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Una voce fuori dal coro sulla legge n. 68 che detta “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, promulgata il 22 maggio 2015

Egregio direttore, da un po’ di tempo non le scrivo e immagino che né lei né i lettori della rivista abbiate particolarmente sofferto per il mio silenzio.
Stavolta avrei alcune riflessioni da sottoporle in materia di reati ambientali. Il sottotitolo della mia missiva forse un po’ inganna, non vorrei che lei pensasse sia diventato un paladino degli inquinatori e, conseguentemente, fosse tentato di cestinare il mio contributo: niente di tutto ciò, vorrei solo proporre alcune riflessioni sui reati ambientali. Ma procediamo con ordine.
Il 22 maggio del 2015 è stata promulgata la legge n. 68 che detta “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”. Tale norma inserisce nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente, introducendo all’interno di tale titolo i delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività; sanziona inoltre l’impedimento dei controlli, obbliga il condannato al recupero e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi, ed altro ancora.
I commenti alla nuova legge sui reati ambientali sono stati per lo più positivi, anche se non è mancata qualche critica; personalmente non sono in grado di esprimere un complessivo parere di merito ma, come lei sa, sono un inguaribile ottimista e quindi mi auguro che la legge funzioni a dovere.
Vorrei ricordare che la legge in questione si affianca alle sanzioni già previste nel Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006 e successivi aggiornamenti), nonché alla cosiddetta 231 ambientale (D.Lgs.121/2011), quella che ha esteso anche in materia ambientale la responsabilità amministrativa degli Enti e che prevede, tra l’altro, misure di inibizione dell’attività e poderose sanzioni pecuniarie. Dunque, sin qui tutto bene: ma cosa c’è che non va? A mio parere non è condivisibile lo spirito delle sanzioni che riguardano la parte quinta del Testo Unico Ambientale (quella inerente le emissioni in atmosfera), ovvero, per gli specialisti, il dettato dell’art. 279 del D. Lgs. 152/2006. Tali sanzioni sono sempre di carattere penale (salvo in un caso), sia che riguardino il superamento dei limiti di emissione, sia che riguardino aspetti meramente procedurali.
Il citato art. 279 prevede, ad esempio, l’arresto da due mesi a due anni o un’ammenda da 258 a 1032 € in caso di esercizio di impianto / attività non autorizzato, o con autorizzazione scaduta, sospesa, revocata. Ora, si può sottolineare che non necessariamente un impianto privo di autorizzazione (o con autorizzazione scaduta) debba essere più inquinante di un analogo impianto autorizzato: non sarebbe più giusto riservare la sanzione penale solo in presenza di un superamento dei limiti di emissione, come peraltro già previsto dal medesimo art. 279?
E’ appena il caso di ricordare che analoga sanzione è prevista nel caso di modifica sostanziale non preventivamente autorizzata; le modifiche sono in qualche caso sostanziali per mera definizione normativa (non necessariamente per incremento delle emissioni), per cui, anche in tali casi, è proprio necessaria una sanzione penale? Sono ancora sanzioni penali quelle previste per mancata comunicazione di messa in esercizio (arresto fino a 1 anno o ammenda fino a 1032 €) o per mancata comunicazione dei controlli alle emissioni prescritti dopo la messa a regime (arresto fino a 6 mesi o ammenda fino a 1032 €); nel primo caso si tratta di una semplice comunicazione per la messa in esercizio dell’impianto già autorizzato, ma quali problemi ambientali può determinare tale mancanza? Nel secondo caso può essere che gli autocontrolli siano stati eseguiti e non spediti, o che ci sia stato un ritardo nell’organizzazione degli stessi. Nulla a che fare con l’inquinamento, che invece riguarda l’eventuale superamento dei limiti che, come sopra richiamato, è già sanzionato.
