Il legno è un materiale organico estremamente variabile non solo tra specie diverse, ma anche nell’ambito della stessa specie e i suoi comportamenti, a seguito della levigatura, possono essere molto diversi…
Il legno è un materiale organico estremamente variabile non solo tra specie diverse, ma anche nell’ambito della stessa specie. I suoi comportamenti, a seguito di determinate sollecitazioni o lavorazioni, quali la levigatura, possono essere molto diversi ed in qualche caso pregiudizievoli per lo scopo per il quale viene impiegato. La conoscenza elementare della sua struttura, dei suoi componenti e dei semilavorati suoi derivati, può essere molto utile per prevenire e capire certi comportamenti durante il suo impiego, siano essi difetti di stabilità dimensionale, di lavorabilità del legno o di risposta alla levigatura e verniciatura.
LEGNO E LEVIGATURA: ANATOMIA E FISIOLOGIA
Il legno, quando costituisce materia prima impiegata nelle lavorazioni industriali ed artigianali, deriva essenzialmente dalla segagione dei fusti degli alberi; le parti relative ai rami servono prevalentemente come materiale da combustione, mentre le radici non trovano apprezzabile impiego. Per accedere allo studio e alla comprensione della struttura del legno, sia da un punto di vista macroscopico che microscopico, è opportuno distinguere le tre sezioni principali in cui un fusto può essere suddiviso, prendendo come riferimento l’asse di accrescimento (vedi figura 1.01 e 1.02):
• la sezione trasversale, ottenuta praticando un taglio perpendicolarmente all’asse del fusto
• la sezione longitudinale radiale, ottenuta mediante un taglio longitudinale passante per il centro del tronco
• la sezione longitudinale tangenziale, che deriva da un taglio longitudinale tangenziale ad un anello di accrescimento, non passante per il midollo.
Esaminando un fusto nelle tre sezioni, si possono osservare principalmente dall’esterno verso l’interno (vedi figura 1.03):
• la corteccia, che svolge una funzione protettiva dei tessuti interni
• il libro o floema, attraverso cui discende la linfa elaborata dalle foglie
• il cambio, la cui funzione è di generare libro verso l’esterno e legno verso l’interno
• il legno o xilema propriamente detto, composto da una serie di anelli di accrescimento sovrapposti, formatisi grazie all’attività del cambio che, per quanto
riguarda le piante dei climi temperati, sono il risultato dell’attività annuale della pianta.
Mentre nelle conifere il legno primaverile è più chiaro rispetto a quello tardivo, nelle latifoglie le differenze cromatiche sono meno evidenti; in talune specie però la distribuzione della porosità può essere maggiore nel legno primaverile, che sì distingue in questo modo dal legno autunnale, più compatto e meno poroso. In un fusto la porzione più vecchia del legno è quella posta all’interno e prende il nome di durame, un tessuto non più vitale che svolge solo la funzione di sostegno.
La parte periferica invece prende il nome di alburno e in esso avvengono le importanti funzioni di trasporto della linfa “grezza” e di immagazzinamento delle sostanze di riserva.
La struttura microscopica del legno e l’influenza sulla levigatura
Nella zona interna del fusto, quella costituita dal durame, le cellule svolgono soltanto funzione di sostegno; al loro interno sono avvenute delle trasformazioni che hanno portato alla scomparsa degli zuccheri, degli amidi e delle sostanze amilacee, mentre spesso si rinvengono fenoli, polifenoli, tannini ed altre sostanze. Questi composti chimici conferiscono al durame la sua tipica colorazione, più scura rispetto all’alburno, e sono in grado di svolgere un’efficace azione protettiva nei confronti degli agenti biologici di degradamento del legno: gli insetti ed i funghi. La maggior lignificazione delle cellule che costituiscono il durame, rende inoltre questa parte del fusto più stabile e più pregiata per le lavorazioni. Elemento fondamentale della cellula legnosa è la parete cellulare, costituita essenzialmente da cellulosa e lignina, oltre ad emicellulose ed estrattivi. La cellulosa, sotto forma di microfibrille filiformi, conferisce alla parete cellulare notevole resistenza alla trazione longitudinale, mentre la lignina, presente in molecole di forma sferica, rende la parete cellulare dura e resistente alla compressione.
