La copertura della vernice

Pubblichiamo un articolo che riguarda la copertura della vernice su manufatti metallici, i cui contenuti sono interessanti anche per il nostro settore, in cui gli spessori applicati sono sono molto più alti e i prodotti con un “fuori polvere” più lento. Le miscele organico/ inorganico descritte in questo articolo sono “pericolose” anche nella verniciatura del legno, a causa della differenza di peso specifico e grado di sospensione/precipitazione, che spesso, quando si vuol chiudere il poro del legno, specialmente con prodotti poliesteri, provocano marezzature e bassa resistenza alla luce, che rendono sconsigliabile l’utilizzo di alcuni colori.

Carlo Rigolin

LA FUNZIONE DELLE VERNICI

Secondo una vecchia e nota definizione, un prodotto verniciante è “…una sostanza liquida che, stesa su una superficie in uno o più strati, essiccando, forma una pellicola che, aderendo alla superficie stessa, svolge un’azione protettiva nei confronti del manufatto e ne muta l’aspetto.” Quindi le vernici (o meglio, i prodotti vernicianti) che, d’ora in avanti, per comodità, indicheremo con la sigla PV, hanno la funzione di proteggere e decorare i supporti su cui vengono applicati.
Per decorare un oggetto, andando quindi di fatto a mutarne l’aspetto, un PV deve essere in grado di nasconderne la superficie. Questo avviene sia a livello di aspetto strutturale, in quanto i PV possono essere lisci, bucciati, lucidi, opachi ecc., sia a livello cromatico, in quanto vanno a cambiare il colore del manufatto verniciato. In questo articolo, parliamo di una caratteristica importante: la copertura La copertura della vernice (o potere coprente), cioè la capacità di una vernice di nascondere, mascherare lo strato sottostante.

LA COPERTURA DELLA VERNICE

Le sostanze in grado di fornire queste caratteristiche, sono i pigmenti. Per meglio comprendere quanto andremo ad esporre, vediamo brevemente come sono composte le vernici. Nelle formulazioni (o ricette) di tutti i PV sono contenuti i seguenti componenti:
– leganti (o resine);
– pigmenti;
– solventi (o sostanze volatili, non nelle vernici solide o in polvere);
– cariche;
– additivi.
Banalizzando, possiamo pensare che produrre una vernice sia come fare un dolce in casa:
– le uova sono il legante;
– farina e zucchero rappresentano cariche e pigmenti;
– l’acqua e il latte rappresentano i solventi che regolano la viscosità dell’impasto;
– gli additivi rappresentano la scorza di limone, il cacao, la vaniglia, il cucchiaio di caffè o liquore, cioè quelle sostanze che, in piccole quantità, mutano fortemente il “gusto”.
In fase di essiccazione, cioè quando il PV passa dalla fase liquida (come fornito) alla fase solida (pellicola), avviene l’evaporazione della frazione volatile (solventi, acqua) e resta la parte solida, composta dalla parte secca dei leganti, dalle cariche e dai pigmenti. Sia il secco delle resine che i pigmenti, sono relativamente poco coprenti, semitrasparenti, per cui, la capacità di coprire è data in maniera preponderante dai pigmenti.

Caratteristiche dei pigmenti
Colore: grigiastro, smorto, poco saturo nei pigmenti inorganici; pulito, acceso, saturo nei pigmenti organici.
Potere coprente: buono nei pigmenti inorganici; da medio a scarso nei pigmenti organici.
Potere colorante: basso nei pigmenti inorganici; alto nei pigmenti organici.
Resistenza alla luce: buona nei pigmenti inorganici; da media a scarsa nei pigmenti organici.
Resistenza ai solventi: buona nei pigmenti inorganici; da media a scarsa nei pigmenti organici.
Resistenza al calore: da media a buona nei pigmenti inorganici; da media a scarsa nei pigmenti organici.
Resistenza chimica: buona nei pigmenti inorganici; da media a scarsa nei pigmenti organici.
Costo: contenuto non elevato nei pigmenti inorganici; elevato nei pigmenti organici.

