Il consumo del legno massiccio e dei prodotti da esso derivati nell’edilizia sta registrando un continuo aumento. Ciò sembra dipendere principalmente da una migliore conoscenza delle peculiarità di questo materiale naturale, che ha permesso una sua utilizzazione più efficiente. Inoltre, la generale maggior attenzione a una “gestione sostenibile” di tutte le risorse a nostra disposizione, ha fatto si che il legno nelle costruzioni abbia una posizione privilegiata nei confronti dei materiali alternativi.
Angelo Speranza – Catas
E’ un materiale molto abbondante e rinnovabile in tempi anche brevi (pioppo, eucalipti) e comunque nell’arco di una generazione. I boschi ben gestiti, i cui tagli non superano gli incrementi, rimangono una fonte inesauribile di materia prima. La deforestazione, che interessa alcuni Paesi in via di sviluppo, è dovuta essenzialmente all’agricoltura intensiva ed al bisogno energetico della popolazione, il cui livello di povertà è purtroppo elevato. Anche in queste zone si comincia a capire che la buona gestione del bosco può dare un ottimo reddito. Il legno ha un costo energetico di produzione di fatto trascurabile rispetto ai materiali concorrenti. Rimane un serbatoio dell’anidride carbonica fino a quando non viene bruciato e comunque anche allora il bilancio è in parità. Rispetto a quasi tutti i materiali concorrenti in edilizia, il legno è quello che risente maggiormente dell’umidità. Essendo un materiale fortemente igroscopico e per di più anisotropo, ha grande affinità con l’acqua e l’assorbimento o il rilascio di questa porta a variazioni delle dimensioni non omogenee nelle tre direzioni spaziali. Il suo contenuto di umidità ne influenza anche le proprietà meccaniche e la durabilità. Su questi aspetti vorremmo soffermarci.
CONTENUTO DI UMIDITÀ DEL LEGNO
E’ utile rammentare che quasi sempre vale questa affermazione e il suo inverso: “se variano le dimensioni e le forme di un elemento in legno, allora è variato il suo contenuto di umidità”. L’acqua può essere presente in un pezzo di legno in forma “liquida” o “legata” alle pareti delle cellule. La prima se ne va naturalmente, in modo rapido, una volta abbattuta la pianta, qualunque sia il clima (temperatura e umidità relativa dell’aria) in cui il legno è lasciato. La quantità della seconda, che rimane la sola presente al di sotto del valore convenzionale del 30% (punto di saturazione delle fibre – psf, alcuni autori fissano in 28% il contenuto di umidità del psf, invece del 30%), è in relazione con il clima in cui il legno è sottoposto e le sue variazioni sono lente, dipendendo sostanzialmente dalle dimensioni del pezzo e dalla sua struttura. Queste variazioni sono reversibili, cioè il legno perde umidità in un ambiente secco, la riacquista se posto successivamente in un ambiente con umidità relativa dell’aria più elevata e viceversa. Caratteristica questa importante, per esempio, qualora i rivestimenti interni di un ambiente siano di legno, in quanto li rendono molto più salubri: l’umidità dell’aria in eccesso viene assorbita dal legno, che la cede qualora l’ambiente diventi troppo secco. In questo senso si parla di contenuto di umidità del legno in equilibrio con il clima sovrastante. Esiste una correlazione tra la temperatura e l’umidità dell’aria e il contenuto di umidità del legno, ovvero l’umidità di equilibrio (vedi figura 1).
Da ciò ne consegue che per avere un’umidità di equilibrio al di sotto di certi valori (circa il 14%, alle nostre latitudini), si deve procedere con un’essiccazione artificiale del legno (vedi figura 2). Naturalmente questo valore viene raggiunto molto rapidamente in superficie su tutti i legni, più velocemente lungo la direzione assiale (quella dell’asse longitudinale della pianta) rispetto alla direzione trasversale, molto lentamente nello spessore e in modo diverso tra le varie specie, più velocemente in quelle a bassa massa volumica (densità).
