Negli ultimi tempi si fa un gran parlare di vernici naturali e bio vernici, ma cosa sono in realtà?
Sempre più spesso i lettori ci chiedono notizie sui nuovi prodotti vernicianti ”verdi”, che dopo l’avvento delle vernici all’acqua rappresentano la nuova frontiera dell’ecologia applicata nel nostro settore.
Prodotti naturali, di origine vegetale, bio-vernici, materiali bio-based: anche il mondo delle vernici industriali sta investendo sui prodotti eco-sostenibili, con un approccio che tiene conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti, “dalla culla alla tomba”, partendo cioè dalle materie prime impiegate, allo smaltimento finale e al riciclo.
Dato che molti di questi prodotti sono a base solvente, la loro composizione andrebbe ulteriormente approfondita in relazione non solo alla loro “naturalità” ma, analogamente a qualsiasi altro prodotto dell’industria chimica, anche ad aspetti legati alla sicurezza per gli utilizzatori e gli utenti finali.
Per rispondere in modo tecnico a domande che presentano inevitabilmente numerosi risvolti commerciali, pubblichiamo due articoli realizzati nei mesi scorsi dal Catas, che come sempre affronta il tema con competenza ed equilibrio.
SOSTANZE NATURALI E SINTETICHE
In chimica, tutte le sostanze complesse preparate partendo da sostanze semplici derivanti dal petrolio, o da altri fonti fossili, si chiamano sintetiche. Si definiscono invece naturali quei materiali che derivano dalla natura senza aver subito alcun trattamento o modifica chimica.
Il mercato è molto sensibile al termine naturale, in quanto richiama immagini positive sull’ambiente e sulla sicurezza, ma le vernici a base naturale sono spesso il frutto di miscele di vari componenti, anche di derivazione sintetica, se non addirittura di modifiche chimiche dei prodotti naturali di base.
Una ricerca di Catas su questo argomento ha effettivamente dimostrato come la maggior parte di una serie di prodotti a base naturale analizzati fosse in realtà un “mix” tra resine, cere sintetiche e oli naturali.
NATURALE NON VUOL DIRE SALUTARE
Senza scendere troppo nel dettaglio, e senza voler giudicare in alcun modo questi prodotti, ci limitiamo a sottolineare come non esistano ad oggi delle regole unanimemente condivise per definire come “naturale” una vernice o un trattamento. In ogni caso, suggeriamo che la valutazione della compatibilità con l’ambiente, la sicurezza per l’utilizzatore e quella per l’utente finale seguano sempre dei criteri oggettivi, a prescindere dalla composizione chimica del prodotto.
LE BIO-VERNICI
Per completare il quadro delle tipologie di prodotti proposti dal mercato, va considerata anche la più recente, ovvero quella delle bio-vernici, prodotti che derivano da fonti biologiche normalmente chiamate “biomasse”; esempi di biomasse sono le piante, gli alberi, le alghe, gli organismi animali e i microrganismi.
Le sostanze ricavate dalle biomasse sono poi sottoposte a trattamenti chimici e fisici, anche molto complessi, per arrivare al prodotto finito. Una bio-vernice può avere pertanto una composizione molto simile a quella di un prodotto sintetico, con la differenza che gli ingredienti di partenza, o una parte di essi, provengono dalla natura anziché dal petrolio.
Una bio-vernice è dunque un prodotto che guarda certamente al futuro, contenendo materie prime che non provengono dall’industria petrolchimica e che vanno incontro alle esigenze attuali e future di prodotti sempre più rinnovabili e sostenibili, ovvero verso la cosiddetta economia circolare.
MISURARE LA SOSTENIBILITA’
In tal senso tutti i materiali “bio-based” sono certamente da preferire e da incoraggiare, in quanto segnali tangibili di un percorso che dovrebbe portare l’umanità a utilizzare le risorse di cui ha bisogno ge-stendole e rinnovandole a vantaggio delle generazioni future.