I PIGMENTI

I pigmenti sono particelle solide, insolubili nei solventi, con dimensioni che, generalmente vanno da 0,3 a 10 microns. La proprietà di essere insolubili nei solventi li differenzia dai coloranti, sostanze caratterizzate da elevato potere tinteggiante, ma generalmente con scarsa copertura, tant’è che non vengono utilizzati nelle comuni vernici. Oggi, quasi tutti i pigmenti impiegati nella fabbricazione dei PV sono sintetici, ossia non di origine naturale, ma fabbricati industrialmente.
La funzione di un pigmento all’interno di una pittura, può essere:
– ottica, in quanto definisce colore e copertura della vernice, cioè la capacità di mascherare il colore o l’aspetto del supporto sul quale viene applicato il PV;
– protettiva, con cui si intende la caratteristica del pigmento di opporsi al degrado del supporto, come per esempio la corrosione dei metalli (minio di piombo, cromato di zinco, oggi sostituiti da pigmenti meno dannosi per la salute e per l’ambiente come il fosfato di zinco), oppure di opporsi all’aggressione da parte di agenti atmosferici in grado di aggredire il supporto, come i raggi UV del sole;
– speciale, che definisce in genere pigmenti che danno effetti particolari, come i metallizzati, i micacei, i perlescenti, utilizzati prevalentemente nelle vernici per autovetture o per arredamento.
In base alla loro provenienza e natura chimica, i pigmenti si dividono nelle seguenti categorie:
– di origine naturale (poco utilizzati nei PV);
– sintetici organici;
– sintetici inorganici.
I pigmenti inorganici, grazie a buone proprietà generali, come facilità di impiego e costo contenuto, sono ampiamente utilizzati. Il più usato è il Biossido di Titanio, di colore bianco (esistente in due differenti tipologie per struttura cristallina: l’anatasio ed il rutilo), che ha ampiamente sostituito vecchi pigmenti come il litopone (composto da solfato di bario e solfuro di zinco) e l’ossido di zinco (con il quale sia la copertura della vernice sia il potere colorante sono scarsi, a causa di una certa tendenza a reagire con i leganti di natura alchidica). Malgrado abbia un migliore punto di bianco, l’anatasio è poco impiegato per la sua minore resistenza all’esterno.
Un altro gruppo molto utilizzato comprende gli ossidi e gli idrossidi di ferro nei colori giallo, rosso, bruno e nero, caratterizzati da buona resistenza alla luce, ai solventi e agli agenti atmosferici.
Il verde è l’ossido di cromo, mentre per i blu abbiamo il cosiddetto blu oltremare (solfo-silicato complesso di alluminio e sodio) e il blu di Prussia (o blu ferro) formato da ferrocianuri di ferro e potassio.
Oltre all’ossido di ferro nero, si utilizza anche il nerofumo, ottenuto raccogliendo il fumo proveniente dalla combustione del metano o dall’acetilene.
Catalogata tra i pigmenti inorganici, esiste una gamma di prodotti di cui le normative hanno limitato o vietato l’impiego, a causa della loro tossicità e nocività. I principali sono:
– i composti del piombo (minio, biacca, cromato e cromo-molibdato), i cromati di zinco e stronzio;
– il verde cromo (da non confondere con l’ossido di cromo);
– i solfuri e solfo-seleniuri di cadmio.
La famiglia dei pigmenti inorganici comprende anche quelli metallici, in forma di particelle lamellari, principalmente alluminio (utilizzato nei metallizzati) e zinco (impiegato per la realizzazione di pitture anticorrosive).
I pigmenti organici sono caratterizzati da colori molto vivaci, ottimo potere colorante, ma la copertura della vernice è scarsa, con costi decisamente più elevati rispetto agli inorganici. Le famiglie più utilizzate sono: disazoici, azoici, arilamidi, chinacridone, policiclici (ftalocianine e dioxazine) e pirolici (D.P.P e pyrazoli). Raramente sono impiegati come pigmenti unici, bensì in tinte derivate in unione con pigmenti inorganici (fanno eccezione le ftalocianine, verdi e blu, molto diffuse in quanto dotate di buona resistenza alla luce, anche in tinte derivate, con costi accessibili).
Una miscela molto usata è quella con il biossido titanio, sia per ottenere determinate tinte, sia per aumentare la copertura della vernice. Purtroppo, però, data la sua particolare fotosensibilità, questi può provocare il degrado dei composti organici presenti, per cui si può avere una perdita di colore nel tempo da parte del pigmento organico (viraggio di colore). Avviene quindi che pigmenti resistenti in tinta piena, lo siano molto meno nelle tinte derivate. Chi non è a conoscenza di questi processi, tende superficialmente ad utilizzare piccole quantità di questi pigmenti per vivacizzare una tinta, convinti che, anche se sono pigmenti poco resistenti, data la loro bassa percentuale di impiego, non ci saranno particolari problemi di tenuta nel tempo. Invece proprio questo provoca veloci e importanti variazione della tinta ottenuta.
Alcune tipologie di pigmenti non subiscono questo tipo di degrado, come i chinacridoni e l’isolindolinone, per altro materiali dal prezzo molto elevato. Come anticipato in apertura, la copertura della vernice(o potere coprente) è la capacità di un PV di mascherare otticamente la superficie sottostante. Tanto più è elevata, minori sono i tempi di esecuzione (applicazione) e minore è lo spessore necessario per ottenere l’effetto desiderato.
Nella figura 1 sono riprodotti a confronto alcuni pigmenti di diversa natura, tal quali e in taglio con biossido di titanio bianco, da cui è possibile valutare il punto tinta.
Nella figura 3 sono riprodotti due lamierini con fondo a scacchi bianchi e neri, su cui sono stati applicati due PV a spessore crescente; è evidente come il maggiore spessore renda la copertura della vernice maggiore, fino a nascondere completamente il fondo (sono necessari circa 100 microns per il giallo e non meno di 150-160 microns per il rosso).


