Dibattito aperto sui prodotti naturali, la loro diffusione, le loro prestazioni tecniche, economiche ed ambientali. Mancando informazioni tecniche sull’argomento, daremo spazio a chiunque sarà in grado di fornirle
A CURA DELLA REDAZIONE
INTRODUZIONE
Una delle prime regole del giornalismo afferma che l’oggettività non esiste. Consapevoli di questo limite, vogliamo subito chiarire che abbiamo sempre nutrito molta diffidenza nei confronti di chi gioca su parole di sicuro effetto (ecologico, naturale, atossico, ecc), per cui è bene che il lettore sappia che su questo argomento siamo prevenuti. Un’altra delle regole del giornalismo afferma che bisogna comunque andare oltre i propri pregiudizi, analizzando con rigore i dati, che devono essere ricavati da fonti diversificate, cercando di scavare dietro le apparenze come ci ha insegnato un maestro di quest’arte, Giorgio Grecchi, che su questo tema scrisse pagine “profetiche” (PVL n. 11, settembre 1996). Fedeli a questa prassi, abbiamo letto con interesse un articolo pubblicato su una nota rivista del settore, che finalmente ci ha fatto sapere qualcosa in più sulle ormai famose (almeno per i nostri lettori) “vernici a base di chimica di base”, che sembrerebbero (se si dà credito alla fonte) molto diffuse in Italia. Tale situazione non risulta però dall’indagine Ministero AmbienteENEA sulla diffusione delle vernici per legno in Italia, come del resto restano ancora sconosciute le reali prestazioni chimico–fisiche dei prodotti in oggetto (durezza, resistenza alle macchie, al graffio, ecc.), nonché ambientali, mancando del tutto ogni elemento che consenta una valutazione oggettiva e comparativa. Poiché non ci è stato dato modo di saperne di più (al di là di generici comunicati autocelebrativi, che la nostra redazione si è sempre rifiutata di trasformare in articoli), facciamo appello agli operatori del settore, affinché ci mettano a disposizione documenti o esperienze concrete sull’argomento. Se qualcuno poi ha un campione di vernice da mandarci, saremo lieti di far effettuare un’analisi di laboratorio a nostre spese, per rendere disponibili i risultati a tutti, nell’ambito dell’inchiesta che la nostra redazione sta realizzando. Su questo tema sono giunte intanto in redazione alcune opinioni.
Caro dottor Offredi,
in riferimento all’articolo apparso su una rivista del settore sul tema dei prodotti vernicianti “fitochimici”, desidererei fare alcuni commenti. Chiamerò i prodotti descritti nell’articolo “prodotti naturali”. La definizione sarà meno suggestiva di “prodotti della fitochimica”, ma a me sembra più adeguata, ed ho il sospetto che con il termine “fitochimica” si voglia far passare per nuova tecnologia l’uso di damar, gommalacca, olio di lino, cera carnauba, materiali tutti facenti parte di vecchie tecnologie di inizio ‘900, superate persino dalle vernici nitro. La quota di mercato indicata (8%) non trova riscontro in alcun documento ufficiale e non. Per quanto ne so, i prodotti “naturali” coprono una nicchia di mercato molto limitata in Italia (restauratori, antiquari) e un po’ più estesa in altri paesi del Nord Europa, Germania soprattutto, ove c’è un po’ più di moda “ecologista”. In ogni caso siamo sempre a percentuali a livello di “zero virgola…” Passando ai contenuti tecnici, l’affermazione relativa alla presenza di un 7–10% di solventi residui (definiti con evidente intento terroristico “gas nocivi e tossici”) nei manufatti verniciati con prodotti “non naturali”, è basata sull’assoluta ignoranza della tecnologia delle vernici. Se così fosse ci sarebbe il serio problema di imballare i pannelli all’uscita della linea di verniciatura (per non dire del problema di sballarli all’arrivo dall’utilizzatore), oltre ad ovvi problemi di aderenza, trasparenza, durezza, difetti superficiali e altro. Sarebbe utile sapere con quale metodo l’autore dell’articolo ha eseguito la