Difetti di verniciatura tribunale

Sul n. 72 della rivista avevamo pubblicato un articolo (“Prudenza con i filtri in fibra di vetro”) che raccoglieva il parere di alcuni esperti del settore, pubblici e privati, sulla pericolosità di alcuni filtri installati sulle cabine di verniciatura. In particolare alcuni ritenevano necessario classificarli con la frase di rischio R40 (“possibilità di effetti cancerogeni – prove insufficienti”) e l’etichettatura Xn (nocivo). Come è nostra abitudine, avevamo chiesto un parere anche a tutti i produttori di filtri, due dei quali (Aerofiltri e Vefim) ci hanno confermato la decisione di applicare l’etichettatura R40 e Xn. In un secondo tempo Dieter Kessler, responsabile della società Aeroglass (produttore di filtri) ha commissionato a un consulente tedesco (D. Wange) una consulenza, il cui testo pubblichiamo integralmente nelle pagine successive. Lasciamo ai lettori il giudizio su una materia decisamente complessa e ci limitiamo a fare alcune precisazioni, per dovere di cronaca:
l’articolo non è stato realizzato da Fabio Franceschi, come erroneamente scrive Wange: è stato realizzato dalla redazione della rivista, che ha chiesto un parere scritto a tutti gli operatori del settore (infatti, su 8 pagine, solo una contiene il parere di Franceschi, le altre 7 presentano il parere di numerosi esperti, pubblici e privati)
il parere di Wange è rispettabile quanto quello degli altri addetti ai lavori e la sua supponenza nel giudicare incompetenti quelli che non la pensano come lui, stride con la sua ammissione di ignoranza riguardo alla circolare del Ministero della Sanità del 15/3/2000, n. 4, di cui riportiamo un estratto nelle pagine seguenti. A questo proposito Wange dovrebbe sapere che, in base al Trattato di Roma, i Paesi membri dell’Unione Europea hanno facoltà di applicare in modo più restrittivo le norme emanate dagli organismi europei.