COS’È E COME SI MISURA IL CONTENUTO DI UMIDITÀ DEL LEGNO
Il contenuto di umidità del legno, espresso percentualmente, è dato dalla massa d’acqua in esso presente, rapportato alla massa dello stesso legno anidro, cioè completamente privo di umidità. La sua misura può essere fatta in laboratorio disponendo di un forno e di una bilancia, pesando il provino tal quale (mu), mettendolo in forno a una temperatura leggermente superiore a 100 °C fino a massa costante (m0), essendo questa la massa anidra (UNI EN 13183-1).
Quindi il contenuto di umidità del legno è dato dall’espressione:
Operativamente si usano strumenti elettrici, che si basano sulle caratteristiche di resistenza (UNI EN 13183-2), o su quelle dielettriche (UNI EN 13183-3) del campione da misurare.
Sostanzialmente la resistenza e la costante dielettrica sono in funzione, oltre che dell’umidità, anche della specie legnosa (densità). Sono strumenti affidabili, se usati con attenzione e nei campi di misura consigliati, il cui costo può essere inferiore ai 400÷500 euro.
LA VARIAZIONE DEL CONTENUTO DI UMIDITÀ E LE VARIAZIONI DIMENSIONALI DEL LEGNO
Ricordiamo che una volta persa tutta l’acqua libera, il legno si mette in equilibrio con il clima dell’ambiente circostante: perde o acquista umidità a seconda delle condizioni dell’aria che lo circonda. Questo avviene sempre, anche se è necessario molto tempo per raggiungere uno stato di equilibrio completo. Anche i frammenti di legno dei reperti trovati nelle piramidi egiziane contenevano ancora umidità, che era in equilibrio con quella dei locali in cui erano custoditi, pur essendo trascorsi millenni da quando vi erano stati messi. Ma la perdita o l’aumento del contenuto di umidità, nell’intervallo che va dal punto di saturazione delle fibre al legno assolutamente secco, è accompagnata da, rispettivamente, un ritiro e un rigonfiamento del legno stesso. Poiché, come si è visto, il legno ha comportamenti differenti a seconda della direzione che si considera, anche i suoi movimenti sono differenti secondo le tre principali direzioni: longitudinale, tangenziale e radiale (vedi figura 3).
Longitudinalmente i movimenti si possono considerare trascurabili, salvo che i tessuti non siano anomali (legno giovanile e legno di reazione, per esempio). Tangenzialmente sono i più elevati, radialmente di minore entità rispetto alla direzione tangenziale. Quindi i movimenti del legno sono un fenomeno naturale al quale non si può porre rimedio se non con particolari trattamenti. L’entità di questi movimenti e il rapporto tra il movimento nella direzione tangenziale e quello nella direzione radiale dipendono dalla specie legnosa. Se si considera una rotella di legno (sezione trasversale del tronco), nella quale si vanno a ricavare degli elementi di sezione con forme geometriche differenti e poi si procede alla loro essiccazione, si possono fare le seguenti considerazioni (vedi figura 4):
l’elemento a sezione rettangolare, ricavato alla periferia della rotella si deformerà (imbarcherà) con la concavità verso la parte esterna, in quanto il ritiro sarà maggiore su quella faccia per la presenza di una maggiore umidità degli strati vicini all’alburno.
l’elemento a sezione quadrata ricavato vicino alla corteccia diventerà, una volta essiccato, di sezione romboidale, in quanto il ritiro in direzione tangenziale (tangente agli anelli di accrescimento) sarà maggiore che nella direzione a questa perpendicolare (radiale);
per lo stesso motivo una sezione circolare diventa ovale;
invece gli elementi a sezione rettangolare, ricavati con il loro asse che passa per il midollo, saranno gli unici che rimarranno con la geometria pressoché identica. In essi la direzione tangenziale corrisponde al lato corto del rettangolo; in questa direzione il ritiro è più elevato ma, in assoluto, è piccolo proprio perché è tale la dimensione iniziale.
