L’odore del legno, in termini scientifici, è il frutto delle emissioni di sostanze organiche volatili
Franco Bulian – CATAS
PREMESSA
Quando consideriamo le caratteristiche “sensitive” del legno, oltre al suo aspetto visivo, nobile e familiare, oltre alla piacevole sensazione tattile che produce quando lo sfioriamo, dovremmo considerare a ragione anche il suo odore. Il profumo del legno, infatti, che varia comunque moltissimo in funzione della specie considerata, produce normalmente sensazioni piacevoli che richiamano la natura, i boschi, l’ambiente ma che possono anche risvegliare in noi ricordi legati al lavoro delle vecchie falegnamerie alle stanze di antichi palazzi, un profumo che è dunque anche un richiamo profondo alla cultura e alla storia dell’umanità.
In termini meramente scientifici questi aromi sono evidentemente il frutto dell’emissione di sostanze organiche volatili che dal legno passano all’aria giungendo quindi fino alle nostre narici e conseguentemente alle cellule olfattive che ci consentono di percepirne la presenza.
La conoscenza delle sostanze volatili che vengono emesse dal legno è oggi un tema assai rilevante che, al di là degli aspetti sensoriali e culturali sopra citati, riguarda soprattutto la qualità dell’aria che respiriamo.
Come ben sappiamo, norme, leggi e regolamenti di vario tipo puntano oggi l’attenzione sugli effetti delle potenziali emissioni di sostanze volatili dai materiali che ci circondano, imponendo conseguentemente delle limitazioni in termini qualitativi e quantitativi.
Sapere quindi quali sostanze vengono emesse da un pezzo di legno, può essere utile sotto diversi punti di vista, primo fra tutti quello di conoscere e debitamente considerare queste emissioni naturali, proprio quando si propongono o si definiscono delle limitazioni in tal senso all’interno dei vari tavoli normativi e legislativi nazionali ed internazionali: essere preparati aiuta sempre a non sbagliare!
L’ORIGINE DELLE EMISSIONI
Il legno emette varie tipologie di sostanze organiche volatili, in quantità assai variabili a seconda della specie legnosa considerata, ma con una sensibile differenziazione, come vedremo in seguito, tra conifere e latifoglie.
Una prima importante considerazione riguarda tuttavia la suddivisione tra quelle che possiamo classificare come emissioni primarie, ovvero dipendenti da sostanze che il legno direttamente produce per le sue attività vitali, e quelle invece che possono essere considerate come emissioni di tipo secondario. Queste ultime sono emissioni che derivano da fenomeni degradativi (ad esempio da ossidazioni o da processi idrolitici) che avvengono a carico di determinati componenti del legno.
Per effetto dell’interazione con l’ossigeno, della temperatura, delle radiazioni elettromagnetiche e di altri fattori degradativi, si possono dunque formare alcune determinate sostanze volatili direttamente dalla lignina, dai componenti cellulosici e da altre sostanze complesse che costituiscono il legno.
Questa osservazione ci porta già ad una prima importante riflessione, che riguarda la durata temporale di entrambe le tipologie di emissioni citate; le sostanze organiche volatili primarie non vengono infatti più prodotte dal legno dopo che l’albero è stato tagliato e pertanto, sebbene il loro rilascio potrà essere inizialmente anche elevato, tuttavia si ridurrà progressivamente, tendendo praticamente a zero nel corso di qualche mese o di qualche anno.
Per contro, le emissioni iniziali delle sostanze organiche volatili di tipo secondario sono solitamente più basse, ma potranno tuttavia continuare per un periodo temporale molto più lungo dato che, come visto, le stesse possono tendenzialmente generarsi continuamente all’interno del legno per effetto dei fenomeni degradativi citati.