Egregio signor Kessler,
la ringraziamo innanzitutto per averci fatto pervenire l’articolo di Fabio Franceschi, da lei tradotto in tedesco e che dovrebbe essere pubblicato nell’edizione di settembre della rivista “Professione Verniciatore del Legno” (l’articolo è stato pubblicato su PVL 71, pp 8-15, n.d.e.). I Suoi filtri di fibre di vetro, Dust Collector, Paint Collector, Mist Collector e Filterzelle HT 300, non devono essere contrassegnati come sostanze pericolose, poiché si tratta di fibre tessili di vetro, che non possiedono proprietà cancerogene né irritanti, come è stato dimostrato in passato da numerosi lavori di ricerca. Secondo il diritto europeo si devono contrassegnare solo la lana minerale e le fibre minerali a base di ceramica. L’Ufficio europeo dei prodotti chimici (UEPC) ha però di recente deciso di non più classificare e contrassegnare la lana minerale e le fibre minerali a base di ceramica con Xi (irritante) e R 38. Finora la Commissione Europea ha sempre ripreso nella legislazione europea le delibere dell’UEPC. L’integrazione di tali decisioni sarà comunque possibile solo al momento della pubblicazione di una nuova direttiva europea (equiparazione delle sostanze già elencate e di quelle nuove), che dovrebbe sostituire la direttiva 67/548/CEE. La decisione dell’UEPC può essere applicata già da ora. A nostro parere il signor Franceschi non è un esperto nel campo delle sostanze pericolose.
Qui di seguito formuliamo le nostre osservazioni in merito ai singoli punti della sua prevista pubblicazione:
Il signor Franceschi menziona che l’etichettazione con Xn dei filtri di fibre di vetro è una misura precauzionale dovuta alla mancanza di dati. A livello mondiale sono stati effettuati molti studi sulla tossicologia delle fibre di vetro risp. delle fibre minerali sintetiche, che risulta ben conosciuta. Conformemente all’Appendice I della direttiva 67/548/CEE la lana minerale e le fibre minerali a base di ceramica sono classificate come carcinogene (categoria 3 risp. 2) ed irritanti e devono di conseguenza essere contrassegnate. Non è consentito classificarle o contrassegnarle a guisa di “misura precauzionale“, cioè senza basi scientifiche o legali, in quanto i criteri per classificare e contrassegnare le sostanze pericolose sono definiti in modo chiaro sia nelle direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE che nelle legislazioni nazionali dei Paesi dell’UE.
Con il 23° aggiornamento della direttiva 67/543/CEE al numero 650-016-00-2 non sono state identificate le fibre di vetro e quelle di ceramica, bensì è stata classificata la lana minerale con determinate proprietà e ne è stata definita la contrassegnazione.
Non siamo a conoscenza della circolare del Ministero italiano della Sanità del 15 marzo 2000, n. 4, ma se essa dovesse menzionare, come cita il signor Franceschi, che le fibre di vetro sintetiche vengono considerate sostanze cancerogene della seconda e terza categoria, in tal caso riteniamo che ciò sia errato. Sono infatti piuttosto la lana minerale e le fibre minerali a base di ceramica ad essere classificate nella categoria 3 risp. 2 delle sostanze carcinogene (Appendice I della direttiva 67/548/CEE). Appare evidente che vi è stata confusione a livello delle definizioni usate internazionalmente (cfr. la nostra perizia del 16 agosto 2006).
Per la biopersistenza delle fibre di vetro e di quelle di ceramica è determinante la somma delle percentuali ponderali degli ossidi alcalini e alcalino-terrosi menzionati nell’Appendice I della direttiva 67/448/CEE e non la somma degli ossidi alcalino-terrosi. Anche se tale somma è compresa tra i 25 e i 40 percentuali ponderali, ciò non è ancora sufficiente per classificare le fibre di vetro e quelle di ceramica nella categoria delle sostanze irritanti. La biopersistenza sulla base della composizione chimica non ha nulla a che vedere con le proprietà irritanti! Ai sensi della direttiva 67/548/CEE le proprietà irritanti vanno esaminate secondo i criteri della direttiva 67/548/CEE, Appendice VI cifra 3.2.6.1 in confronto all’Appendice V cifra B 3.1.4. Per le fibre inorganiche un tale esame (applicazione sulla pelle) dà sempre risultati negativi, poiché i criteri di valutazione sono stati concepiti solo per un potere irritante sulla base delle proprietà chimiche. Il potere irritante di alcune fibre inorganiche è dovuto ad un’azione meccanica e la classificazione nella categoria delle sostanze irritanti è stata operata dal legislatore e verrà di nuovo soppressa prossimamente (vedi sopra).
È vero che durante la loro lavorazione le fibre possono frantumarsi producendo polveri. In tal caso si ha a che fare con polveri e non più con fibre, come giustamente scrive il signor Franceschi. Le polveri vetrose non sono però sostanze pericolose e non vanno quindi nemmeno contrassegnate come tali.
Le polveri con fibre sospese vengono raccolte su filtri e il diametro e la lunghezza delle singole fibre vengono determinati mediante microscopia a scansione elettronica. Tramite i raggi X per ogni singola fibra si possono inoltre determinare anche le percentuali ponderali degli ossidi alcalini e alcalino-terrosi in questione. Il procedimento è denominato REM/EDXA. Già da tempo è il metodo più usato per caratterizzare le polveri con fibre sospese e non presenta difficoltà particolari. Si tratta di un metodo di misurazione accettato ufficialmente, affidabile e testato milioni di volte.
Proprio perché spesso al momento di procedere allo smaltimento non è possibile sapere di quale fibra minerale o di vetro si tratti – si pensi soltanto al materiale isolante proveniente dalla demolizione di edifici – i materiali contenenti fibre di vetro e fibre minerali vetrose vengono generalmente smaltiti allo stesso modo. Il modo in cui essi vengono smaltiti oppure riutilizzati ad esempio per rabboccare le escavazioni a cielo aperto è regolamentato in modo diverso a seconda delle regioni. In questo caso una contrassegnazione non servirebbe a molto.
Un test di biopersistenza non ha nulla a che vedere con l’osservazione Q nell’Appendice I della direttiva 67/548/CEE. La biopersistenza viene determinata dalle percentuali ponderali degli ossidi alcalini e alcalino-terrosi menzionati nell’Appendice I della direttiva 67/448/CEE. L’applicazione dell’osservazione Q (esperimenti su animali per stabilire la cancerogenicità) appare opportuna solo se si tratta di lana minerale risp. di fibre minerali a base di ceramica conformemente all’Appendice I della direttiva 67/548, che vanno classificate e contrassegnate come cancerogene, ma vi sono indicazioni che il materiale speciale in questione non è cancerogeno.
Speriamo di aver illustrato in modo chiaro che la prevista pubblicazione di Fabio Franceschi (rivista “Professione Verniciatore del Legno” / edizione del mese di settembre 2006) è stata redatta senza la necessaria competenza tecnica.