Il legno delle conifere (Gimnosperme)
Il legno di conifera è definito “omoxilo”, in quanto le funzioni di conduzione e di sostegno sono svolte dallo stesso tipo di cellula: le tracheidi. Le cellule che costituiscono il legno primaticcio sono caratterizzate dall’avere parete sottile e lume cellulare ampio, dovendo assicurare un abbondante passaggio di linfa grezza, mentre quelle formanti il legno tardivo presentano parete spessa e lume stretto. Conseguenza diretta di queste caratteristiche citologiche è la marcata differenziazione nella successione degli anelli di accrescimento. I raggi parenchimatici del legno delle conifere sono prevalentemente costituiti da una sola fila di cellule sovrapposte, e vengono perciò definiti “uniseriati”. Nel legno delle gimnosperme è frequente trovare canali resiniferi, che presentano sia andamento assiale sia radiale (vedi figura 1.04).
Il legno delle latifoglie (Angiosperme)
Il legno delle angiosperme è definito “eteroxilo”, in quanto vi si trovano cellule specializzate nella funzione del trasporto, e cellule specializzate nella funzione di sostegno, oltre a cellule parenchimatiche e a cellule secretrici. I vasi sono le cellule specializzate nella funzione del trasporto e presentano un lume cellulare generalmente ampio; la loro distribuzione all’interno dell’anello annuale é variabile. In alcune specie (Rovere, Olmo, Frassino, Castagno) i vasi sono tutti raccolti nella zona di legno primaticcio, che quindi presenta un aspetto poroso visibile anche ad occhio nudo, (legno formante anello poroso); in altre (Ciliegio, Susino) i vasi sono presenti in tutta l’ampiezza dell’anello, anche se maggiormente concentrati nel legno primaverile; infine in altre ancora (Noce, Platano, Faggio,Acero) sono uniformemente distribuiti sia nel legno primaticcio, sia in quello tardivo (legno a porosità diffusa).
Le fibre, che assolvono il compito del sostegno meccanico, generalmente rappresentano la maggior parte del legno. Le cellule parenchimatiche possono formare sia raggi uniseriati (composti da una successione di singole cellule sovrapposte), sia raggi pluriseriati (composti in pratica da molte file di cellule affiancate). Questi ultimi sono spesso visibili ad occhio nudo e formano le cosiddette “specchiature”.
I difetti del legno
Dal punto di vista tecnologico, nel legno sono sempre presenti anomalie ed irregolarità che, a seconda della destinazione d’uso prevista, possono implicare difficoltà nelle lavorazioni e nella levigatura, nonché motivo di minor valore nel manufatto finito. Le tipologie dei difetti riscontrabili nel legno possono essere di varia natura ed origine. Si possono, infatti, trovare anomalie dovute alla forma del fusto o a particolari condizioni di crescita, come nel caso di fusti biforcati nei quali è presente il doppio midollo, oppure di fusti con sezione trasversale irregolare, per via del midollo eccentrico, con conseguente ovalizzazione della sezione, o per via di contrafforti ocordonature.
Un altro tipo di anomalie cui spesso gli alberi sono soggetti, sono le lesioni, che possono avere:
• origine traumatica, cioè essere causate da urti da parte di veicoli, dalla caduta di alberi vicini, come pure dall’azione del vento o dal carico della neve
• origine climatica, se dovute a fulmini o al gelo
• origine biologica, quando si hanno attacchi di funghi o insetti.
Nel caso di condizioni di crescita dell’albero non regolari, in cui il legno si trova sottoposto a particolari sollecitazioni, si ha la formazione del cosiddetto “legno di reazione”, caratterizzato da comportamenti fisico-meccanici, da lavorabilità e da possibilità di utilizzo in generale minori rispetto al legno normale. Un altro difetto del legno, dal quale non si può prescindere e che riveste particolare importanza nel campo della verniciatura e della levigatura, é dato dai nodi. Il nodo è quella parte del ramo che rimane compresa all’interno del fusto. Poiché la chioma è parte essenziale di un albero, inevitabilmente nel legno troveremo sempre nodi, che tecnologicamente comportano una serie di inconvenienti. Anzitutto, mentre lo sviluppo del fusto è verticale, il nodo è orientato secondo varie inclinazioni vicine all’andamento orizzontale, con conseguente deviazione della fibratura del fusto nella zona adiacente il nodo stesso; inoltre poiché il nodo è formato da legno più denso rispetto a quello del fusto e poiché in buona parte della sua sezione è costituito da legno di reazione, si determineranno comportamenti irregolari all’atto della lavorazione, nonché difficoltà nella levigatura sia nelle zone prossime al nodo, sia sulla sua superficie. Questa serie di inconvenienti è ulteriormente aggravata nel caso in cui il nodo derivi da un ramo che, per potatura o cause naturali, abbia perso le funzioni vitali. In tal caso il mozzicone di ramo residuo, che spesso conserva la corteccia, viene lentamente ricoperto dai nuovi tessuti legnosi prodotti nelle stagioni successive, costituendo però un corpo estraneo all’interno del legno e formando un cosiddetto “nodo morto”.