determinazione delle emissioni residue. Avendo condotto diversi studi sull’argomento, rimando a quanto trattato negli articoli “Naturale non sempre è salutare”, pubblicato sulla sua rivista n° 33, aprile 2000, e “L’odore dei mobili” , n° 28, maggio 99. Più della opinione di chi scrive, parlano ed hanno senso i dati di emissioni residue riscontrati da un Istituto indipendente e noto per essere specializzato nel settore, il Catas. Non si vuole contestare il diritto di evidenziare i vantaggi di una tecnologia rispetto ad un’altra, ma le affermazioni andrebbero supportate da riscontri oggettivi. Il dato del 710% è un dato palesemente inattendibile. Venendo alle prestazioni, pur rispettando le opinioni ed i convincimenti di coloro che utilizzano tali prodotti, vorrei avere informazioni relativamente a: durezza, resistenza alle macchie, possibilità di pulizia delle superfici stesse. Essendo abituato a confrontarmi giornalmente con richieste di prestazioni molto elevate, vorrei sapere in che modo l’approccio alla “naturalità dei prodotti” si sposi con la richiesta di dette prestazioni. E ancora: come si comportano questi materiali dal punto di vista dell’autocombustione? E’ noto che gli oli siccativi presentano questo problema e sembra curioso che una problematica di tale gravità non venga nemmeno citata a livello di “precauzioni nell’uso”. Anche qualche informazione sui costi sarebbe un elemento utile a dare un giudizio completo sulla tecnologia. Infine, una curiosità. Quali sarebbero i “consumatori di più alto livello socio economico che cominciano a non voler più sostanze chimiche nocive contenute nelle vernici sintetiche a solvente”? Si vorrebbe forse far passare il concetto che le persone più colte (e più ricche) avrebbero cura della propria salute e del proprio benessere al punto tale da percepire il messaggio che arriva dalla “fitochimica?” Lo sanno i “consumatori di più alto livello socio economico” che i prodotti di origine vegetale sono spesso ottenuti con lo sfruttamento di manodopera coatta (indios) e che la loro raccolta presenta in certi casi forti rischi per la salute dei raccolta presenta in certi casi forti rischi per la salute dei raccoglitori? E’ vero che per le vernici si usano molte sostanze chimiche, ma queste sono ben note e viene fatta una continua ricerca al fine di aggiornare le conoscenze di eventuali pericoli. Lo stesso non si può dire dei prodotti naturali, che sono spesso di natura chimica ignota. L’amanita falloide contiene un fito-prodotto, i cui effetti sono ben noti a chi credeva di mangiare un fungo porcino. Diversi legni esotici contengono dei potenti biocidi naturali, che li rendono inattaccabili a funghi e insetti ed è noto che Socrate fu avvelenato da un altro potente fito-prodotto, derivato da una pianta erbacea appartenente alle Ombrellifere. Anche gli alberi contengono solventi, (isoprene e diversi idrocarburi terpenici) che contribuiscono anch’essi alla emissioni di SOV ed all’inquinamento sotto forma di ozono. Per quanto ci riguarda, desideriamo continuare nella ricerca di prodotti sempre più compatibili con la salute delle persone e con l’ambiente, puntando contestualmente alle prestazioni tecnico-economiche del prodotto, nella convinzione di fare il meglio sia per il produttore che per l’utilizzatore del mobile. Tra le soluzioni tecnicamente valide ed ecocompatibili segnaliamo alcuni prodotti, già apprezzati da diversi nostri clienti per le loro prestazioni, praticamente esenti da emissioni in atmosfera: Hecotop e Hecorad, prodotto quest’ultimo esente anche da emissioni residue, premiato dall’INCA per il concorso “La Chimica per l’ambiente” per prodotti e processi chimici puliti.
Cordiali saluti.
Guido Cinti
Direttore Tecnico Divisione
Egr Direttore,
Sul sito internet http://www.vialattea.net/esperti/chim/gas_toss/index.html, ho trovato le seguenti note che le allego per conoscenza.