Distinti saluti

Umwelt Service (Servizio Ambiente)
Umweltmesstechnik (Tecnica di misurazione per questioni ambientali)
p.o. Dr. D. Wange

Testo tradotto dal tedesco in italiano dalla ditta CLS Communication AG, CH-4051 Basilea (sig. Donato Galli)

SINTESI DELLA NORMATIVA
ESTRATTO DALLA CIRCOLARE 15 marzo 2000, n° 4, DEL MINISTERO
DELLA SANITA’ (Note esplicative del decreto ministeriale 1/9/1998 recante: “Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose (fibre artificiali vetrose)”
NOTA R

La classificazione “cancerogeno” non si applica alle fibre il cui diametro geometrico medio ponderato rispetto alla lunghezza meno due errori standard risulti maggiore di 6(micron)m. Sono state esentate dalla classificazione come cancerogene le fibre con diametro medio ponderato rispetto alla lunghezza superiore a 6 micron, in quanto al di sopra di tale valore le fibre sono considerate non più respirabili dall’uomo e perciò non in grado di raggiungere gli alveoli polmonari.  Le definizioni di diametro geometrico e di errore standard sono riportate nell’allegato 1. Alle sole lane minerali è stata assegnata anche la nota Q.

NOTA Q

La classificazione “cancerogeno” non si applica se è possibile dimostrare che la sostanza in questione rispetta una delle seguenti condizioni:

  • una prova di persistenza biologica a breve termine, mediante inalazione, ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 10 giorni;
  • una prova di persistenza biologica a breve termine, mediante instillazione intratracheale, ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 40 giorni;
  • un’adeguata prova intraperitoneale non ha rivelato un’eccessiva cancerogenicità;
  • una prova di inalazione appropriata a lungo termine ha portato alla conclusione che non ci sono effetti patogeni significativi o alterazioni neoplastiche.

Le prime due prove sono relative a saggi di biopersistenza in vivo, cioè alla determinazione del periodo di ritenzione della fibra a livello polmonare a seguito di somministrazione per via inalatoria o intratracheale negli animali da laboratorio. Infatti la capacità di una fibra di produrre effetti sulla salute dipende da una combinazione di eventi e caratteristiche. Le fibre devono cioè avere dimensioni tali da essere inalabili per raggiungere i polmoni e ivi depositarsi e persistere per un tempo sufficientemente lungo da esplicare la loro azione patogena.

LA DEROGA DALLA CLASSIFICAZIONE COME CANCEROGENO DEVE ESSERE DOCUMENTABILE

I risultati delle prove effettuate, che portano ad usufruire della deroga dalla classificazione come cancerogeno, in base alla nota R oppure in base alla nota Q, devono essere mantenuti a disposizione dal responsabile della immissione sul mercato, per eventuali controlli da parte delle autorità competenti.

