Da quasi 40 anni faccio questo mestiere, che mi consente di avere una posizione d’ascolto privilegiata. Incontro o parlo telefonicamente tutti i giorni con chi vende prodotti vernicianti, pistole, impianti, servizi e con chi li compra, i verniciatori. Tutti indistintamente lamentano ritmi di lavoro sempre più incalzanti, competitività commerciale sempre più aggressiva, margini di profitto sempre più risicati, a causa dei concorrenti che, non sapendo fare il mestiere di imprenditore, sanno usare solo la strategia del “prezzo basso”, arrivando a volte a vendere al prezzo di costo o addirittura in perdita.
Siccome dopo tutto questo tempo quasi tutte le aziende sono ancora in piedi, evidentemente gli operatori sopravvivono lo stesso, magari con più stress, con meno soldi, con qualche evasione fiscale o ambientale qua e là, risparmiando sulla ricerca, sugli investimenti e sulla qualità dei prodotti (vedi ad esempio il diffuso fenomeno dei diluenti truccati).
Potrebbe sembrare che sul settore della verniciatura pesi qualche “tara genetica”, ma in realtà i produttori di materie prime per vernici, che non operano in regime di monopolio (se qualcuno ha informazioni diverse può rivolgersi all’antitrust), fanno affari senza molti problemi, mentre gli anelli successivi della catena (dai produttori di vernice fino ai consumatori finali) sgobbano apparentemente di più guadagnando meno. Non essendo un economista lascio agli esperti l’onore e l’onere di spiegare l’arcano, mentre consiglio a tutti di leggere il libro del sociologo Domenico De Masi, “Ozio Creativo”, (edizione Rizzoli, Lit. 29.000).
L’autore contrappone le strutture aziendali fondate sull’iperattivismo sterile, che inducono all’ozio dissipativo, alienante, che fa sentire vuoti e inutili, alle aziende che invece sanno dare valore all’ozio creativo, attivo, che stimolando la libertà e la creatività dei suoi componenti sono in continuo sviluppo.
Al di là delle teorie sociologiche, condivisibili o meno, il libro stimola una riflessione sulle modalità produttive quantitative e forsennate, tipiche anche del nostro settore. Non si tratta solo di riflettere sul senso di questo continuo “sbattimento” (“…una volta – scrive l’autore – i ricchi riposavano e i poveri sgobbavano anche 15 ore al giorno; oggi al contrario imprenditori e manager corrono come matti e lavorano molto più dei loro dipendenti…”).
Ognuno, specie un imprenditore, è libero di decidere la qualità e la quantità di tempo da dedicare al lavoro e al tempo libero, ma il problema consiste nel fatto che si trova sempre meno tempo per inventare nuovi modi per produrre, per vendere, per fare ricerca, insomma per creare meccanismi diversi dai soliti “contenimenti dei costi.
Se è vero, come si ripete continuamente, che “sapere è potere”, e che il futuro sarà nelle mani di chi possiede il “know-how” (cioè la conoscenza, le informazioni), bisognerà pur trovare il tempo per incamerarlo questo sapere! E non illudiamoci di recuperare questo spazio sottraendolo al già risicato tempo libero: un imprenditore o un manager (ma anche un impiegato o un operaio motivato e coinvolto in un lavoro gratificante), hanno più possibilità di trovare nuove soluzioni ai problemi produttivi, amministrativi e commerciali passeggiando, facendosi una nuotata o leggendo un buon libro.
Utopie? Le sempre più numerose “lettere al direttore” che giungono in redazione, evidenziano uno sforzo di riflessione e analisi sul proprio lavoro e sui problemi che lo caratterizzano che costituisce un chiaro esempio di “ozio creativo”: se qualcuno ne ha tratto anche benefici pratici si faccia vivo.
Pierluigi Offredi
“Bisogna imparare a contaminare il lavoro con lo studio e il gioco, fino a fare dell’ozio un’arte raffinata, una scelta di vita, una fonte inesauribile di idee, che rappresentano un patrimonio inestimabile per lo sviluppo economico, sociale e civile”.
Domenico De Masi, sociologo
“Riposare? Riposarsi di che? Io quando voglio riposarmi suono il piano”
Arthur Rubinstein, pianista