Fig. 1 – Confronto alcuni pigmenti di diversa natura, tal quali e in taglio con biossido di titanio bianco, da cui è possibile valutare il punto tinta.


Giallo ossido                    Giallo limone

Fig. 2 – Confronto tra due p.v. formulati con un ossido di ferro giallo e con un giallo organico esente da metalli pesanti, applicati su cartoncino a contrasto: oltre alla differenza di tonalità, si nota la diversa copertura che li contraddistingue


Fig. 3 – Lamierini con fondo a scacchi bianchi e neri, su cui sono stati applicati due PV a spessore crescente: il maggiore spessore conferisce al film una maggiore copertura, fino a nascondere completamente il fondo

Da questo esempio, potrebbe scaturire una prima semplice e facile considerazione: in fase di applicazione si devono applicare tante mani fino a quando si ottiene la totale copertura! In realtà non è così, perchè aumentando eccessivamente gli spessori si va incontro ad alcuni spiacevoli inconvenienti, come il rallentamento dei tempi di essiccazione e indurimento, nonchè all’allungamento dei tempi di esecuzione, con inevitabile aumento dei costi di lavoro.
Un’altra considerazione che viene spesso fatta, è che se la copertura della vernice non è sufficiente, è perchè contiene poco pigmento, per cui è sufficiente/necessario aumentarne la quantità in ricetta. Anche questo è vero solo in parte, in quanto la percentuale di pigmento all’interno di un formulato non può essere portata oltre certi livelli, sia per non sbilanciare la formulazione, sia perchè il potere coprente dei pigmenti è proporzionale alla quantità fino ad un certo punto (oltre certi valori, la copertura della vernice non aumenta più) e, cosa non trascurabile, perchè si avrebbe un altissimo aumento dei costi, senza arrivare comunque al grado di copertura richiesto.
In base alle caratteristiche che abbiamo visto, il problema della copertura è meno sentito per i colori a base di pigmenti inorganici (ossidi), mentre è più sensibile per le tonalità accese (arancio, rosso vivo, giallo limone e giallo sole), soprattutto nelle tinte formulate con pigmenti esenti da metalli pesanti (Cromo e Piombo), caratterizzati da scarsa copertura ed elevati costi.