Sempre in riferimento alla differenziazione tra sostanze primarie e sostanze secondarie, risulta evidente che le lavorazioni o i trattamenti a cui è sottoposto il legno (ad esempio il suo riscaldamento nella produzione di pannelli o nel termotrattamento), possono da un lato accelerare la rapida fuoriuscita delle sostanze emissive primarie e, dall’altro, favorire invece la formazione delle secondarie.
Esaminiamo dunque in dettaglio quali sostanze appartengono alle emissioni primarie e quali sono invece quelle di tipo secondario, cercando anche di derivare qualche importante informazione di tipo pratico.
LE EMISSIONI PRIMARIE E LE EMISSIONI SECONDARIE
Emissioni primarie
Le emissioni primarie, quelle che si originano in seguito alla presenza di sostanze prodotte direttamente dal legno per svolgere le sue funzioni metaboliche (in particolare i terpeni), sono di gran lunga le più rilevanti, sebbene riguardino quasi esclusivamente i legni di conifera, che contengono, in particolare, diversi terpeni e diversi derivati terpenici.
I terpeni e i terpenoidi
I terpeni, che chimicamente sono degli idrocarburi derivati dell’isoprene, svolgono varie funzioni nelle piante, tra cui quella di agire come repellenti contro le possibili aggressioni biologiche.
I terpenoidi sono invece dei terpeni modificati dalla presenza di particolari gruppi chimici (ossidrilici, carbossilici) o di altri elementi chimici (ad esempio l’azoto).
Tra i terpeni più rilevanti in termini di emissioni dal legno è possibile menzionare: il pinene (alfa e beta), il carene, il limonene, il canfene, il fellandrene e il terpinolene
Le varie specie legnose, fondamentalmente le conifere, contengono quantità variabili di queste sostanze ma, a parità di specie legnosa, la concentrazione di terpeni è solitamente maggiore nel durame (la parte interna più vecchia del tronco) rispetto all’alburno.
Inoltre, dato che, come noto, i terpeni sono normalmente concentrati nei canali resiniferi, le emissioni di queste sostanze possono essere assai variabili, in dipendenza dello specifico pezzo di legno campionato.
Emissioni secondarie
Come già ricordato, le emissioni secondarie derivano dal degrado dei componenti complessi di cui è costituito il legno, che producono, per effetto di varie tipologie di reazioni (ossidazioni, idrolisi), dei composti più semplici a basso peso molecolare, che evaporano quindi facilmente in aria.
Dal punto di vista chimico si tratta normalmente di acidi carbossilici, di aldeidi, di alcoli e di qualche altra tipologia di sostanza organica.
L’emissione di sostanze secondarie è in genere maggiore nel caso dei legni di latifoglia rispetto a quelli di conifera, in conseguenza di alcune differenze chimiche che caratterizzano i loro componenti.
L’emissione di acido acetico, ad esempio, è generalmente più rilevante nelle latifoglie rispetto alle conifere, a causa della maggiore quantità di gruppi acetilici (-COCH3) presenti
nell’emicellulosa di queste specie.
Inoltre, contrariamente a quanto osservato per l’emissione dei terpeni dalle conifere, in questo caso le emissioni secondarie sono maggiori per l’alburno rispetto al durame.
Acidi
Gli acidi carbossilici emessi dal legno sono rappresentati prevalentemente dall’acido acetico, mentre altri acidi come l’esanoico e il formico possono essere emessi in concentrazioni decisamente inferiori.
Le latifoglie, come ad esempio il rovere e il ciliegio (frequentemente utilizzati nel settore dell’arredo), emettono quantità di acido acetico considerevolmente più elevate rispetto ai legni di conifera (l’acido acetico è facilmente rilevabile dall’odore del rovere appena tagliato).
Quest’evidenza deriva dalla formazione dell’acido acetico, conseguente all’idrolisi e alla scissione dei gruppi acetilici (deacetilazione) della lignina e dell’emicellulosa.
