L’Autorizzazione Unica Ambientale alla prova dei fatti
Egr. Direttore
lei sa cos’è l’AUA? No, non si spaventi, non è una nuova tassa sulla casa, o sui rifiuti o sui servizi essenziali indivisibili o su quant’altro; quelle tasse sono “roba vecchia”, da iscriversi al precedente Governo: ora ce n’è un altro nuovo, e di nuove tasse non se ne parlerà più, vedrà!
AUA sta per “Autorizzazione Un Ambientale”, una nuova procedura, messa in campo dal “Governo dei Professori” e attuata dal “Governo di Servizio” (suona male, ma lo chiamavano proprio così), quello, per intenderci, che si dilettava con innovativi acronimi per le tasse sulla casa.
L’AUA, dicevo poc’anzi, è una nuova procedura autorizzativa, che riassume in sé autorizzazioni ambientali di varia natura (emissioni in atmosfera, scarichi idrici, autosmaltimento, recupero di rifiuti, ecc.), in precedenza tra loro distinte, rilasciate con procedure e tempistiche diverse e che prevedevano validità temporali diverse (mediamente comprese tra 4 e 15 anni).
Benissimo, lei dirà. Finalmente una buona legge, commenterà qualche suo attento lettore, esponente del pubblico impiego, orgoglioso del buon operato del Legislatore. Benissimo, bene, benino, appena sufficiente, un disastro…lasciamo sospeso
il giudizio; tuttavia, le confesso, io qualche problema lo intravedo. Non voglio remare contro, né voglio giocare la parte del solito disfattista; lei mi conosce da tempo e lo sa che, nonostante tutto, sono un inguaribile ottimista. Tuttavia, dicevo, c’è qualcosa che non quadra e cercherò di spiegarmi con un esempio.
Prima dell’entrata in vigore della AUA (ha notato, trattasi di un palindromo, come del resto AIA, l’acronimo più nobile che l’ha preceduta), le autorizzazioni riguardavano i singoli comparti ambientali, ad esempio le emissioni in atmosfera. In Lombardia, ma anche in quasi tutt’Italia, le predette autorizzazioni alle emissioni erano rilasciate da specifici uffici della Provincia. Il tempo di rilascio di dette autorizzazioni è previsto, per legge, essere di 120 giorni computati a partire dalla data di presentazione della domanda, con eventuali 30 giorni aggiuntivi in caso di rihiesta di integrazioni da parte dell’autorità competente (la predetta Provincia). Insomma, stiamo parlando di 5 mesi, cioè di un tempo non particolarmente stretto; ebbene, in alcune demontane Province de, questo tempo si allarga sino a 12 o 18 mesi, che, in qualche caso, neanche sono sufficienti.
Anche la nostra AUA, egregio direttore, sarà in capo alle Province; quindi, se alcune amministrazioni provinciali non riuscivano ad esprimersi su un unico argomento (ad esempio le emissioni in atmosfera) nei tempi stabiliti, è possibile che ora, le medesime amministrazioni (incaricate di predisporre l’Autorizzazione Unica Ambientale) rispondano in tempi congrui su più argomenti contestuali a loro richiesti (ad esempio autorizzazione emissioni + scarichi idrici)? Sembrerebbe che solo un ingenuo possa pensare ciò.