È comunque importante approfondire l’origine delle vernici bio-based e rammentare che un biomateriale non è necessariamente sicuro e compatibile con l’ambiente per definizione, ma la sua “sostenibilità” deve essere valutata come per qualsiasi altro prodotto dell’industria chimica.
CHE COSA SONO I BIO-MATERIALI?
Il prefisso “bio” è oggi molto ricorrente nella de-scrizione di un prodotto. Il termine deriva dal greco βίος ed è evidentemente legato al concetto di vivere, di vita o di essere vivente. Un prodotto può essere quindi chiamato bio almeno per due ragioni, ovvero perché è “amico” degli esseri viventi, oppure perché deriva da essi.
Nel primo caso il concetto bio riguarda sostanzialmente la sicurezza per gli utenti e l’ambiente in genere, mentre nel secondo sta a significare che le materie prime di cui è costituito derivano da organismi viventi (o che erano tali).
Anche se spesso vengono confusi, si tratta di due concetti completamente differenti e che non necessariamente si sovrappongono.
In questo articolo considereremo il secondo caso, ovvero parleremo brevemente di biomateriali come le plastiche, le resine, gli adesivi o le vernici che ultimamente vengono sempre più spesso proposti dal mercato. Si tratta, come già ricordato, di prodotti che derivano da fonti biologiche le quali vengono normalmente chiamate “biomasse”. Dalla definizione di biomasse si escludono evidentemente tutte le sostanze che provengono da formazioni geologiche o comunque fossilizzate come il carbone e il petrolio. Esempi di biomasse sono quindi le piante, gli alberi, le alghe, gli organismi animali e i microrganismi.
BIOMASSE E BIODEGRADABILITA’
É importante sottolineare che un prodotto bio-based deriva da biomasse, ma le stesse possono essere comunque sottoposte a trattamenti chimici, fisici o biologici per arrivare al prodotto finito (plastica, vernice, eccetera). Una bio-vernice può quindi non essere un prodotto “naturale” intendendo, con questo termine una materia prima che deriva dalla natura (ad esempio un olio) senza aver subito particolari trattamenti chimici.
Inoltre, per vari motivi legati alla disponibilità, alle prestazioni e anche ai costi, vengono definiti come bio-materiali quelli che contengono almeno una certa percentuale di materie prime di origine biologica. Solitamente questa percentuale minima è nell’intorno del 25% (fonte CEN TC249/WG17 Biopolimeri) anche se non esistono regole certe e univoche su questa definizione.
Ritornando alle premesse di quest’articolo è possibile pertanto affermare che per i motivi sopra esposti non è implicito che un bio-materiale sia anche bio-friendly, ovvero sicuro e compatibile con l’ambiente.
In funzione della loro struttura molecolare, ad esempio, esistono dei bio-materiali che sono molto resistenti alla biodegradazione. La loro biodegradabilità può essere addirittura inferiore a quella di alcuni polimeri di origine sintetica.
BIO-MATERIALI E SICUREZZA
Anche la sicurezza del prodotto è un aspetto indipendente dall’etichetta bio-based. In funzione della loro composizione chimica, degli additivi aggiunti e degli altri eventuali ingredienti (solventi, monomeri, eccetera), i prodotti “bio” possono determinare delle attenzioni sulla loro sicurezza in modo del tutto analogo ai prodotti sintetici più tradizionali.
In definitiva una bio plastica, una bio vernice o un bio adesivo sono prodotti che guardano certamente al futuro contenendo materie prime che non provengono dall’industria petrolchimica e andando incontro alle esigenze attuali e future di prodotti sempre più rinnovabili e sostenibili. È tuttavia importante ricordare che questi materiali non sono necessariamente bio-friendly, ovvero sicuri o compatibili con l’ambiente per definizione, ma devono essere anch’essi valutati in tal senso come qualsiasi altro prodotto dell’industria chimica.
LA RICERCA DEL CATAS SUI PRODOTTI “NATURALI”
Il mondo delle materie plastiche si sta già dotando di norme specifiche per regolare la complessa materia dei prodotti bio e naturali, soprattutto dal punto di vista terminologico.
