Per autorizzare le emissioni in atmosfera di un nuovo impianto di verniciatura, la Provincia di Pesaro ha imposto, per un combustore con una concentrazione limite per i VOC pari a 50 mg/Nm3, un limite di ossigeno nell’effluente gassoso pari all’11%. Il titolare dell’impianto ritiene che questo vincolo (probabilmente ricavato dalla normativa sugli inceneritori) sia improprio, in quanto un impianto di combustione per l’abbattimento VOC è per sua natura progettuale incapace di produrre effluenti con quel tenore di ossigeno.
IL LIMITE DI LEGGE PER L’OSSIGENO NEL COMBUSTORE
Il D.L.gs. n 152/2006 nell’art. 271 – Valori limite di emissione e prescrizioni, recita: “Salvo quanto diversamente indicato nell’Allegato I alla parte quinta del presente decreto, il tenore volumetrico dell’ossigeno di riferimento è quello derivante dal processo. Se nell’emissione il tenore volumetrico di ossigeno è diverso da quello di riferimento, le concentrazioni misurate devono essere corrette mediante la seguente formula: E = [(21 – O2) / (21 – O2M)] x EM, dove:
EM = concentrazione misurata
E = concentrazione
O2M = tenore di ossigeno misurato
O2 = tenore di ossigeno di riferimento”.
E’ quindi evidente che, nel caso di impianti di abbattimento SOV mediante ossidazione termica, nei quali l’effluente oggetto di trattamento sia aria, il tenore di ossigeno è quello atmosferico (ca. 21%) che è quindi da considerarsi come il corretto e unico valore di riferimento.
Va però anche evidenziato il fatto che in tutti gli impianti che prevedono un trattamento di ossidazione, sia termica che catalitica, il tenore di ossigeno in ingresso è superiore a quello di uscita, dato che una parte dell’ossigeno stesso, seppur piccola, è servita nel processo per l’ossidazione delle SOV o del combustibile di supporto. A maggior ragione se l’impianto di ossidazione è dotato di un bruciatore in vena d’aria, senza quindi alimentazione di aria comburente, come nel caso di ossidatori recuperativi termici o catalitici oppure nel caso di impianti rigenerativi che utilizzano la tecnologia dell’alimentazione diretta di gas metano in camera di combustione.
Sarebbe comunque singolare se si decidesse di inserire in autorizzazione il riferimento di ossigeno, in quanto lo spirito dell’articolo 271 è quello di evitare fraudolenti diluizioni per abbassare la concentrazione in emissione e non è certamente questo il caso, trattandosi di un “calo” fisiologico dovuto al processo stesso di depurazione, che per altro può essere più o meno marcato, in funzione della tecnologia scelta e delle condizioni operative.
Si tratterebbe inoltre di un pericoloso precedente, in quanto metterebbe in difficoltà i costruttori di impianti, quando forniscono garanzie ai clienti. Basti considerare che un riferimento posto al 20,5 % ed un valore misurato al 20,8 % significherebbe dover garantire una emissione misurata a 8 mgC/Nmc per rispettare i 20 mgC/Nmc generalmente autorizzati.
IL LIMITE DI OSSIGENO E LA DIFFERENZA TRA L’INCENERITORE DI RIFIUTI E IL COMBUSTORE DI VOC
Nell’attuale panorama normativo italiano riguardante le emissioni in atmosfera provenienti da processi industriali, non è presente alcuna restrizione relativa al tenore di ossigeno che deve essere presente al camino di impianti di abbattimento VOC tramite combustione termica o catalitica. Diverso è il caso degli inceneritori di rifiuti: qui, effettivamente, il tenore di ossigeno richiesto è pari all’11%. In questo caso però, se non ci fosse un riferimento massimo di ossigeno per il calcolo della quantità di inquinanti nei fumi, i fumi stessi potrebbero essere diluiti con aria, prima del punto di rilevamento, al fine di ridurre il tasso degli inquinanti al camino e rientrare nei limiti. Ma quando si tratta di aria inquinata, la quale già in origine ha un contenuto di ossigeno pari al 21%, non ha senso imporre un riferimento differente per questa sostanza. Questo perché, di fatto, il combustore non diluisce, ma tratta l’aria di processo.
Eventualmente, dal punto di vista tecnico, il riferimento ad uno specifico tenore di ossigeno diverso dal 21%, avrebbe senso solo nel caso in cui il fluido di processo fosse privo di ossigeno atmosferico, condizione questa, che prevederebbe una necessaria immissione di aria comburente, il cui eccesso potrebbe essere interpretato come diluizione impropria. Anche nei combustori termici e catalitici, recuperativi e rigenerativi, per l’abbattimento di VOC, può essere prevista (e di fatto è quasi sempre presente, ad eccezione dei casi di autosostentamento della combustione) una certa quantità di aria comburente, tanto maggiore quanto più la concentrazione effettiva di inquinante si discosta da quella di autosostentamento e qualora il recupero di calore non fosse sufficiente per raggiungere le previste temperature di combustione. Teoricamente, quindi, nel caso di un recupero di calore estremamente ridotto, il combustore si troverebbe costretto a consumare molto metano e, di conseguenza, a bruciare molto ossigeno; se tale ossigeno fosse prelevato dall’ambiente esterno (qualora, cioè, l’aria comburente fosse diversa da quella di processo) allora la diluizione potrebbe risultare elevata, alterando il valore di concentrazione al camino. Nella pratica invece, ciò non avviene, in quanto il recupero termico è sufficientemente elevato (superiore al 50% nei recuperativi e superiore al 90% nei rigenerativi) e l’aria comburente raramente supera, quantitativamente, il 10% dell’aria di processo. A titolo di esempio, si propone il seguente calcolo che mostra come il consumo di ossigeno dell’aria di processo sia basso e come, di conseguenza, il tenore di ossigeno residuo al camino sia prossimo a quello iniziale. Si consideri un combustore termico recuperativo, con recupero di calore pari al 50%, che tratti 5 g/Nm3 di etilacetato (potere calorifico inferiore = 6.100 kcal/kg); il combustibile ausiliario utilizzato è metano (potere calorifico inferiore = 11.900 kcal/kg). L’ossigeno consumato per l’ossidazione del VOC è pari a 1,82 g/g; l’ossigeno consumato per la combustione del metano è pari a 4,0 g/g.
Lo sviluppo del calcolo è indicato nella tabella seguente:
Nel caso di un impianto di combustione rigenerativo, con recupero di calore pari al 90%, che tratti 0,5 g/Nm3 di etilacetato, il tenore di ossigeno residuo in aria risulta pressoché invariato, pari al 20,4%.
CONCLUSIONI: UN LIMITE DI OSSIGENO PER UN COMBUSTORE E’ IMPROPRIO
Per concludere, fissare un riferimento per l’ossigeno diverso dal 21% quando viene trattata aria contenente ossigeno atmosferico, sarebbe come affermare che l’aspirazione di processo è eccessiva e già diluita a monte; ciò entra però in contraddizione col fatto che la quantità di aria di processo viene stabilita nel documento di autorizzazione delle emissioni. L’imposizione della Provincia di Pesaro è dunque impropria e l’utente dovrebbe fare ricorso entro i tempi stabiliti dalla normativa.
SCHEMA GENERICO DI COMBUSTORE TERMICO RIGENERATIVO