UTILIZZO DEI PIGMENTI CONTENENTI PIOMBO: NUOVI SCENARI

Sono ormai in vigore alcune disposizioni a livello comunitario, atte a limitare (se non ad eliminare completamente) le sostanze particolarmente dannose per la salute e pericolose per l’ambiente, come per l’appunto i composti di Piombo. Con il Regolamento per la classificazione delle sostanze pericolose (CLP), i pigmenti a base di sali di piombo sono stati classificati come “cancerogeno” (cat. 1B) e “tossico per la riproduzione” (cat. 1A) ed inclusi nell’allegato XIV del Regolamento REACH, come sostanze che possono causare gravi danni alla salute umana e all’ambiente, per cui possono essere utilizzate solo dopo rilascio dell’autorizzazione per quel determinato uso dalla Commissione europea.
L’inclusione nell’allegato XIV è avvenuta con il Regolamento 125/2012, pubblicato il 15 febbraio 2012 che stabiliva le seguenti scadenze:
– 21 novembre 2013 = data ultima di trasmissione del dossier di autorizzazione all’ECHA (Agenzia Europea delle sostanze chimiche);
– 21 maggio 2015 = data oltre la quale non potranno più essere utilizzati pigmenti contenenti piombo senza autorizzazione.
Non solo la legislazione europea, ma anche quella italiana sta andando nella direzione atta all’eliminazione dal mercato delle sostanze pericolose (cancerogene, tossiche, mutagene), per tutelare la salute umana e l’ambiente (Direttiva RHOS, DdsRegione Lombardia n. 8213, ASL tutela dei lavoratori). Quindi ormai il piombo è sparito dai cicli produttivi, per cui bisogna tenerne conto nella scelta delle tinte, sia per quanto concerne l’aspetto tecnico/applicativo, per le tenute ed anche per i costi che ne derivano.

COSTI

Per avere un indice significativo dei costi, prendiamo alcune paste concentrate a base di pigmenti contenenti ed esenti Piombo (vedi tabella 2). A livello di prodotto finito, prendiamo uno smalto formulato in alcune tinte critiche, con pigmenti contenenti Piombo e diverse tipologie di pigmenti esenti da Piombo. Fatto 100 il prezzo del prodotto con Piombo, vediamo gli scostamenti medi che si ottengono formulando la stessa tinta con pigmenti alternativi esenti da Piombo (vedi tabella 3). A livello di costi, l’unica alternativa economica si evidenzia con le tinte formulate con gli Hansa, con la forte limitazione della loro tenuta all’esterno e soprattutto agli aggressivi chimici e ai solventi:

– i pigmenti organici esenti da piombo “Hansa”  giallo limone e arancio sono 2-3 volte più cari dei pigmenti con piombo;
– i nuovi pigmenti esenti da piombo sono 6-10 volte più cari dei pigmenti con piombo;
– le paste esenti da piombo con pigmenti “Hansa” sono del 5-10% più care di quelle con piombo;
– le paste esenti da piombo con nuovi pigmenti sono del 50-75% più care di quelle con piombo.