Come abbiamo visto, diventa essenziale la trasparenza su ciò che è un bio-materiale, considerando le effettive percentuali di derivati biologici che contiene.
Anche le informazioni su aspetti correlati, come la biodegradabilità, sono evidentemente necessarie per disporre di un quadro chiaro e completo del materiale considerato.
L’introduzione di tali regole sarebbe certamente auspicabile anche per il mondo degli adesivi e delle vernici, considerando la crescente offerta di prodotti naturali e bio che si riscontra anche nel settore del legno e dell’arredo.
Proprio per dare evidenza di questa necessità, il Catas ha recentemente compiuto un piccolo studio su una ventina di prodotti per il trattamento del parquet, tutti dichiarati a base naturale.
É stata effettuata una semplice analisi mediante spettroscopia infrarossa, valutando quali erano i componenti presenti in maggior quantità in ciascun prodotto, escludendo comunque l’acqua e gli eventuali solventi presenti.
Nel seguente grafico sono riportati i risultati ottenuti da questa piccola indagine.
La maggior parte dei prodotti analizzati (14 su 22) è risultata non a completa base naturale, in quanto contenevano resine o cere di derivazione sintetica, mentre solo 5 campioni hanno evidenziato la prevalente presenza di oli vegetali. Tre campioni, infine, contenevano degli agenti emulsionanti, la cui natura andrebbe ulteriormente chiarita.
In particolare:
– 6 campioni contenevano resine alchidiche uretanizzate;
– 5 campioni contenevano oli vegetali;
– 4 campioni contenevano resine alchidiche ortoftaliche e isoftaliche;
– 3 campioni contenevano oli vegetali e cere poliammidiche;
– 3 campioni contnevano oli vegetali e agenti emulsionanti:
– 1 campione conteneva resine acriliche.
A prescindere dai risultati, soprattutto in considerazione del fatto che molti di questi prodotti sono risultati a base solvente, la loro composizione andrebbe ulteriormente approfondita in relazione non solo alla loro “naturalità” ma, analogamente a qualsiasi altro prodotto dell’industria chimica, anche ad aspetti legati alla sicurezza per gli utilizzatori e gli utenti finali.
In conclusione, questo breve articolo e i risultati della piccola ricerca condotta dal Catas palesano chiaramente l’esigenza di regole chiare e trasparenti su questi temi sempre più ricorrenti anche nel settore del legno e dell’arredo.
FONTI CONSULTATE
– EN 16575;
– prEN 17228,
Si ringrazia Riccardo Menegatto per la collaborazione nello studio sui prodotti per parquet.
LO STRUMENTO DI ANALISI
La spettroscopia infrarossa, o spettroscopia IR, è una tecnica spettroscopica di assorbimento, normalmente utilizzata nel campo della chimica analitica e della caratterizzazione dei materiali.
La tecnica si basa sull’evidenza che i legami chimici costituenti i gruppi funzionali di una molecola assorbono la radiazione IR a determinate e precise frequenze.
Uno spettro infrarosso, in definitiva, non è altro che il risultato degli assorbimenti di tutti i gruppi funzionali presenti in una molecola, consentendo pertanto il suo riconoscimento.
Al Catas l’analisi chimica delle resine impiegate nelle vernici, negli adesivi e nelle materie plastiche viene eseguita mediante la spettroscopia infrarossa abbinandola a eventuali trattamenti preliminari del campione o ad altre tecniche complementari.
Il Catas ha un’esperienza oramai più che trentennale con la spettroscopia IR, avendo anche accumulato una notevole banca dati specifica per il settore legno-arredo.
Recentemente il laboratorio si è dotato di un nuovo microscopio che, abbinato allo spettrofotometro IR, consente l’analisi di campioni di dimensioni ridottissime, consentendo quindi il riconoscimento della natura chimica di difetti quali inclusioni, puntinature o macchioline.