per il lavaggio delle camere di rigenerazione e, in caso di eccesso di energia rigenerata, anche aria di raffreddamento. Il tenore di ossigeno effettivamente misurato sarà, quindi, leggermente superiore al 20.36% calcolato.