RESISTENZA AGLI AGENTI ATMOSFERICI

Un aspetto da non trascurare, nella scelta dei PV, è la resistenza all’esterno. La luce del sole è composta da 3 tipi di onde elettromagnetiche: ultravioletta (UV), visibile, infrarosso (IR). La radiazione UV è caratterizzata da alta frequenza e minore lunghezza d’onda, ed è per questo che è la più aggressiva e più dannosa, sia per le cose che per gli esseri viventi. Pertanto, l’esposizione all’esterno di manufatti verniciati, porta inevitabilmente ad un degrado del film, provocato dalla rottura dei legami chimici che compongono i PV, con formazione di radicali liberi che, scindendosi e riaggregandosi, portano ad un decadimento delle proprietà dei rivestimenti organici. Oltre che nei confronti del film, i raggi UV hanno una forte azione distruttiva nei confronti dei pigmenti, soprattutto quelli di origine inorganica.
Come è ampiamente risaputo, molti pigmenti organici hanno una scarsa tenuta all’esterno, soprattutto in taglio. E’ importante sottolineare che la tenuta alla luce di un film dipende sia dal tipo di legante, sia dal tipo di pigmentazione impiegata; un pigmento poco resistente tenderà a virare di tinta anche in un PV molto resistente. Si tratta di due fenomeni differenti: un Pv con pigmenti resistenti alla luce, ma con veicolo scarsamente resistente, tenderà a “sfarinare”, ma non si avrà sbiancamento a livello di pigmentazione.

La resistenza all’esposizione dei diversi smalti allo xenotest è la seguente:

– paste concentrate Franchi&Kim giallo1 con piombo tono caldo = 6 (500 ore); 7,3 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim giallo2 con piombo tono freddo = 4,2 (500 ore); 6,5 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim gialloHansa = 1,3 (500 ore); 2,9 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim arancio con piombo = 0,7 (500 ore); 1,1 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim arancioHansa = 3,3 (500 ore); 8,7 (1000 ore)

– paste concentrate Franchi&Kim con nuovi pigmenti esenti piombo ad elevata resistenza giallo tono caldo = 1,3 (500 ore); 1,7 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim con nuovi pigmenti esenti piombo ad elevata resistenza giallo tono freddo verdastro = 1,4 (500 ore); 1,5 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim con nuovi pigmenti esenti piombo ad elevata resistenza giallo tono freddo verdastro = 0,4 (500 ore); 0,6 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim con nuovi pigmenti esenti piombo ad elevata resistenza arancio1 = 0,5 (500 ore); 0,8 (1000 ore)
– paste concentrate Franchi&Kim con nuovi pigmenti esenti piombo ad elevata resistenza arancio2 = 0,5 (500 ore); 0,7 (1000 ore)

– vernice concorrente1 giallo organico = 2,6 (500 ore); 9,6 (1000 ore)
– vernice concorrente1 giallo organico = 1,5 (500 ore); 2,7 (1000 ore)
– vernice concorrente1 arancio organico = 0,6 (500 ore); 0,9 (1000 ore)

– vernice concorrente2 giallo organico = 3,5 (500 ore); 5,5 (1000 ore)
– vernice concorrente2 giallo organico = 0,6 (500 ore); 1,8 (1000 ore)
– vernice concorrente2 arancio organico = 1,3 (500 ore); 1,5 (1000 ore)

I risultati dei test di tenuta, sono stati eseguiti sottoponendo allo Xenotest un PV (smalto poliuretanico industriale) formulato con una serie di pigmenti, utilizzati da Franchi & Kim, con e senza Piombo, a confronto con analoghi PV reperibili sul mercato prodotti da primarie aziende concorrenti. Il valore ottenuto dopo l’esposizione è espresso in delta E, che misura la variazione di tinta: maggiore è il valore e maggiore è il viraggio di colore, quindi minore sarà la tenuta all’esterno. In base ai risultati, vediamo come le tonalità ottenute con le nuove paste concentrate F&K diano degli eccellenti risultati, con Delta E intorno a 1 (inferiore a 2) anche dopo 1.000 ore di esposizione.
Si tenga conto che il fattore di conversione è circa 10-15, per cui l’esposizione di 1.000 ore allo Xenotest corrisponde, indicativamente, a 10-15.000 ore di esposizione all’esterno, quindi circa 18-24 mesi.


Fig. 4 -Pannelli verniciati e sottoposti a Xenotest


Fig. 5

QUINDI CHE FARE?

