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La fiducia nel sistema giudiziario e soprattutto sulla sua uniformità di giudizio viene messa in discussione quando diversi organismi esprimono giudizi incoerenti, emettendo sentenze contrapposte

Lo scorso anno avevamo riportato una sentenza della Corte di Cassazione (terza sezione civile, n° 7023/99) che sanciva che l’analisi delle emissioni, prevista dal dpr 203, deve essere firmata solo da un iscritto all’ordine dei chimici (e non da un ingegnere chimico, come si presumeva) in quanto è “…non solo tipica, ma riservata ai chimici (e quindi con esclusione di ogni altro professionista), l’attività professionale che abbia come oggetto finale la redazione di una perizia chimica o l’effettuazione di un’analisi chimica da presentare alla pubblica amministrazione”.
Inoltre stabiliva che la dichiarazione delle emissioni e la relativa certificazione da presentare alla Regione o alla Provincia (prevista dal dpr 203), “attiene alla concentrazione delle emissioni prodotte e quindi all’inquinamento atmosferico, e non al buon funzionamento degli impianti di abbattimento dei fumi o di contenimento delle emissioni; ne consegue che l’analisi in questione può essere effettuata solo da un chimico o da un chimico industriale”.
Questo in base all’Art.16, c. 3°, r.d. 1 marzo 1928, n. 842, (regolamento per l’esercizio della professione di chimico), nel quale si afferma che: “devono essere redatte dagli iscritti all’albo (dei chimici) le perizie e le analisi che devono essere presentate alle pubbliche amministrazioni”.
La norma quindi individua come attività riservata ai chimici (e quindi con esclusione di ogni altro professionista) l’attività professionale che abbia come oggetto finale la redazione di una perizia chimica o l’effettuazione di un’analisi chimica da presentare alla pubblica amministrazione.
Parere opposto ha invece dato successivamente il Consiglio di Stato, quarta sezione che, con la decisione 1868/2002, ha smentito i giudici del Tar Campania, che avevano riservato ai chimici la competenza di effettuare le analisi sull’aria, coerentemente con la sentenza della Cassazione del 1999.
Il Consiglio nazionale dei biologi l’ha avuta vinta. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto anche ai biologi la possibilità di effettuare le analisi chimiche “dirette alla caratterizzazione qualitativa e quantitativa delle emissioni in atmosfera”.
E’ stata, pertanto, annullata la deliberazione della giunta regionale della Campania che aveva previsto che quel tipo di analisi venisse affidato esclusivamente ai laureati in chimica e in chimica industriale iscritti all’Ordine. Per i giudici del Consiglio di Stato “nessuna esigenza imperativa di interesse generale è ravvisabile nell’interpretazione delle norme richiamate in senso contrario alla libera concorrenza fra professionisti, se non per la tutela di una mera rendita monopolista”.
Il quadro normativo, ha richiamato la quarta sezione, si presta ad un allargamento delle competenze dei biologi alle analisi sull’atmosfera. Si tratta di integrare l’elenco di compiti riconosciuto dalla legge 396 del 1967, che definisce la professione di biologo, con le competenze contenute nel tariffario minimo per l’identificazione di agenti patogeni (allegato al decreto 362/93 sulla disciplina degli onorari di categoria) e con quelle previste dal regolamento 328/2001 sull’esame di Stato.
In particolare, l’articolo 31 del regolamento specifica che l’attività del biologo implica l’uso di metodologie innovative e sperimentali, quali l’analisi e i controlli dal punto di vista biologico dei parametri ambientali, tra cui l’aria.
Il quadro che ne esce non porta a “confusione e fungibilità con altre figure professionali” ma, secondo i giudici di appello, “postula semplicemente la necessità di diverse competenze, che debbono essere armonicamente integrate in taluni specifici ambiti”.
La concorrenza parziale e l’interdisciplinarietà, ha aggiunto il Consiglio di Stato, “appaiono sempre più necessarie in una società, quale quella attuale, i cui interessi si connotano in ragione di una accresciuta complessità e alla tutela dei quali – e non certo a quella corporativa di Ordini e Collegi professionali o di posizioni di esponenti degli stessi Ordini – è in via di principio preordinato l’accertamento e il riconoscimento, nel sistema degli ordinamenti di categoria, della professionalità specifica…”.

 

Scontro tra corporazioni per il monopolio delle analisi sulla qualità dell’aria – 04/10/2004
Differenti organismi esprimono giudizi incoerenti emettendo sentenze contrapposte
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