Cordiali saluti
Paolo Ambrosi
Direttore tecnico CSB
L’uso dei combustibili fossili, soprattutto derivati del petrolio, ha determinato l’immissione nell’atmosfera di un gran numero di sostanze organiche volatili (gas), molti dei quali tossici per l’uomo e per l’ambiente. Tra questi, rivestono una particolare importanza i cosiddetti idrocarburi
insaturi, aventi cioè uno o più legami multipli nella loro struttura molecolare. Gli effetti tossici possono essere diretti, cioè determinati direttamente dalla specie, oppure indiretti, in seguito a trasformazione dei composti organici in composti più tossici. Un esempio di effetto indiretto è quello della formazione di specie radicaliche da idrocarburi insaturi negli episodi di smog fotochimico. Una cosa piuttosto interessante è sapere che alcuni prodotti naturali, come il pinene emesso da alcune conifere o il limonene, un composto da gradevole odore emesso da alcune piante mediterranee, possono essere precursori di radicali estremamente pericolosi nella formazione dello smog fotochimico. Va detto che l’effetto negativo in questo caso è la combinazione di più fattori, tra i quali (fondamentale) è l’emissione di ossidi di azoto generati dai gas di scarico delle automobili. Una cosa da non fare è cercare di risolvere il problema dello smog foto-chimico piantando alcune specie di alberi sul ciglio delle strade (la frase non piacerà agli ambientalisti, ma esiste ormai una corposa letteratura che prova questa tesi) dei prodotti “Naturtrend” della ICI Lacke Farben, da noi distribuiti in Italia.Si tratta di una linea di prodotti per la nobilitazione del legno: sono oli e cere e non “vernici”. Hanno sicuramente il loro mercato, anche se facciamo fatica a credere che l’8% dei mobili prodotti in Italia venga trattato con “prodotti naturali” come oli e cere, tenendo conto che neanche in Trentino Alto Adige, una zona storicamente legata all’arredamento in legno, questa percentuale viene di sicuro raggiunta.
Distinti saluti
Raimund Ausserhofer
Amministratore Delegato Nordwal.
CHIMICA E NATURA
Dov’è in natura il sapone di Marsiglia, esempio tra i più citati di sostanza naturale? Non c’è una sostanza nel mondo materiale che non sia chimica: potremmo partire dall’acqua, dal sale da cucina, dall’ossigeno che ci tiene in vita. Tanti considerano l’aggettivo chimico (arbitrariamente equiparato a sintetico) come indicante qualcosa d’opposto per forza a ciò che invece è naturale. Il glucosio sintetizzato in laboratorio è uguale o no al glucosio estratto dall’uva? Molti penserebbero che si tratta di due sostanze diverse, invece sono identiche. C’è poi da domandarsi se siamo proprio sicuri che la natura ci sia amica sempre e comunque. In realtà, per fare un elenco un tantino sensato delle sostanze naturali pericolose occorrerebbero molte pagine. Si va infatti dalle tossine mortali prodotte da muffe e da altri microrganismi infestanti, che nei secoli passati, quando non c’erano difese chimiche a proteggere le coltivazioni e i raccolti, hanno provocato intossicazioni alimentari tremende; a quelle del botulino e del tetano, causa di morte ancor oggi nella nostra Europa moderna; ai pesticidi naturali, che molte piante producono spontaneamente per difendersi dagli animali erbivori e spesso fanno male anche all’uomo (per inciso, se la pianta è protetta dal pesticida sintetico, spruzzato dal contadino nelle dosi che la legge ammette e che sono state riconosciute sicure per il consumo umano, in molti casi produce il suo in quantità molto minore). Si può affermare con certezza assoluta che se la natura avesse bisogno delle autorizzazioni ministeriali per diffondere i suoi prodotti, se le vedrebbe negare in moltissimi casi.
ESTRATTO DA UN ARTICOLO RECENTEMENTE APPARSO SUL QUOTIDIANO “IL SOLE 24 ORE”