Come abbiamo detto, per migliorare la copertura della vernice (soprattutto se contiene pigmenti organici), non è sufficiente aumentare fortemente la percentuale di pigmento (operazione per altro molto costosa) o applicare numerose mani (operazione sempre costosa e rischiosa anche tecnicamente, in quanto si va a rallentare il grado di essiccazione, soprattutto in profondità): bisognerà, molto semplicemente, applicare il PV su fondi di colore bianco! Nella figura 5 è stata riprodotta l’applicazione di due smalti di uguale tinta e con lo stesso spessore secco, ma con diverso grado di copertura. Si può notare come sul fondo bianco (nella parte bassa dei cartoncini), la diversa copertura non incida assolutamente sulla tonalità del colore percepito (perché il bianco è un componente del colore giallo), mentre sul fondo nero la tinta che si percepisce cambia molto, in quanto il nero va a modificarla. Per esemplificare, è come se si mettessero alcune gocce di bianco o di nero nel giallo: nel primo caso non si sposta la tinta, mentre alcune gocce di nero sono sufficienti per modificarla, dandole una componente verdastra. In pratica, significa che, a diverso spessore (quindi a diversa copertura), su un fondo bianco o (molto chiaro) non si avverte nessuna differenza cromatica, mentre su un fondo scuro si noteranno le ombreggiature dovute ai diversi spessori applicati. In pratica, applicando un prodotto poco coprente su un fondo scuro, verranno a notarsi le differenze di spessore tra le parti più o meno caricate, ma anche gli spigoli vivi, dove il film tende ad aprirsi.
E’ molto diffusa la convinzione che, sotto ad uno smalto giallo limone, sia necessario applicare un fondo giallo ossido, oppure sotto a smalti rosso vivo o arancio, sia meglio utilizzare fondi di colore rosso ossido. Queste tonalità vanno ad interferire con i colori delle finiture, creando lo stesso effetto di chiazzature scure. Un altro accorgimento utile è quello di applicare una prima mano molto leggera e poi una seconda più carica (seguita, se necessario, da una terza), proprio per consentire al PV di “attaccarsi” evitando di “scivolare” scoprendo gli spigoli. Spesso, infatti, si tende a verniciare con numerose mani molto cariche, magari senza diluire il PV perchè così si pensa di coprire di più, con il risultato di rimuoverle una con l’altra, favorendo lo scivolamento del film bagnato.

CONCLUSIONI

Nella scelta di un PV, quindi, è importante preferire il prodotto con la copertura della vernice più alta. A parità di caratteristiche tecnico/applicative, essi consentono di ottenere la copertura della vernice con minori spessori, spesso richiedendo un minor numero di mani. Questo si traduce in un vantaggio economico, in quanto permettono l’esecuzione del lavoro con una minor quantità di PV e di tempo. Nel caso di tinte particolarmente vivaci, utilizzando PV con pigmenti esenti da Pb, la scelta è verso quelli a maggiore copertura e, per manufatti destinati all’esterno, a maggiore resistenza ai raggi UV, sapendo che, comunque, i pigmenti a base di Pb, sono sicuramente inarrivabili da un punto di vista di equilibrio prezzo/potere coprente.
Per dare un indice di valutazione, abbiamo assegnato alle varie formulazioni un punteggio, tenendo conto solo di tre fattori: il prezzo, il grado di copertura e la resistenza all’esterno (escludendo da questo conteggio la nocività e la pericolosità dei pigmenti di Piombo e i costi correlati alla gestione di questi composti). Da questo emerge che è possibile ottenere buone performance anche per le tinte formulate con i pigmenti esenti da piombo.
A livello applicativo, valgono le indicazioni fornite: è meglio utilizzare nel ciclo di verniciatura fondi/antiruggini di colore bianco e procedere con mani leggere intervallate, evitando di applicare mani troppo cariche di PV eccessivamente denso.
Sul piano economico, come sempre, il costo dei PV deve essere valutato non a chilogrammo, bensì a metro quadrato, valutando cioè quanto incide il costo per ogni metro di superficie verniciata, in totale copertura, facendo attenzione anche al grado di resistenza del film applicato.

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