Ogni prodotto verniciante ha un diverso grado di permeabilità e quindi di protezione del legno. Ma l’impermeabilità non è, come si pensa comunemente, una qualità priva di controindicazioni
A CURA DI ENZO MORANDI
C.E.R.T.O. (CENTRO DI RICERCA TOSCANO)
Per affrontare seriamente un problema così…“relativo”, non trovo niente di meglio di una vecchia storiella. Molti anni fa, una maestra chiese ad un bambino di umili origini, che non aveva avuto contatti con la tecnologia, vivendo in campagna completamente isolato: “Pierino dimmi il nome di qualcosa di trasparente”. La risposta fu: “un cancello!”. “Va bene, ma dimmi il nome di qualcosa di ancora più trasparente”, continuò la maestra. “Un cancello aperto!”, rispose convinto Pierino. Per chi non conosce il vetro si tratta di una risposta sostanzialmente corretta, ma anche il vetro può avere una trasparenza diversa, a seconda del tipo. E il PMMA (polimetilmetacrilato) quanto è trasparente rispetto al vetro? Tutto è relativo. Torniamo all’impermeabilità. Una membrana di cellulosa (secondo il tipo) può essere permeabile a certi prodotti, ma impermeabile ad altri, per cui viene usata nei processi di microfiltrazione. Nei processi di osmosi inversa, le speciali membrane di teflon o di altri polimeri, lasciano (sotto una certa pressione) passare l’alcool, ma non l’acqua e nella desalinizzazione dell’acqua marina, passa l’acqua ma non il sale. Se vogliamo rimanere terra terra, un turacciolo di sughero con il quale si chiudono “ermeticamente” le bottiglie di vino, non è poi così ermetico, in quanto si lascia attraversare dall’aria (poca, ma comunque passa). Se applichiamo questi concetti ai prodotti vernicianti, possiamo cominciare a chiederci in che misura essi sono impermeabili e nei confronti di quali sostanze: si comportano tutti allo stesso modo? In primo luogo dipende da quanta vernice applichiamo e su che cosa: se l’applichiamo su un metallo, è un discorso, se invece verniciamo un legno, tipo Wawa o Samba, è un altro. La superficie è importantissima: più questa è piana, più la vernice applicata sarà “impermeabile” o meno permeabile. Un altro punto delicato riguarda la possibilità che la “vernice” (meglio sarebbe dire il prodotto verniciante, ma tra noi…) contenga delle cariche e quali: una vernice che contiene il 30-40% di carbonato di calcio non credo possa essere “impermeabile”. Proviamo ora a dare un’occhiata alle resine con le quali sono fatte le vernici: epossidiche, poliesteri, viniliche, polioli ed isocianati per poliuretaniche, sono resine molto “chiuse” ed impermeabili. Le acriliche sono abbastanza impermeabili. Alchidiche, clorocaucciù e cellulosiche sono abbastanza permeabili. Dalle resine, che già a seconda della marca e delle modalità produttive cambiano, pur chiamandosi nello stesso modo, si arriva alle vernici e qui il ventaglio si allarga ancora: a solvente o ad acqua, catalizzate o monocomponenti. Parlando in termini generali, possiamo dire, confortati dalle prove fatte, che le vernici a solvente sono meno permeabili di quelle all’acqua e che quelle catalizzate sono sempre meno permeabili delle monocomponenti. Nelle vernici all’acqua le resine usate comunemente sono le poliuretaniche e le acriliche: delle due normalmente le poliuretaniche sono le meno permeabili. Nelle vernici a solvente, le possibilità e le combinazioni sono tante e tali da non poter essere precisi; possiamo dire però che le vernici epossidiche danno un’ottima impermeabilizzazione. Anche le poliesteri hanno dato sempre ottimi risultati di impermeabilità, ma le prove sono sempre state effettuate con spessori elevati. Per quanto concerne le vernici poliuretaniche, pur rimanendo nel ristretto ambito della categoria dei trasparenti, abbiamo trovato di tutto, dai prodotti “impermeabili” a quelli che lasciano passare anche i sassolini insieme all’acqua. Un prodotto che come impermeabilità ha dato esiti positivi, è stata una vernice per esterni a base vinilica, quasi al pari delle epossidiche. Di tutto quanto esposto noi siamo certi, ma ci rendiamo perfettamente conto di quanto sia difficile credere a queste cose, per chi non fa prove. Molto bene, fatevi delle prove facili e poco costose, con un sistema molto pratico. Prendete un acquario di plastica e rivestitelo