Se si riporta nell’ascissa di un grafico il contenuto percentuale di umidità del legno e in ordinata il ritiro o il rigonfiamento, sempre in percentuale, possiamo notare che, fino al raggiungimento del contenuto di umidità corrispondente al punto di saturazione, tutte le specie legnose mostrano una linea orizzontale con un ginocchio corrispondente appunto al psf (circa il 30%), per poi scendere rapidamente fino allo zero. Le tre curve, che si possono tracciare per ogni legno, rappresentano il ritiro volumetrico, quello tangenziale, quello radiale e il ritiro longitudinale o assiale (vedi figura 5).
Il ritiro volumetrico può essere considerato, in prima approssimazione, come la sommatoria degli altri tre e fornisce un’indicazione della perdita di volume che un pezzo di legno subisce naturalmente in seguito alla sua essiccazione.
Se prendiamo il caso del legno di faggio (vedi figura 6), esso ha un ritiro volumetrico di circa il 20%; ciò starebbe a significare che un metro cubo di legno di faggio verde, se essiccato fino allo 0%, perderebbe il 20% del suo volume, che quindi diventerebbe di 0,800 m3.
Poiché vi è proporzionalità tra umidità del legno e ritiro, questo calcolo lo potremo fare facilmente anche fermandoci a umidità più alte, corrispondenti all’uso, e considerando, convenzionalmente, che il contenuto di umidità del legno nel psf sia del 30%. Allora, lo stesso metro cubo, essiccato al 10% di umidità, perderebbe “solamente” (30-10) x 20/30 = 13,3% del suo volume, cioè diventerebbe di 0,867 m3.
Tecnologia del legno
Il rapporto tra il ritiro totale (volumetrico, tangenziale o radiale) e il contenuto di umidità convenzionale o reale del punto di saturazione delle fibre è chiamato ritiro unitario ed è espresso in % per ogni variazione percentuale del contenuto di umidità del legno. Nelle tabelle riportate da vari testi di tecnologia del legno si trovano i ritiri assoluti (da verde ad anidro), quelli unitari (per ogni punto percentuale di variazione) e, in alcuni casi, quelli corrispondenti al legno in equilibrio in determinate condizioni di umidità relativa dell’aria a temperatura ambiente (un esempio è riportato nella figura 7). Inoltre, spesso si riportano anche i rapporti tra il ritiro tangenziale e radiale. Infatti, per valutare i movimenti del legno non sono importanti solamente i valori assoluti, ma anche il rapporto tra i ritiri nelle due direzioni: tanto è più prossimo all’unità tanto meno il legno si deformerà. Un rapporto elevato è la causa delle rotture a V delle sezioni trasversali, rotture che sono naturali e inevitabili in queste situazioni. Per concludere queste note tornando al titolo, è determinante, per un corretto utilizzo del legno anche nelle costruzioni, la conoscenza degli effetti del rapporto legno/umidità. Nella figura 8 sono indicati i contenuti di umidità consigliati a seconda degli utilizzi del legno. Così si potrà prevedere che il legno possa variare le sue dimensioni in funzione della modifica del suo contenuto di umidità dovuta al clima in cui il manufatto è posto, senza provocare danni e, non ultimo per importanza, evitare la formazione di ristagni di acqua e umidità, dovuti alla mancata areazione, ad altre carenze progettuali e/o al contatto prolungato con materiali, suolo, pareti umide, situazioni che ne provocano il rapido degrado.
Bibliografia
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G. Weugert, The wood doctor’s Rx
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A. Speranza, Legno & Umidità, CATAS Roberto Zanuttini, Nicola Macchione, Stefano Berti e altri: Legno, materiale rinnovabile, pubblicazione
Otto Suchsland, Ritiro e rigonfiamento del legno: abecedario pratico di tecnologia, traduzione a cura di A. Speranza, edito da CATAS