Un indebolimento della chimica italiana ed europea, causato dall’aumento dei prezzi, comporterebbe una grave perdita non solo sul piano industriale, ma anche per la tutela dell’ambiente. Con più di 2.800 imprese, 112 mila addetti e un valore della produzione già nel 2021 riportatosi oltre i 56 miliardi di euro, la chimica in Italia rappresenta il terzo produttore europeo (dopo Germania e Francia) e la sesta industria del Paese.
Secondo Federchimica lo scorso anno, a partire dai mesi estivi, la produzione chimica in Italia ha subito un brusco arretramento (-7,5% sullo stesso periodo del 2021) che, nonostante la buona tenuta del primo semestre, ha trascinato in territorio negativo il risultato finale (- 4%).
Per fare fronte alla crisi, le imprese chimiche stanno utilizzando ogni leva disponibile, incluse la rimodulazione dei turni e la riformulazione dei prodotti, oltre ad investire con convinzione nella cogenerazione, nelle rinnovabili e nell’economia circolare.
Solo recentemente sono stati rimossi (fino a marzo 2024) i vincoli autorizzativi alla possibilità di sostituzione del gas naturale con combustibili alternativi, misura che potrebbe portare l’industria chimica a risparmiare fino a 250 milioni di metri cubi su base annua. Questo dimostra, una volta di più, l’importanza del sistema normativo per agevolare la trasformazione: in generale, è essenziale una diffusa semplificazione amministrativa e accelerazione dei tempi.
La crisi energetica condiziona in modo più pesante le produzioni di base e più energivore. La specializzazione italiana nella chimica delle specialità e di consumo (quota di produzione settoriale pari al 61% a fronte del 45% a livello UE) contribuisce a spiegare la relativa tenuta, ma non sgombra il campo dalle preoccupazioni. La filiera è strettamente interconnessa anche nell’innovazione, di conseguenza l’indebolimento delle fasi a monte danneggia anche le attività a valle.
L’allentamento dei prezzi del gas rappresenta un sollievo, ma non tale da consentire un’inversione di tendenza, anche per quanto riguarda la protezione dell’ambiente. Gli effetti a cascata tendono, inoltre, a manifestarsi con il passare dei mesi. I rincari di costo si materializzano man mano che si rinnovano i contratti di fornitura e si esauriscono le scorte.
Nell’ipotesi che la crisi energetica non si aggravi ulteriormente, nel 2023 si prevede un calo della produzione chimica in Italia del 2% circa.
La chimica è particolarmente colpita dalla crisi energetica in quanto i combustibili fossili (petrolio e gas naturale) non sono solo fonti di energia, ma anche materie prime.
Prima dell’escalation dei prezzi, tali costi avevano un’incidenza sul valore della produzione pari all’11% a fronte di una media manifatturiera del 3%.
Per diverse produzioni (sostanze di base quali ammoniaca, acido solforico e cloro-soda, gas tecnici, fertilizzanti, fibre, abrasivi, molteplici principi attivi farmaceutici) tale quota risulta ancor più elevata.
La chimica ha già avviato le prime bioraffinerie per la produzione di bio-diesel e bio-etanolo ed è l’unico settore, insieme alle raffinerie petrolifere, a contribuire alla produzione di idrogeno.
Le rinnovabili sono un importante ambito di sviluppo, tuttavia – sulla base delle tecnologie ad oggi disponibili – l’integrale sostituzione delle fonti fossili non è realizzabile.
Un indebolimento della chimica italiana ed europea – accompagnato da una maggiore penetrazione dell’import – comporterebbe una grave perdita non solo sul piano industriale, ma anche per la tutela dell’ambiente, tenuto conto degli standard di eccellenza delle produzioni locali e del ruolo strategico nello sviluppo di soluzioni tecnologiche per la transizione ambientale.
Solo negli ultimi tre anni il 34% delle imprese chimiche in Italia ha introdotto innovazioni con benefici ambientali, una quota superiore di 10 punti % alla media manifatturiera. L’impegno è orientato innanzitutto a migliorare la sostenibilità interna: il settore ha già superato gli obiettivi UE al 2030, migliorando l’efficienza energetica a parità di produzione del 44% dal 2000 e riducendo le emissioni dirette di gas serra del 64% dal 1990. L’innovazione chimica promuove il rispetto ambientale anche negli utilizzi a valle con benefici per tutto il sistema economico (24% delle imprese).
Un ripensamento della politica energetica e climatica europea è necessario non al fine di abbandonare gli obiettivi ambientali, ma di rendere la transizione concretamente realizzabile. La pressione verso una brusca riduzione degli investimenti in fonti fossili, a fronte di un’offerta alternativa ancora inadeguata, amplifica le tensioni.
Per favorire l’ambiente è essenziale garantire adeguate forniture di energia a prezzi accessibili, anche attraverso revisioni normative coordinate a livello europeo. Più in generale, il contesto normativo deve favorire senza preconcetti tutte le soluzioni tecnologiche a favore della sostenibilità. In ambito chimico gli sviluppi sono numerosi: basti pensare al riciclo chimico, alle bio-tecnologie, all’ecodesign, ai carburanti alternativi e alle tecnologie innovative per una mobilità ecosostenibile, per l’efficienza energetica degli edifici, per la cattura, lo stoccaggio e il riutilizzo della CO2, per l’idrogeno pulito.
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