C’è da aggiungere che, diversamente dal passato, le istanze AUA
devono obbligatoriamente passare dal SUAP (non si preoccupi, anche stavolta l’acronimo non sottintende una nuova tassa), sia nel percorso di entrata (presentazione della richiesta), sia nel percorso di uscita (consegna dell’autorizzazione). I solerti funzionari del SUAP (Sportello Unico Attività Produttive), hanno tempo 30 giorni per verificare la conformità formale di quanto presentato (insomma per contare gli allegati che ogni domanda deve avere e per verificare se sono stati pagati gli oneri di autorizzazione). I SUAP sono istituiti presso il singolo Comune, oppure in forma associata tra più comuni, oppure attraverso i servizi offerti dalle Camere di Commercio per quei comuni che vi hanno voluto aderire. Insomma, intorno al nuovo percorso autorizzativo dell’AUA, si muovono schiere di funzionari amministrativi con scarsa competenza di merito specifica (non me ne vogliano, nulla di personale), che dovrebbero in qualche modo semplificare la vita del tapino che vuole, non dico costruire un nuovo impianto (magari!), ma semplicemente apportare qualche modifica o eseguire un ampliamento di un impianto esistente. Le ricordo, egregio direttore, che nella stragran maggioranza dei casi, gli impianti di cui stiamo parlando non sono mega forni di incenerimento, grandi centrali termiche, impianti siderurgici, industrie chimiche di base o similari; per questi, infatti, c’è già l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Per quanto concerne le emissioni in atmosfera si tratta invece prevalentemente di manifatture meccaniche, del legno, delle materie plastiche, industrie chimiche non primarie e, in genere, attività per le quali la normativa europea, o quella nazionale o la disciplina regionale (che fatica!) prevede già specifici limiti di emissione.
Qualcuno, leggendo queste note, le troverà polemiche e un po’ esagerate: in fondo, la cara AUA è partita da meno di un anno e un po’ di rodaggio è normale che si debba concedere a Province e SUAP. Sono d’accordo, tuttavia il rodaggio (che per le automobili non si fa più da diversi anni), mi sembra un po’ troppo lungo. Nel luglio scorso ho presentato la mia “prima istanza AUA” (relativa solo alle emissioni in atmosfera), in una Provincia lombarda non Pedemontana (insomma, in una di quelle abbastanza efficienti); nel novembre del 2013 si tenne la Conferenza dei Servizi, pomposa definizione che, in sostanza, indica una riunione nel corso delle quale i funzionari provinciali espongono la proposta di autorizzazione, i rappresentanti di Comune e ARPA (se si presentano) hanno modo di dare il loro parere e anche il richiedente, bontà sua, ha la possibilità di dire la propria. Alla data odierna la “mia prima AUA” non è ancora stata partorita.
Per casi analoghi (emissioni in atmosfera) in passato, la stessa Provincia, il giorno dopo la Conferenza dei Servizi inviava l’autorizzazione con posta elettronica certificata. Insomma, vien da dire, dov’è finito lo spirito della legge sulle misure urgenti di semplificazione e sviluppo, voluta dal “Governo dei Professori” nel 2012, della quale il decreto AUA è l’efficace strumento applicativo?
Egregio Direttore, secondo lei, il decreto che disciplina l’AUA l’hanno scritto i Professori o qualche allievo ripetente? In un caso o nell’altro, se lei, con le sue conoscenze, riuscisse a scoprire chi è il Legislatore (professore, alunno o chiunque altro sia), ce lo farebbe conoscere, invitandolo a uno dei suoi interessanti seminari? Le confesso che io sarei proprio contento di incontrarlo, il Legislatore, e di conoscere non solo dove ha studiato, ma se ha anche mai lavorato!
Il consulente sconsolato
P.S.
Direttore, mi stavo dimenticando: chi mette in esercizio un impianto (nuovo, trasferito o semplicemente modificato) senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione compie un reato: insomma ci può essere l’arresto (un vero delinquente!), anche se tale impianto ha tutti i requisiti richiesti dalle norme ambientali. Mi sovviene un’altra domanda: ma queste cose, il dott. Giorgio Squinzi le conosce? Forse lei, egregio Direttore, può darci una risposta, siete entrambi appassionati di sport a pedale e, tra di voi, chissà quante ve ne raccontate!
Semplificazioni: quando arrivano, fanno tremare i polsi – 25/09/2014
L’Autorizzazione Unica Ambientale alla prova dei fatti
Leggi l’articolo