Aldeidi
Le aldeidi alifatiche sono principalmente prodotte dall’ossidazione degli acidi, derivante dall’idrolisi delle sostanze grasse contenute nel legno e si formano soprattutto se il legno è sottoposto a trattamenti ad alte temperature.
Una particolarità delle aldeidi è quella di essere normalmente contraddistinte da odori intensi, che possono quindi fortemente caratterizzare alcuni pannelli a base legno o il legno stesso, se sottoposto a trattamenti termici.
L’esanale rappresenta l’aldeide potenzialmente emessa in maggior quantità dal legno, a cui seguono l’acetaldeide, il propanale, il butanale, il pentanale, l’eptanale e la stessa formaldeide.
Anche l’emissione di furfurale può essere a volte rilevata, benchè questo composto ciclico si formi normalmente in seguito a fenomeni degradativi, che avvengono a carico della cellulosa e dell’emicellulosa a temperature abbastanza elevate.
Per ciò che riguarda la formazione di formaldeide, studi specifici dimostrano come essa derivi principalmente dalla decomposizione della lignina, benchè si possa teoricamente formare anche dalle componenti polisaccaridiche del legno (emicellulosa e cellulosa) e anche da alcuni estrattivi eventualmente presenti in determinate specie legnose.
Il trattamento del legno ad alta temperatura e l’elevato contenuto di umidità favoriscono anche la formazione della formaldeide.
Altri COV emessi legno: alcoli, chetoni, idrocarburi, eteri ed esteri
Il metanolo risulta rappresentare un’importante emissione per diverse specie legnose, principalmente per le latifoglie come il frassino, il faggio, l’acero il rovere e il ciliegio.
Emissioni di etanolo sono state anche osservate per il faggio e in quantità minori per il rovere e la betulla.
Emissioni di chetoni, come l’acetone, sono state rilevate analizzando campioni di betulla, pino, abete rosso, faggio e rovere.
Alcuni alchilfurani, sono stati anche trovati, seppur in basse concentrazioni, nelle emissioni della maggior parte dei legni di latifoglia.
Sempre per effetto dei trattamenti ad alta temperatura, si sono osservate anche emissioni di altre sostanze come idrocarburi alifatici ed aromatici, fenoli ed esteri.
CONCLUSIONI
Questo breve articolo, basato su dati di letteratura e su esperienze dirette del Catas, testimonia innanzitutto come il tema delle emissioni di sostanze organiche volatili dal legno e dai suoi derivati sia abbastanza complesso.
Alcune delle riflessioni sopra riportate possono comunque far comprendere determinate dinamiche e certe situazioni rilevate o rilevabili a carico dei materiali legnosi impiegati nel settore legno-arredo.
Per maggiori approfondimenti su questi aspetti si rimanda comunque alla letteratura riportata in bibliografia.
Come già accennato nell’introduzione, riteniamo che la conoscenza di questi temi sia fondamentale per gestire in modo razionale anche la delicata questione dei limiti da imporre alle emissioni di sostanze organiche volatili dai materiali che ci circondano; è infatti necessario disporre di dati tossicologici per stabilire delle soglie di esposizione e di emissione.
Procedere sulla base dell’emozione, che le tematiche sulla sicurezza sempre destano, o peggio ancora dell’opportunismo, può innescare conseguenze negative sull’intero comparto del legno e dell’arredo con il rischio ulteriore di privarci anche di quelle piacevoli e benefiche sensazioni che ci offre il legno con il suo delicato profumo.
BIBLIOGRAFIA
Bulian F., Fragassa C., (2016), VOC Emissions From Wood Products and Furniture: a Survey About Legislation, Standards and Measures Referred to Different Materials, FME Transactions 44, 358-364 (2016)Thakeow P., Holighaus G., Schultz S. (2007). Volatile organic compounds for wood assessment. in Kules U editor. Wood production, wood technology and biotechnological impacts. Universitatsverlag Gottingen. Gottingen pp. 197-228