di carta assorbente (se non la trovate va bene anche un tessuto non tessuto, oppure lo “Scottex”). Mettete dentro l’acquario un mezzo litro di acqua distillata, poi ponete una griglia o dei sostegni traforati, che sostengano uno o più provini ad un centimetro sopra al livello dell’acqua. Una volta messi i provini acclimatati e verniciati, che non siano più vicini di un centimetro alle pareti e tra loro, coprite l’acquario con una lastra di vetro e lasciate tutto lì per 15 giorni. L’acqua per capillarità inzupperà tutte le pareti rivestite di carta (non importa incollarcela, finché è bagnata la carta aderisce da sola); attraverso la superficie bagnata, l’atmosfera interna raggiungerà in poco tempo il 98% di umidità, la quale per compensazione cercherà di attraversare la vernice che protegge il legno. L’unica difficoltà che dovrete affrontare (mica piccola) è la garanzia di ripetitività delle pesature; è difficile perchè prima di tutto serve una bilancia molto precisa, almeno al mezzo grammo, meglio un decimo, insomma più è precisa meglio è; inoltre serve un ambiente quanto più stabile possibile (una cantina va bene), oppure una camera climatizzata dove poter avere umidità e temperatura controllate (20°C e 65% di umidità relativa), perché i provini (possibilmente abete bianco) devono avere un peso specifico intorno a 430 kg/m3, tutti fatti dalla stessa tavola, adiacenti e con il 12% di umidità. Le norme ufficiali prevedono l’utilizzo di provini che misurano mm 20x70x150, ma dal momento che così come ve la presento questa prova non è a norma, se nel vostro acquario non entrasse il 150 mm accorciatelo pure un po’, l’importante però è che siano sempre tutti uguali. Pesate bene e registrate il peso dei provini grezzi tutti i giorni, fino a quando in due pesate distanti 24 ore il peso non differisca di oltre lo 0,1% (serviranno 4-6 giorni); a questo punto abbiamo la massa costante che ci consente di avere la certezza, se la temperatura e l’umidità sono quelle indicate, che i provini hanno un’umidità del 12%. Ora possiamo verniciarli, facendo attenzione ad applicare la stessa quantità di vernice, quindi pesiamo prima e dopo aver spruzzato, in modo che possiamo, qualora fossimo stati scarsi, aggiungere un po’ di vernice; se abbiamo esagerato teniamone conto nelle mani future (la quantità di prodotto applicato è fondamentale come la qualità del legno). A provini verniciati dobbiamo tornare a massa costante, cioè tenerli in atmosfera controllata (20 °C, 65% UR) fino a quando, come da grezzi, non cambieranno più di peso. Allora la vernice applicata (mi raccomando la precisione, in modo da impermeabilizzare il tutto) sarà completamente secca, i solventi saranno usciti tutti e potremo sistemare i nostri provini negli acquari; dopo quindici giorni li peseremo di nuovo e confronteremo questo peso con l’ultimo. In quello uguale al penultimo, che mostrava il raggiungimento della massa costante, i grammi in più sono acqua, che sotto forma di vapore è entrata attraverso la vernice nel supporto. Ora potete fare un’altra prova, forse ancora più importante di quella già fatta e che la completa. Se una vernice ha lasciato passare un po’ di vapore (chi più chi meno, tutte), lo lascerà defluire con la stessa velocità? Oppure una volta entrata rimarrà nel legno a far guai? Lo possiamo vedere subito…insomma proprio subito no, dopo altri quindici giorni! Una volta registrati i vari pesi, rimettiamo i nostri bravi provini su delle griglie, magari quelle che erano negli acquari, asciutte per benino e messe nell’ambiente, o nella camera climatizzata a 20°C, 65% UR per altri quindici giorni. Trascorso questo periodo, pesando di nuovo vedremo quanta acqua è riuscita ad uscire riattraversando la vernice: il prodotto migliore è quello che dopo un mese di “andata e ritorno” ha lasciato meno acqua sul pezzo, non quello che magari era un pochino meno permeabile (cioè ha fatto entrare meno acqua, ma quella poca è rimasta tutta dentro). Le norme ufficiali sono molto più precise e complesse, ma per confrontare vari prodotti, ed avere un’idea di chi ci dice le bugie e chi la verità, può bastare anche solo questa prova “semplificata”. Ah, se non si fosse capito, per il legno una vernice troppo impermeabile, non va bene.