I dati contenuti nell’analisi annuale che l’Area studi di Mediobanca ha diffuso un paio di mesi fa, sono sorprendenti per i non addetti ai lavori (gli economisti se ne erano resi conto già da qualche anno).
Si tratta di uno studio eseguito su tutte le aziende italiane con più di 500 dipendenti, che rappresentano non solo il 20 per cento del totale delle imprese nazionali, ma soprattutto il 50 per cento del giro d’affari totale della manifattura, nonché il 37 per cento del settore trasporti e il 41 per cento della distribuzione al dettaglio.
Le recenti proposte sulla “flat tax” sono solo uno dei segnali più evidenti dell’insofferenza dei contribuenti italiani nei confronti del peso fiscale: pagare meno tasse e da parecchi anni il desiderio dei cittadini, per cui ogni campagna elettorale e sempre stata l’occasione buona per far suonare le sirene del “meno tasse per tutti!”
Ognuno di noi potrà fare i conti sui risultati delle promesse elettorali, ma c’è qualcuno che, conti alla mano, ne ha sicuramente beneficiato: negli ultimi quattro anni, il peso fiscale sulla grande industria e calato di un quarto!
Nel 2013, il “Corporate tax rate” (il prelievo sugli utili delle aziende, diverso dal “Total tax rate”, che è invece il prelievo fiscale sulle società, che in Italia supera il 60%) era al 28,3 per cento, mentre alla fine del 2017 è sceso al 20,8 per cento, una riduzione che si era già evidenziata negli anni precedenti, consolidandosi negli ultimi dodici mesi.
Le più “privilegiate” sono state in particolare le aziende che operano nel terziario, il cui “Corporate tax rate” a partire dal 2013 è sceso dal 33,3 all’attuale 20,8 per cento, ma anche la manifattura, la punta di diamante delle nostre esportazioni e passata dal 29,5 al 23 per cento di peso complessivo.
Secondo gli analisti di Mediobanca, le ragioni che stanno alla base del taglio delle tasse derivano soprattutto dalla riduzione del peso fiscale ottenuto dalle progressive revisioni dell’Irap (l’imposta calcolata sul fatturato delle imprese, che è sostanzialmente destinata a coprire le spese del servizio sanitario pubblico), a cui nel 2017 si è aggiunto anche il taglio dell’Ires (l’imposta sul reddito delle società), entrato in vigore con la legge di Stabilita del 2016, la cui aliquota è passata dal 27,5 al 24 per cento.
I privati cittadini meno informati non se ne sono accorti, dato che le loro aliquote IRPEF sono rimaste invariate, ma per le aziende italiane la riduzione del 25% del peso fiscale si è tradotto in un sostanzioso risparmio, che ha creato le condizioni per ottenere un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza internazionale.
Lo studio di Mediobanca, poco pubblicizzato sui media nazionali, mette in evidenza come il taglio del peso fiscale sia arrivato al suo massimo proprio nel 2017, l’anno in cui il fatturato delle aziende oltre i 500 dipendenti è tornato a crescere dopo quattro anni di flessione costante, un risultato ottenuto non soltanto grazie all’export (che era già cresciuto negli anni precedenti, ma che nel 2017 è salito ancora del 7,1 per cento), ma soprattutto grazie alla tanto attesa ripresa delle vendite sul mercato interno, che sono cresciute di ben 5 punti percentuali.
Se il mondo delle imprese con più di 500 addetti può certamente festeggiare i risultati dei bilanci aziendali, resta qualche dubbio sull’incremento dei bilanci delle famiglie, soprattutto quelle con redditi mediobassi, che non risultano aver particolarmente beneficiato di questa situazione congiunturale…