CLASSIFICAZIONE DEI PRODOTTI A BASE DI FIBRE.

La classificazione ed etichettatura prevista dal decreto ministeriale 10 settembre 1998 si applica alle fibre minerali immesse sul mercato come tali o sotto forma di preparati. Secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 286 del 16 luglio 1998, i preparati contenenti fibre ceramiche refrattarie classificate come cancerogene di seconda categoria si classificano essi stessi come cancerogeni di seconda categoria, se contengono quantitativi pari o superiori allo 0,1% p/p di fibre. Allo stesso modo i preparati contenenti lane minerali classificate come cancerogene di terza categoria si classificano come cancerogeni di terza categoria, se contengono quantitativi pari o superiori a 1% p/p di lane minerali. Resta da stabilire quali sono i prodotti contenenti fibre che devono essere considerati preparati e quali debbano invece essere considerati articoli, poichè questi ultimi non sono espressamente inclusi nei campo di applicazione della direttiva di base. La proposta attualmente in discussione a livello dell’Unione Europea prevede di equiparare un articolo ad un preparato qualora si possa verificare la fuoriuscita di una o piu’ sostanze pericolose dall’articolo stesso durante l’uso normale. In attesa di una definizione conclusiva ed armonizzata, l’Italia ritiene di adottare, al momento, questa proposta, nel caso delle fibre artificiali vetrose che risultano classificate come cancerogene di seconda o terza categoria, ritenendo che la possibilità di rilasciare anche minime quantità di fibre che risultano classificate come pericolose, da parte di alcune tipologie di prodotti, debba essere tenuta in debita considerazione al fine della protezione della salute dell’uomo.

Si ritiene quindi che tale principio sia da applicare a tutti quei prodotti semilavorati quali pannelli, rotoli e altre forme non pretagliate, che prevedano una manipolazione quale il taglio o la sagomatura al momento dell’uso e quindi la possibilità di esposizione per via inalatoria a fibre classificate come cancerogene da parte dell’utilizzatore. Per tutti i prodotti semilavorati che invece contengono fibre artificiali vetrose che non risultano classificate come cancerogene, in base alle deroghe previste dalla nota R o dalla nota Q, la cui pericolosità puo’ essere connessa soltanto ad un effetto irritativo di tipo meccanico, si ritiene che il rilascio di una quantità limitata di fibre non rappresenta un pericolo significativo per la salute, quando siano adottate, adeguate misure di protezione e seguite corrette indicazioni d’uso. In tal caso si ritiene sufficiente per tali semilavorati che la loro confezione riporti unicamente indicazioni del tipo “usare indumenti protettivi e guanti adatti” e, per i prodotti venduti al dettaglio, “tenere lontano dalla portata dei bambini”.

CERTIFICATO DELLA STAZIONE SPERIMENTALE VETRO

Si raccomanda infine che agli utilizzatori professionali venga fornita una scheda di sicurezza con ogni utile informazione relativa in particolare alle modalità di manipolazione e uso del prodotto e agli indumenti protettivi da indossare. Per quanto attiene la vigilanza per la verifica della corretta applicazione della procedura di esonero dalla classificazione come cancerogeno ed il relativo sistema sanzionatorio, si rimanda alle disposizioni previste rispettivamente dall’art. 28 e dall’art. 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52. Una sintesi delle norme applicabili alle fibre artificiali vetrose in massa ed ai preparati costituiti da fibre che rientrano nelle definizioni riportate dal decreto oggetto di questa circolare, è riportata in allegato 1, tabella 1. Per quanto riguarda gli standard occupazionali, si fa presente che il valore limite di esposizione raccomandato dall’ACGIH nel 1999 è un TLV-TWA di 1,0 F/cm3 per le lane minerali (vetro, roccia, scoria), mentre per le fibre ceramiche refrattarie è stato proposto per l’anno 2000 un TLV-TWA di 0,2 F/cm3.