Infine un’ultima annotazione sulle sanzioni. Risulta di carattere penale l’inadempienza a una qualsiasi delle prescrizioni contenute in un atto autorizzativo. Ricordo che la parte prescrittiva di un’autorizzazione è spesso costituita da diverse pagine: è mai possibile che tutte le prescrizioni contenute in essa abbiano lo stesso livello d’importanza? Il superamento del limite di emissione o la disattivazione di un sistema di abbattimento necessario per rispettarlo, hanno la stessa valenza della mancata registrazione delle operazioni di manutenzione o della trascrizione (su appositi moduli) dei risultati delle indagini analitiche eseguite ai camini? Personalmente ho sempre pensato che un’autorizzazione abbia alcune (poche) prescrizioni fondamentali (che assicurano il minor impatto ambientale) e una serie (più o meno lunga) di prescrizioni corollarie, per lo più legate ad aspetti gestionali; conseguentemente ritengo che anche le sanzioni dovrebbero tenere conto di tali differenze ed essere conseguentemente ad esse calibrate.
Qualche lettore, e forse lei stesso, penserà che quella posta sia una questione di lana caprina, lo sfizio di un addetto ai lavori che vuole a tutti costi fare un po’ di polemica. A mio giudizio, invece, la previsione di sanzioni penali anche per inadempienze di tipo procedurale ha conseguenze deleterie sul rapporto che vige tra imprenditori e funzionari che eseguono i controlli. Questi ultimi, preoccupati di poter essere accusati di peccato di omissione, segnalano all’Autorità giudiziaria qualsiasi comportamento anche solo apparentemente non lecito, determinando uno stato di prostrazione negli imprenditori che, non del tutto a torto, si ritengono vessati quando sono chiamati a dover rispondere penalmente di inadempienze meramente formali (e a maggior ragione in caso di segnalazioni “prudenziali” inoltrate dagli operatori del controllo).
Lei si ricorderà, egregio direttore, che alle lezioni di catechismo, che obtorto collo ci sono state impartite, abbiamo imparato a distinguere i peccati mortali da quelli veniali. Non è possibile applicare tale distinzione alle inadempienze delle quali abbiamo sopra riferito? Personalmente ritengo che le ammende pecuniarie previste dall’art. 279 siano anche di modesta entità (si potrebbero tranquillamente incrementare), ma che alcune inadempienze formali debbano essere depenalizzate; il mio inguaribile ottimismo mi porta a ritenere che, in virtù di ciò, potrebbero migliorare i rapporti tra controllati e controllori e che ne potrebbe giovare anche l’Autorità giudiziaria.
Qualche solerte funzionario pubblico probabilmente sottolineerà che le sanzioni oggetto della presente nota sono state introdotte dal DPR 203/88, e riprese diciotto anni dopo nel D.Lgs. 152/2006. Ebbene sì, il DPR 203/88 ha introdotto un sistema sanzionatorio prima di fatto inesistente, ma ha ecceduto nell’individuazione dei reati. E’ appena il caso di ricordare che, perlomeno in Lombardia, i più rilevanti interventi di disinquinamento (su fonderie, acciaierie, centrali termiche per la produzione di energia elettrica, industrie del cemento e della calce, vetrerie, i primi abbattimenti di sostanze organiche volatili, ecc.) sono stati realizzati in assenza di specifiche sanzioni (anni settanta e ottanta) mentre, negli ultimi due decenni, il contenzioso giudiziario ha spesso riguardato non veri casi di inquinamento, ma molteplici inadempienze formali.
Che ne dice, egregio direttore: l’argomento è degno di comparire sulle sue riviste? Lei che è tanto bravo a organizzare meeting, seminari, incontri di approfondimento, pensa che possa essere coinvolto nella discussione qualche avvocato o addirittura il Legislatore, ambiguo termine plurale dietro il quale si nasconde chi materialmente scrive le leggi ?

Il solito consulente

P.S.

Una diversa articolazione delle sanzioni da applicarsi a peccati veniali e mortali è presente nell’art.29 quattuordecies (mamma mia che brutto termine!) che riguarda le aziende sottoposte ad Autorizzazione Integrata Ambientale. Non sarebbe normale chiedere un trattamento analogo per le attività e gli impianti che si caratterizzano per dimensioni produttive ed emissive inferiori a quelli sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale?

 

Reati ambientali – 05/02/2016
Una voce fuori dal coro sulla legge n. 68 che detta “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, promulgata il 22 maggio 2015
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